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Papa Ratzinger, quello che nessuno sapeva: il libro che svela il "segreto" di Benedetto XVI

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Caterina Maniaci
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«Incomprensione», «aggressione», attacchi violenti e veloci come nubi nere e minacciose che si sono addensate molte volte «sopra di lui», ma che non hanno mai avuto il potere di renderlo debole, spaventato. Le critiche pesanti che hanno colpito Joseph Ratzinger, sia prima che dopo la sua elezione al soglio pontificio, lo hanno colpito, gli hanno provocato dolore, a volte anche profondo, ma mai convinto di dover cambiare "strategia". Questi attacchi, tuttavia, «in particolare nell'ambito dei media, è e resta un enigma, un mistero di cui fino a oggi devo semplicemente prendere atto, ma che non posso risolvere». E proprio questi attacchi, o meglio il modo di reagire ad essi, tratteggiano la figura di un uomo diverso da tutti gli stereotipi e le idee preconcette diffuse da tante, troppe parti. Un uomo forte, nella sua apparenza fragile, capace di sopportare le tante tempeste della storia e della sua storia personale. Lo dice, anzi lo scrive monsignor Georg Gänswein, sottolineandolo con forza, e lo si legge anche nel suo ultimo libro ora in libreria. Si tratta di Testimoniare la Verità. Come la Chiesa rinnova il mondo, edito da Ares, con la prefazione di Asfa-Wossen Asserate (pp.272, euro19).

 

 

LUNGO RAPPORTO
Il tema del lungo rapporto con Joseph Ratzinger, certo, la vita quotidiana accanto a lui, nel tempo del pontificato e in quello del ritiro, tra routine, impegni e incontri straordinari, letture e anche lo spazio per chiacchierate, cene (con il gusto per la buona tavola), televisione, battute spiritose e osservazioni acute; ma da questo libro emerge soprattutto un'appassionata difesa della fede cattolica e della tradizione cristiana, con analisi e giudizi sullo stato attuale della Chiesa e sul suo ruolo irrinunciabile, in una società sempre più laica e dagli orizzonti sempre più foschi, per non dire vuoti. Resistere alla dittatura dello spirito del tempo, al pensiero unico "totale" che dilaga in ogni campo, opporre invece la bellezza e la ragionevolezza della fede cristiana è il leit motive dei discorsi di Georg Gaenswein. Serve una riforma profonda e personale dei consacrati, perché la loro testimonianza sia sempre più efficace e convincente. Fedele al motto episcopale «Testimoniare la verità», questa raccolta di testi pronunciati e scritti in varie occasione e lungo un arco temporale ampio può essere considerato una sorta di guida per tentare di diventare, o di rimanere, cristiani autentici. Le parole di monsignor Gänswein, in riferimento alle reazioni di Benedetto XVI agli attacchi della stampa, tornano prepotentemente di grande attualità proprio in questi giorni quando il Papa emerito si è trasformato come ennesimo bersaglio di numerosi media, nazionali e internazionali. E bisogna dunque fare un salto indietro nel tempo: è il 16 aprile 2017, nell'intervista rilasciata a Martin Rothweiler per Ewtn.tv, in occasione del novantesimo compleanno di Benedetto, Gänswein vuole spiegare perché il Papa emerito non è mai stato un "beniamino" dei media. Intorno a lui, con intenzione o meno, si è costruita l'immagine di un personaggio rigido, lontano dalla quotidianità della gente, chiuso anche a livello di magistero.

OPPORTUNO E NON
Niente di più lontano dalla realtà, secondo la testimonianza di chi gli è stato accanto per tanto tempo. Che a questo punto ammette di considerare «un mistero» questa aggressività diffusa e continua. «È ovvio che chi difende la fede e la verità della fede, al momento opportuno e non opportuno, per dirla con le parole di san Paolo (2 Tm 4, 2), non può aspettarsi di suscitare sempre gioia e gratitudine. Arriva la critica. Ma egli non si è mai lasciato né provocare né tantomeno intimorire dalla critica», spiega il segretario di Benedetto XVI.

 

 

VERITÀ E VANGELO
Certamente il criterio che l'ha sempre guidato non è stata la ricerca del plauso, del piacere a tutti, ma prima di ogni cosa, la Verità, il Vangelo stesso. «Quando si trattava della sostanza della fede era chiarissimo», aggiunge monsignor Gänswein - «assolutamente univoco e senza alcuna contraddizione intrinseca (...) Ciò l'ha sempre consolato. A questa linea è rimasto fedele fino all'ultimo». Eppure tutte le testimonianze concordano nel rilevare che Papa Benedetto non si è mai sottratto all'incontro e al colloquio con i giornalisti, mentre monsignor Gaenswein ricorda ancora che «queste conversazioni erano un'espressione della sua particolare cordialità e della sua spesso non compresa e sottovalutata umanità». Papa Benedetto non ha mai temuto di entrare in contatto anche diretto con i giornalisti, «e uno dei suoi pregi era ed è che riesce a dire le cose semplicemente perfette, come pronte per andare in stampa. Non aveva paura di rispondere alle domande, che potevano essere forse scomode e in ogni caso difficili». 

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