Generale Figliuolo, addio: tam-tam a Palazzo, vuole tornare a combattere. Lo sfogo rubato
L'orgoglio degli alpini si piega solo all'orgoglio dello Stato. Stato d'emergenza, soprattutto. E, quando cesserà lo stato d'emergenza (perché prima o poi cesserà, si spera davvero il 31 marzo...), l'unico contratto a termine che non avrà preoccupazioni, né orizzonte di disoccupazione sarà -es quello di Francesco Paolo Figliuolo. All'universo mondo che s' interroga sul destino del generale penna nera, una volta decaduto dal ruolo di "Commissario Straordinario per l'emergenza Covid 19", Figliuolo oggi risponde con pacata determinazione: «Di cose da fare ne ho, perché sono il comandante operativo di vertice interforze e se vedete quello che sta succedendo oggi nel mondo penso che di cose da fare ne ho perché da me dipendono tutte le forze nelle missioni operative, sia in Italia che all'estero. Ci sono 37 missioni in atto, tre in Italia e 34 che spaziano in tutte le aree del mondo».
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Ha ragione. Da Cipro all'Iraq, dal Libano al Kosovo, fino agli anfratti dimenticata dell'Africa e del Medio Oriente e del Sudamerica, l'Esercito italiano cavalcherà le sulle missioni di pace (che spesso diventano indirette missioni di guerra) con Figliuolo. Se fosse il titolo di un film di Sam Packinpah sarebbe «Figliuolo vuol tornare a combattere». Il vecchio soldato che ha respirato l'aria arroventata dei contingenti internazionali - dall'Afghanistan al Kosovo ai vari posti caldi sotto l'ascella della Nato - è pronto alla trincea. Figliuolo, classe 61, originario di Potenza, è artigliere da montagna, ex storico comandante della Brigata Taurinense, tra i più stretti collaboratori -allo Stato Maggiore- del generale Claudio Graziano; è anche uno dei più profondi conoscitori di logistica dell'occidente civilizzato; ed è pure un mago della pianificazione. Figliuolo è stato, in virtù di codesti talenti, la soluzione che occorreva all'Italia pandemica dopo l'ambigua, lenta e pericolante gestione commissariale di Arcuri.
C'è da dire anche che ora, a sessantun'anni, l'alto ufficiale ha maturato un'innegabile esperienza sul campo che potrebbe portarlo lontano, oltre i confini delle guerra, nei pressi di quelli della politica. Non è un segreto che il generale covasse altre legittime ambizioni. A febbraio sembrava in pole position per ricoprire l'incarico di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, appunto. Di fatto, Capo esecutivo delle Forze Armate (dopo il Presidente delle Repubblica). Poi il generale venne coptato da Draghi; e, da pregiato civil servant si adattò agli ordini del capo dell'esecutivo. Già nel luglio scorso -quando l'idea di una quarta ondata non era neppure nel grembo di Giove- parte della politica si chiese se, fuori dall'emergenza, il generale fosse disponibile a farsi arruolare dai partiti. Forse la cosa meno augurabile per i soldati.