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David Sassoli, la sinistra si fa i selfie con la bara: da Letta e Conte alla Boldrini, roba di cattivo gusto

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Giovanni Sallusti
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Diteci voi dove sta di casa la Bestia, adesso. Ci riferiamo a quel marchingegno comunicativo che consiste nel tritare qualunque accadimento del mondo, compreso il più grave e solenne, in legna da bruciare nel camino dell'autopromozione social. Almeno così l'hanno su per giù descritta i maestri(ni) del politicamente corretto, ogni volta che la scorgevano all'opera, e ovviamente la scorgevano sempre a destra, con sistematico e collaudato strabismo, ne hanno addirittura fatto un sinonimo di «messaggio leghista». Eppure oggi assistiamo a un'apoteosi del bestiale, alla vittoria della comunicazione su qualunque ritrosia umana residuale, compreso l'ultimo tabù inviolabile e (finora) non socializzabile, la morte. Camera ardente di David Sassoli al Campidoglio: luogo di pellegrinaggio di facce, persone, storie, legate allo scomparso presidente del Parlamento europeo.

 

 

Con la dovuta compostezza e il dovuto congelamento della ricerca quotidiana del like in più, l'irruzione del tragico a sospendere la commedia quotidiana della propaganda... No, non per tutti, e non parliamo di oscuri figuri, né di bavosi sovranisti. Enrico Letta, leader del Pd, l'autodescritto partito della serietà, della diversità morale di berlingueriana memoria. Foto in posa talmente riflessiva da risultare insopportabilmente posticcia, bara a lato, fotone del deceduto ben visibile alle spalle del segretario, hashtag #AddioDavid per accertarsi di risaltare nelle tendenze di giornata. Giuseppe Conte, che se possibile calca ancora più la mano sulla presenza di chi non c'è più, feretro e volto al centro dello scatto condiviso, l'avvocato del popolo internettiano di spalle, il testo «Ciao David», la sensazione di avvoltoi che aleggiano nella testa, e nello stomaco, di chi guarda. Laura Boldrini, che decide di fare le cose in grande, e sfrutta lo strumento della gallery, condividendo tre foto di lei nella camera ardente, e informandoci che «con commozione ho abbracciato la moglie Alessandra e la figlia Livia»: qui salta anche l'ultima ipocrisia, qui è chiaro che il protagonista è chi posta, non chi è mancato.

 

 

Monica Cirinnà, che nell'asta al rialzo del cattivo gusto non teme rivali, e twitta un'istantanea di sé e del marito esplicitamente in posa, sguardo in camera, a fianco della corona di fiori con la coccarda "Partito Democratico", un clima a metà tra la gita turistica e il marketing elettorale. Ettore Rosato di Italia Viva opta anche lui per la gallery, una foto sua con Renzi affiancata a una della bara, come dire ci sono, e sono vicino al Capo. Perfino all'account Twitter del Quirinale scappa il clic: sulla pagina ufficiale appare un'immagine di Mattarella, di spalle, ritto di fronte al feretro. Nel suo caso, oggettivamente, manca qualunque elemento di caccia al consenso, e probabilmente se ne affaccia uno di dovuta testimonianza istituzionale. Il confine collettivo, in ogni caso, è valicato, il selfie col morto è elevato a chiave di comunicazione (im)politica, a mezzo di coltivazione dei follower vivi. E i più disinvolti nell'operazione mediatico-funeraria sono coloro che più alzavano il sopracciglio progressista di fronte alla barbara deriva dell'urlo social. L'urlo peggiore, è offensivo specificarlo, rimbomba proprio in questo loro esasperato presenzialismo del lutto.

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