Klaus Davi: "Non gradito alla 'ndrangheta, la polizia mi caccia dalle chiese"
Sabato 8 agosto, tardo pomeriggio, cattedrale di Reggio Calabria. Si celebra la messa per il trigesimo dalla morte di Giovanni Tegano, boss della ‘Ndrangheta, accusato per un migliaio di omicidi, deceduto nel carcere di Opera, dove era recluso per il 41 bis. Due agenti si avvicinano a un uomo seduto in ottava fila, lo invitano a seguirli fuori. L’uomo è Klaus Davi, massmediologo, scrittore, giornalista che si occupa di mafie. I poliziotti spiegano che la sua presenza alla funzione “non è gradita alla famiglia”. Davi è trattenuto fuori più del tempo necessario alla sua identificazione, per gli è consentito di rientrare, con l’avviso di non effettuare riprese video. Della vicenda hanno parlatro numerosi media fra i quali Luce! (leggi l’articolo).
Ora, Luce! chiede a Klaus Davi di raccontare cosa è successo e soprattutto quale significato ha l’episodio nel generale contesto della Calabria, dove la ‘Nrangheta recita un ruolo di primo piano all’interno della società, dell’economia ed evidentemente delle stesse istit
Klaus Davi, ci racconti cosa è successo sabato?
“La storia comincia qualche giorno prima. Mercoledì ero in giro per Reggio Calabria ho visto dei manifesti che parlavano di un rito in occasione del trigesimo della morte di un certo Giovanni Tegano che si sarebbe svolto in Cattedrale. Lì per lì ho pensato ad un caso di singolare omonimia, perché mi sembrava impossibile che la Cattedrale dell’episcopato di Reggio, uno dei luoghi di più alta religiosità, ospitasse una messa in suffragio di un boss che è ritenuto mandante di mille omicidi. Dopo qualche verifica ho invece appurato che si trattava proprio di quel Giovanni Tegano e allora sono voluto andare a vedere di persona”.
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