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Myrta Merlino, lezione alle femministe: "Il politicamente corretto una trappola. Impariamo dai gay a fare lobby"

 Myrta Merlino

Pietro Senaldi
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Perché le donne sono nella tempesta?

«Perché le regole del mondo sono fatte a misura d'uomo».

Partiamo dai luoghi comuni?

«Le donne hanno bisogno di mettere insieme più mondi ma se vogliono affermarsi sono costrette a trasformarsi in uomini e rinunciare a pezzi di sé. Infatti il Paese è a crescita zero».

Oggi però ci sono più donne medico o magistrato che uomini, donne avvocato, architette...

«La maternità per le donne è una necessità ma in Italia è diventata un lusso. La prima cosa da fare è metterle in condizioni di essere madri».

E se una non può, o non vuole, avere figli?

«Come ho risposto alla Bonino, che mi accusava di essere fissata con la maternità, si può essere madri di tante cose. La maternità non è solo biologica, è un modo di porsi, anche nel lavoro. Per questo credo che le donne abbiano molto da dare al mondo. Liberarle converrebbe a tutti».

Liberarle però è una responsabilità dello Stato, non degli uomini...

«Lo Stato, inteso come potere, che è anche potere di fare le cose, in Italia è maschio».

In Parlamento non è così...

«Le donne vengono esibite, ma le decisioni sono degli uomini. Anche nel nostro mondo, in tv e nei giornali, è così».

Avverto del vittimismo...

«No, io non voglio sconti. Ho iniziato con Giovanni Minoli, che quando si arrabbiava non badava al sesso...».

Forse oggi non se lo potrebbe permettere...

«La verità è che il mondo del lavoro è aggressivo, purtroppo fatto anche di bassezze e scorrettezze. Le donne devono saperlo. Non mi piace quello che sta accadendo negli Usa, dove gli uomini ormai sono terrorizzati di salire in ascensore con una donna o anche di guardarla. A me piacciono i complimenti, quando non sono volgari o strumentali».

Negli Usa hanno perso la testa?

«Noi donne dobbiamo stare attente, non dobbiamo rinchiuderci nel ghetto della forma ma puntare alla sostanza. Il problema non è farsi chiamare ministra o presidenta. Non è questione di desinenze, ma di radice delle cose».

 

 

 

Quello che le donne non dicono, lo scrivono a Myrta Merlino, che nell'anno più pesante del Covid, non potendo portare in tv All'aria che tira tutte le storie che le arrivano, ha aperto una casella mail che è diventata una fotografia della condizione femminile in Italia nei giorni della pandemia, con quasi 150mila testimonianze. Ne è uscito un libro, "Donne che sfidano la tempesta" (Edizioni Solferino, 17 euro), «ricco di storie che mi hanno fatto piangere». C'è Michela, l'infermiera che scrisse a Conte rifiutando i 100 euro di mancia per i mesi di lavoro in corsia con il Covid, «che non mi risarciscono della paura, della distanza dalla famiglia, delle notti in bianco. Ci hanno dimenticato, hanno dimenticato tutto». Poi ci sono Liuba, ragazza madre che viene assunta da Amazon e si porta il figlio al lavoro alle 5.30 di mattina, perché quelli sono gli orari e all'alba non ci sono asili nido, Guendalina, che partorisce sola perché l'ospedale è interdetto ai parenti, Angela, che dopo aver assistito la madre anni, la perde in una rsa dopo giorni di agonia durante i quali non può neppure vederla. Infine c'è una lunga chiacchierata con Liliana Segre, che è stata tante donne in una. «Lei» spiega la Merlino «è la prova che noi donne risorgiamo dalle nostre ceneri, se ci danno la possibilità di farlo».

Cosa hai imparato dal tuo libro?

«Per dirla con Ilaria Capua, che il principe azzurro non esiste, il lieto fine è in mano nostra e non si deve aspettare che le cose ci arrivino».

Quindi se siete indietro rispetto agli uomini è perché qualcosa lo sbagliate anche voi?

«Innanzi tutto in casa. Smettiamo di viziare i nostri figli maschi, o nella vita cercheranno e desidereranno sempre e soprattutto chi gli stira una camicia».

Vi frega l'istinto materno?

«È anche un fatto culturale».

Cosa vi manca per arrivare rispetto agli uomini, oltre alle diverse condizioni di partenza che lamentate oggi?

«Non facciamo squadra. Le poche donne che arrivano non tirano su altre donne, non fanno come la Merkel, che lascia ma impone la Von der Leyen, si comportano da sopravvissute».

La Von der Leyen me la sarei risparmiata volentieri...

«Non è un giudizio politico, ma un esempio di sorellanza. È quella che ci serve. In più, rispetto a noi, gli uomini hanno la capacità di fare gruppo, guarda i ragazzi che hanno vinto i mondiali dell'82 e sono ancora legatissimi. Gli uomini sono capaci di fratellanza».

Quella è una storia unica, i ragazzi che fecero l'impresa, già per i campioni del 2006 è tutto diverso, gli uomini si menano come animali e si sgambettano senza regole per arrivare...

«Qualcosa in più l'hanno, sanno unirsi per raggiungere l'obiettivo, guarda Salvini e Di Maio».

Che poi sono scoppiati. Non è fratellanza, è cinismo e pragmatismo. Invidi all'uomo tali doti?

«No, per questo penso che il portato femminile nella vita pubblica possa migliorare le cose. Da ragazza sul lavoro ero un clone dei miei capi, super impostata, controllata, preoccupata dell'effetto che facevo sugli altri. Poi mi sono accettata e questa liberazione mi ha portato al successo. Ho una conduzione molto femminile, corale, che lascia spazio ai sentimenti. Uso il canale delle emozioni nella comunicazione, cosa che per gli uomini è sminuente».

Io però ti vedo come un'ape regina piuttosto che come testimonial di sorellanza...

«Non mi ci sento. Mi piace molto far crescere le altre donne».

Tuttavia sei attratta solo da maschi alfa...

«Trovi? Sono attratta da uomini risolti, capaci di sopportare i miei ritmi, non competitivi. Quelli vogliosi di mostrare la loro superiorità sulla donna in realtà sono profondamenti insicuri».

Vedi che sei un'ape regina... Sei convinta che le donne in media abbiano le stesse ambizioni degli uomini?

«Il punto è che devono poterle avere».

 

 

 

Qual è la sorellanza che vai cercando?

«L'ex segretario di Stato americano, Madeleine Albright diceva che c'è un posto speciale all'inferno per le donne che non aiutano le altre donne. Ho la sensazione che quel posto sia affollato. La sorellanza è quando le donne saranno capaci di soffocare quell'istinto che le porta a pensare che la loro riuscita passi dall'insuccesso delle altre».

Stiamo parlando di invidia?

«Le donne arrivate fanno fatica a risultare simpatiche alle altre perché abbiamo la sensazione che una cosa data a un'altra sia tolta a noi. È una questione di rapporto con il potere. Per gli uomini è una cosa atavica, sono abituati a dare le carte; noi no, da qui, l'insicurezza e l'invidia".

Le donne usano il sesso per far carriera?

«Alcune lo fanno, e creano un danno clamoroso alle altre donne, perché alimentano il pregiudizio per cui per arrivare tutte devono passare per qualche letto. Se ti danno un programma in tv, subito tutti si chiedono quale sia il tuo sponsor sessuale».

Creano danni anche agli uomini, che sono esclusi dalla gara...

«Sì, però questo non porta loro sicurezza. Chi usa la scorciatoia del sesso per arrivare rende insicura soprattutto se stessa, perché ottenere il successo così ti rende fragile, ti costringe a mercanteggiare e a guardarti le spalle sempre; ma rende insicure anche le altre, perché poi nessuno riconosce i loro meriti. Quando un maschio arriva, invece, nessuno pensa che ce l'abbia fatta per favoritismi sessuali».

Ancora per poco...

«Vero, i gay sono più bravi delle donne a fare lobby».

Stanno riuscendo dove le donne stanno fallendo?

«Forse perché in quanto uomini sanno fare meglio la guerra e si sanno alleare per l'obiettivo. Ma noi donne non dobbiamo perdere il momento. Bisogna unirsi e fare massa critica».

Mi sembra che il clima sia favorevole.

«Apparenza. Il politicamente corretto è una trappola, una nicchia per tenerci prigioniere. Anche le quote rosa, sono bandierine: l'uomo concede e ti sceglie, ma resta il padrone del gioco. Ci perdiamo in formalismi e ipocrisie, facciamo la guerra alle battute da osteria e non al sistema. Diciamo che vogliamo arrivare ma non per il potere, come se questo fosse sporco in sé; invece bisogna imparare a rivendicare il potere, che serve per fare le cose».

Non sospetti che gli uomini arrivino anche perché sono disposti a pagare un prezzo più alto?

«Penso che molte donne abbiano paura di pagarlo, perché se non riescono a coniugare lavoro e famiglia sono assalite dall'ansia. Per questo bisogna aiutarle. L'uomo ha l'abitudine alla delega, per noi è una ferita quotidiana fare un passo indietro con i figli».

Lilli Gruber ha scritto un pamphlet rivendicando il diritto ad avere il potere e ricevere le rose. Se fossi maschilista direi: e poi, anche una fetta di sedere?

«No. Accettiamo il gioco duro ma non vogliamo rinunciare a essere donne».

Poi ti arruoli e se ti sbattono nella fontana come rito d'iniziazione denunci i commilitoni per sessismo, anche se la stessa sorte capita agli uomini: come quella soldatessa che cerca le rose tra i cannoni?

«Non mi indigno per piccole cose o un gesto sbagliato, ma perfino nell'esercito va rispettata la diversità del corpo delle donne, il che non significa discriminazione ma rispetto».

Assolvi Barbero, filosofo di sinistra per cui le donne sono strutturalmente più insicure?

«Non lo assolvo ma, parafrasando Dante, guardo e passo, a patto che la nostra differenza antropologica sia riconosciuta come ricchezza».

 

 

 

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