La Sicilia di Buttafuoco tra cronaca, storia e magia
In Sono cose che passano lo scrittore siciliano intarsia una trama da fiction a metà strada tra Mario Praz e Jane Austen (e non ci sta male neanche un po' di vezzo alla Camiller.i..)
L’idea di partenza è un arabesco narrativo, si accende sull’incisione di Durer, Il cavaliere, la morte e il diavolo che entrano in scena metaforicamente all’inizio ed escono diligentemente alla fine del libro, in un doppio epilogo. Il contorno è un sud della meraviglie attraversato da liturgie ancestrali. E in mezzo c’è tutto l’estro di Pietrangelo Buttafuoco.
Il quale, nel suo romanzo Sono cose che passano (La nave di Teseo pp 349) intarsia una trama da fiction tv. Recita la sinossi: «Nel secondo dopoguerra il barone di dubbia nobiltà Rodolfo Polizzi sposa Ottavia principessa di Bauci e la porta con sé a Leonforte, un paese dell'entroterra di Sicilia. In quell'estate del 1951 dove, poco lontano, sull'isola di Vulcano Roberto Rossellini s'innamorava di Ingrid Bergman e, a Capo d'Orlando, Lucio Piccolo con i fratelli Casimiro e Agata Giovanna - zii di Ottavia - ricevevano il jet set internazionale, a casa del candido Rodolfo arrivava Lucy Thompson...». E di più, qui, non anticipiamo. Amori, malattie, morti, disperazione; ma anche indagini per sospetti avvelenamenti, scandali sessuali, invalidi monarchici e le grandi vivide presenze di personaggi realmente esistiti, Carnellutti, Pietro Nenni, Giano Accame, Rosselini e Ingrid Bergman. Qui, nel racconto di Buttafuoco vibrano tutti gli elementi di un grande romanzo storico (a cui Pietrangelo ci ha abituato sin dai tempi de Le uova del drago) mescolati alla cronaca. Eppoi, da notare, è la particolare scrittura del nostro in cui abbondano dialettismi sontuosi, proverbi, citazione in francese e frasi in inglese, mitologie come piovesse. Qui ritrovo Mario Praz, Jane Austen e un respiro di Camilleri. Roba che delizia.