Report, Sigfrido Ranucci fatto a pezzi da Aldo Grasso: "Penoso, la tragicommedia del giornalismo complottista"
Aldo Grasso fa a pezzi Sigfrido Ranucci e il "metodo Report". Il critico televisivo sul Corriere della Sera parla di "genere tragicommedia del giornalismo complottista" in relazione all'ultima puntata della trasmissione andata in onda su Rai tre: "A quasi 30 anni dalla 'discesa in campo', mi sarei aspettato un salto di qualità, un'analisi politica, insomma qualcosa degno della Rai, del servizio pubblico. E invece ecco l'incipit moralistico: 'Berlusconi aveva tutti i diritti di diventare presidente della Repubblica, non lo è diventato perché ha inoculato nella società un modello di scorciatoie, uomo solo al comando, interessi personali, editti bulgari e fango sugli avversari'".
Ma, affonda Grasso, "il colpo grosso dell'inchiesta di Bertazzoni è stata una penosa intervista a Noemi Letizia di Casoria dove l'unica domanda che andava fatta alla signora era questa: 'Scusi, ma i suoi genitori che parte hanno avuto in questa triste vicenda?'". Detto ciò, prosegue il giornalista, "il metodo Report, gestione Ranucci, lo conosciamo: c'è un teorema da dimostrare per rafforzare il quale si usano spezzoni d'intervista, interlocutori come Lele Mora (almeno sincero), un Emilio Fede malato, un agente delle olgettine, filmati rubati, intercettazioni telefoniche, cose del genere: 'la tragicommedia del giornalismo complottista'".
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Quindi Grasso chiosa: "Perché non ci siano equivoci, non vorrei essere tacciato di berlusconismo: il servizio si è concluso con il ricordo di Biagi, Santoro e Luttazzi, martiri degli 'editti bulgari'. Nel 1994 anch'io fui fatto fuori da Berlusconi, per mano di Moratti Letizia di Milano. Non mi sono mai sentito un martire". Questione di metodo.