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Maria Grazia Cutuli, "20 anni di caz***e". Facci, la verità sulla sua morte: "Cosa dicevano certi corrieristi deficienti"

Filippo Facci
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Da vent' anni esatti sparano cazzate su Maria Grazia Cutuli, uccisa in Afghanistan il 19 novembre 2001, e da vent' anni esatti io e pochi altri tacciamo per eleganza e lasciamo che il Corriere anneghi i sensi di colpa in retoriche di cui lei avrebbe riso per prima, anche se qualcuno deve pur farle. Però, ormai, siamo alla trasfigurazione mitologica. Titolazioni di scuole, premi, fiction non autorizzate, libri scritti a cazzo.

Maria Grazia Cutuli non era neanche un'inviata, la nominò da morta Ferruccio De Bortoli - lui sempre dignitoso - e si lamentava di continuo per come il Corriere la trattava. Si inviava da sola, e così fece prima dell'11 settembre (non dopo) partendo da Ponza dov' era in vacanza con me e Silvia, e dove le strade, ricordo, si aprivano al passaggio di Bruno Vespa. Io e lei litigammo perché non usciva mai dall'Hotel, bianca come un cencio, chiusa a scrivere, lei che «ho guidato un carroarmato, figurati se non so guidare un barchino».

Il litigio degenerò e lei partì in anticipo, andò subito a Fiumicino diretta in Israele. Poi, sul volo che ci portava ai funerali, dei corrieristi deficienti dissero che l'avevano uccisa per colpa sua: aveva fumato davanti ai talebani. Ricordo l'arcivescovo: «Siamo qui riuniti attorno a questa bara». Non era neanche cattolica. Mi manca, ci manca. Lei, non la sua figurina. Ci manca lei sempre divertita, spaesata con leggerezza.

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