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Il primo Premio Nobel bandito dal fanatismo politically correct

 William Golding

William Golding espulso dalla scuole canadesi

Francesco Specchia
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L’idea era già stata carezzata dagli dei crudeli del politicamente corretto; e alla, fine, l’obbiettivo è stato raggiunto. Abbiamo il primo Premio Nobel censurato nella storia della letteratura. William Golding  crolla sotto la mannaia della cancel culture.

Sir William Gerald Golding di Cornovaglia, classe 1911, venne insignito nel 1983 del Nobel grazie al romanzo Il signore delle mosche pubblicato nel ’54 per la casa editrice Faber&Faber grazie ai buoni uffici di Thomas S. Eliot. E, nella sua distopia terribile, quel libro riportava lo spirito dell’esperimento che lo stesso Golding, da insegnante elementare, aveva effettuato su due gruppi di bambini. 

I quali, spinti alla discussione quotidiana e in assenza di un arbitro, si perdevano nella rissa feroce.

Sicché, la trama del romanzo si sviluppava su un concetto semplice e al contempo apocalittico: un aereo, durante un conflitto –forse nucleare- precipita su un’isola, e i ragazzi sopravvissuti, provando a riorganizzarsi da soli senza l’intervento degli adulti, disvelano e attizzano la malvagità insita nell’essere umano («gli uomini producono il male come le api il miele», diceva Golding). Il male cresce ed esplode da avamposti insospettati, compresa l’innocenza dei bambini; e si calcifica attorno alla figura satanica del “Signore delle mosche”, appunto. Questo il senso del capolavoro che produsse, ai tempi, una sorta di choc nel mondo editoriale e mise in subbuglio una certa idea cattolica della società. 

Il signore delle mosche si stagliava sul palcoscenico della narrativa come una grande, crepuscolare metafora dell’umanità perduta. Ora –l’aveva già previsto Il Foglio, e s’è del tutto realizzato- Golding è stato ufficialmente bandito da tutte le scuole del distretto scolastico dell'Ottawa-Carleton District School Board; e, secondo un rapporto del Committee on Equity del distretto, il comitato dedicato all’inclusione e all’equità, il suo libro è stato rimosso dai curricula degli studenti a seguito di una protesta di un singolo studente. Uno solo. Il quale aveva diffidato gli insegnanti e gli educatori dal «favorire autori bianchi e la loro struttura di potere» (Golding era scozzese, bianchissimo con tanto di barba alla Dickens). Cioè: in Canada, specie in Ontario, la cultura della cancellazione, dopo tante epurazioni di scrittori noti ma comuni, ha fatto fuori il suo premio Nobel. Son soddisfazioni. 

E la cosa che più inquieta non è tanto la presa di posizione delle istituzioni contro il contenuto del libro. Come, forse, sarebbe anche logico per un pensiero distorto dall’estremismo: in fondo, Il signore delle mosche descrive un élite di bambini anglosassoni, educati e benestanti che si trasformano in una tribù selvaggia dai bassi istinti accesi in un brodo di pura malvagità. No. Non è questo che inquieta. Certo, c’è anche l’accusa allo stesso Golding di “filobullismo” (proprio lui, considerato uno dei più grandi pedagoghi britannici). 

Ma in Canada, con piglio nazistoide, ne hanno bruciato l’operav tacciandola soprattutto di «suprematismo bianco»; probabilmente gli studenti avvezzi al passo dell’oca del politically correct, il libro non l’hanno neanche sfogliato. D’altronde, seppure non sdoganato dall’ufficialità esiste, sempre nel Canada suboccidentale un “programma educativo” chiamato Giving Back to Mother Earth. Programma che tende a sostituire i libri delle biblioteche «che hanno contenuti obsoleti e stereotipi negativi» e ridarli a madre natura attraverso un tripudio di falò; per poi spargere al vento «le ceneri del razzismo, della discriminazione e degli stereotipi nella speranza di crescere in un paese inclusivo in cui tutti possano vivere in prosperità e sicurezza». Una sorta di “cerimonia di purificazione”. 

La qual cosa, al di là della sua terrificante applicazione, produce un’inerzia e una rassegnazione onestamente al di là dell’umano.  L’ unico davvero a difendere il Nobel Golding è stato  l’altro Nobel, il giapponese Kazuo Ishiguro, l’autore di Quel che resta del giorno. Alla Bbc, Ishiguro parla di  un «clima di paura» che  sta inibendo la libertà creativa e spinge all’autocensura: «Ho molta paura per le giovani generazioni di scrittori. Penso di essere in una posizione privilegiata e relativamente protetta perché sono un autore molto affermato», ha detto Ishiguro. «Ho l’età che ho. Una reputazione. Forse è un’illusione, ma penso di essere protetto». Ma è una pia illusione. In Italia arriverà la morte e avrà lo sguardo di Michela Murgia mentre piazzerà sulla pira sacrale l’opera omnia del maschilista bianco e cattolico Luciano De Crescenzo

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