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Report, Sigfrido Ranucci e la pista dei fondi neri: "Come pagava le sue fonti", qui viene giù la Rai

Brunella Bolloli
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Ma è giornalismo o un juke box? Che metti il gettone, paghi e comincia a suonare la musica? Girano dossier, sono sempre girati, tanta gente si è arricchita e tanta gente c'è morta. Prendere con le molle, sempre. Verificare: questa è la regola base. E cosa sarebbero, allora, questi fantomatici dossier di Report? Non era forse la trasmissione più coraggiosa e combattiva di RaiTre? La creatura della mitologica Milena Gabanelli (fatti, fatti, fatti) e del suo primo cavaliere, Sigfrido Ranucci? Purtroppo negli ultimi tempi è successo qualcosa che ha offuscato l'immagine di questo programma d'inchiesta pagato dai contribuenti: in commissione di Vigilanza Rai è scoppiato il caso dei messaggini "minatori" inviati dal conduttore Ranucci ad alcuni parlamentari che avevano parlato di una lettera anonima in cui Sigfrido passava per molestatore sessuale. Lui non l'ha presa bene per niente. Il giorno dopo ha compulsato qua e là frasi sconnesse dettate da «furore», si è poi difeso, ma intanto il dado è tratto e la macchia si è sparsa sulla tavola un tempo immacolata apparecchiata dalla Gabanelli prima dell'addio. Sono scattate querele, controquerele, esposti in procura, con l'amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, uno abituato a tenere a bada i sindacati del teatro dell'Opera e a far quadrare i conti, in trincea sul cavallo di viale Mazzini. Per non parlare del presidente della commissione di Vigilanza Rai, Alberto Barachini, un tempo giornalista pure lui e abituato a parlare, ora sul caso in questione taglia corto: «Io ho fatto tutti i passaggiche dovevo fare, di più non posso dire». Eppure, adesso, c'è una nuova bombetta, l'ha sganciata Aldo Torchiaro sulle colonne de Il Riformista con un pezzo che cita «fatture false, latitanti, dossier di fango e super 007». In pratica, svela il "metodo Ranucci" per ottenere i suoi scoop perché, assicurano dal quotidiano, «siamo venuti in possesso di documenti che attestano come Ranucci abbia offerto soldi ad alcuni freelance che gli proponevano filmati per demolire la reputazione di un politico del nord».

 

 

 

 

Soldi, reputazione, politico. Ecco le paroline magiche che in genere formano gli ingranaggi della macchina del fango e vanno a comporre la famigerata «centrale dei 78mila dossier», di cui hanno parlato in Vigilanza Andrea Ruggieri e Davide Faraone, anche detta fabbrica dello sputtanamento assicurato. Ora, secondo il quotidiano diretto da Piero Sansonetti, da fonti interne al programma ci sarebbe la prova dell'acquisto di documenti non proprio alla luce del sole. In particolare, un testimone autorevole riferisce che il conduttore di Report, all'esterno degli uffici Rai, ha riunito alcuni freelance di un'agenzia di videomaker che gli avrebbero proposto un filmato al veleno su un parlamentare eletto al nord. Il vice direttore di Rai Tre, è la nuova accusa, avrebbe offerto del denaro per l'acquisto del servizio scottante, spiegando a bassa voce le inammissibili modalità operative: la vendita di materiale fittizio alla Rai, su cassette fornite dallo stesso Ranucci. La fatturazione, scrive Torchiaro, con una doppia partita: da un lato l'acquisto di "grezzo", materiale non montato e che la Rai non utilizzerà mai, al solo scopo di far uscire dei soldi dalle casse Rai. Materiale inutile contrassegnato da un'etichetta qualsiasi che il conduttore si premurerà di valutare come «giornalisticamente importante». Dall'altro l'acquisizione del dossier di vero interesse - ma di provenienza coperta - che segue un binario parallelo e invisibile. Inviato in forma anonima, su mini cassette dello stesso formato, con plichi postali inviati alla redazione di Report da città di volta in volta diverse. Un sistema così poco chiaro che perfino gli interlocutori di Ranucci avrebbero chiesto: «Ma è legale? La Rai non controlla?». Lui li ha rassicurati: «Entrano diecimila cose alla Rai».

 

 

 

 

Insomma, secondo l'articolo del Riformista, ci sarebbe qualcuno che fa il "lavoro sporco" per Ranucci e che i contribuenti Rai pagano. E un reportage sulla Calabria va a finire in soffitta perché serve di più "dossier" contro il politico. Non solo. Visto che nella vicenda sarebbero coinvolti latitanti, Ranucci si propone di usare i suoi contatti con alti funzionari dei Servizi Segreti e capi dei Ros dei carabinieri. Ovviamente il vicedirettore di Raitre nega tutto, la Gabanelli giura sulla sua onestà e la sinistra denuncia il tentativo di ridimensionare Report. Ma dalla Lega a Iv sono in arrivo interrogazioni parlamentari perché «è uno scandalo per il servizio pubblico», attacca il deputato Luciano Nobili. «Garantire la libertà d'inchiesta, no al giornalismo a tesi», aggiunge Massimiliano Capitanio. In serata Ranucci fa sapere che «è tutta una bufala passata in giudicato». Ma è un'altra storia.

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