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Benito Mussolini, l'amante ebrea che voleva cambiare la Storia: chi è Margherita Sarfatti

Fausto Carioti
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L'amante ebrea di Benito Mussolini: basta questo a fare di Margherita Sarfatti un personaggio all'incrocio delle probabilità della Storia. Perfetto per un romanzo ucronico: cosa sarebbe successo se gli eventi, in un certo istante, avessero preso un percorso diverso eppure possibile? Philip K. Dick lo fece con La svastica sul sole, ipotizzando che le forze dell'Asse avessero vinto la Seconda guerra mondiale e conquistato gli Stati Uniti. Ed è questa la sensazione che resta al termine del libro di Gianni Scipione Rossi L'America di Margherita Sarfatti - L'ultima illusione, del quale pubblichiamo un estratto. Saggio breve e documentato, basato sul libro L'America, ricerca della felicità (1937) e altri scritti della Sarfatti, non lavoro di fantasia. Le cui pagine, però, ruotano attorno a quella "svolta della Storia" in cui la Sarfatti credette, per la quale si batté e che secondo lei fu vicina ad avverarsi: un'intesa tra il presidente americano Franklin Delano Roosevelt e il dittatore italiano. È la primavera del 1934 quando la 54enne Sarfatti, figlia di una ricca famiglia ebraica veneziana, gallerista d'arte e animatrice della vita culturale dell'epoca, s' imbarca per gli Stati Uniti. La sua relazione sentimentale con Mussolini è finita, ma l'influenza intellettuale che ha su di lui no.

 

 

Il fascismo è ancora un fenomeno grezzo e in divenire (le leggi razziali sarebbero state varate quattro anni dopo) e il rapporto di forza tra Mussolini ed Adolf Hitler è in favore del primo. Oltreoceano la curiosità per la "nuova" Italia in camicia nera è grande, l'interesse di Roosevelt per il duce è forte e sincero. Nel 1933 il film agiografico Mussolini Speaks, prodotto dalla Colombia Pictures, ha riempito le sale cinematografiche. La Sarfatti arriva per raccontare agli americani del proprio Paese, che vuole presentare nella luce migliore. Crede davvero che i valori della democrazia a stelle e strisce siano compatibili con quelli del fascismo; che l'interventismo del New Deal, in fondo, sia una brutta copia di quello mussoliniano.

 

 

È una donna che conosce il potere e sa far pesare le proprie entrature. Quando incontra Roosevelt, fa leva sul suo apprezzamento per Mussolini e si convince che ci siano tutte le condizioni per far stringere un'intesa tra i due e portare il corso della Storia e dell'Italia sulla direzione giusta. «Una forma di cooperazione tra l'Italia e gli Stati Uniti sembrava essere una grande promessa», racconterà. Le resta solo di tornare e riferire tutto a Mussolini: la missione che si era data ha avuto successo, Roosevelt vuole incontrarlo ed è pronto a firmare leggi sul commercio che aiuteranno l'Italia. A Roma, però, si troverà davanti un uomo assai diverso da quello che aveva lasciato, per nulla interessato alle notizie che gli porta. Era stato il colloquio con Hitler, conosciuto di persona nel giugno di quell'anno, a cambiarlo. La Storia aveva preso la direzione peggiore, l'Italia correva verso la catastrofe.

 

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