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Paolo Del Debbio, l'orrore subito da suo padre: "Pestato, trattato come un animale. E molti anni dopo..."

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Paolo Del Debbio ha scritto un nuovo libro: Le 10 cose che ho imparato dalla vita. Una sorta di autobiografia dove il giornalista racconta la sua scelta del seminario, l'uscita dopo due anni, la scoperta della passione della carne, gli studi di filosofia, la fondazione di Forza Italia, il successo televisivo. E racconta anche la storia di suo padre: Velio Del Debbio, uno degli 800 mila italiani fatti prigionieri dai tedeschi dopo l'8 settembre, uno dei 650 mila che restarono per quasi due anni nei campi di prigionia in Germania. "Velio Del Debbio era nato il 20 aprile del 1922 in una famiglia di contadini. Nacque a Sant' Anna, frazione di Lucca, come me e come Lilia che sarebbe diventata sua moglie e che morì un 20 aprile di un anno tanto tempo dopo la sua morte: il giorno in cui il suo amore di una vita era nato. Mi piace pensare che sia successo così perché in un certo senso quel giorno, incontrandola di nuovo in Paradiso, anche lui era nato un'altra volta", racconta il conduttore di Dritto e Rovescio al Corriere della Sera.

 

 

"L'8 settembre 1943 il mio babbo fu fatto prigioniero dalle truppe tedesche, detenuto per qualche tempo in una prigione improvvisata dove prese anche un sacco di legnate, poi messo su un treno, su un vagone merci per il bestiame, e da lì spedito in Germania, come un numero, come un animale, perché questa era la considerazione che dell'uomo aveva il nazismo, e mio padre l'avrebbe sperimentato sulla sua pelle. Nel vagone dove rimasero per dieci giorni erano circa una sessantina. Erano stremati, affamati, morti dalla stanchezza", ricorda Del Debbio.

 

 

Dopo la guerra e il ritorno a casa le cose non furono semplici. Del Debbio racconta nel libro tanti aneddoti e vicissitudini vissute dal padre nel campo di concentramento. Ma anche la morte prematura, improvvisa. "Un medico mi disse che i segni della prigionia, le ferite da qualche parte, erano rimasti nascosti e a un tratto erano venuti fuori. Dagli ebrei ho imparato che ti possono togliere anche tutto e provare a renderti niente, ma anche in queste situazioni puoi continuare a mantenere la tua dignità nel fondo dell'anima, il luogo dal quale non la può sradicare nessuno, perché ce l'ha porta Iddio e per sempre", conclude il conduttore televisivo.

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