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Emilio Fede, lo strazio dopo la morte della moglie: "Perduto, cosa farò fino alla fine della mia vita"

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Un lutto che Emilio Fede difficilmente riuscirà a sopportare. L'ex direttore del Tg4 ha da poco perso la moglie, Diana De Feo, per cui piangerà "fino alla fine della mia vita. Ora sono alla ricerca del me stesso perduto". Un piccolo conforto, però, spiega a Il Dubbio arriva "dalle parole nobili che sono state spese nei suoi confronti nel ricordarla il giorno del funerale. Diana è stata una donna straordinaria da un punto di vista umano e professionale". Per il giornalista i dolori sono tanti, tra questi anche la pena di quattro anni e sette mesi inflittagli per il suo coinvolgimento nel caso Ruby. Ed è stato proprio in quel momento che Fede ha conosciuto un'altra "donna straordinaria", la dottoressa Panariello (che si occupa di chi è ai domiciliari): "Quando sono finito anche io nel calderone dei domiciliari, mi ha convocato. Mi ha parlato per mezz’ora e mi ha detto delle cose di grande affetto ed effetto. Evidentemente ha sempre portato sotto la toga un cuore e non soltanto un codice penale. Ha fatto molto per la giustizia e per coloro che si sono imbattuti nella giustizia non sempre senza sofferenze". 

 

 

Emilio Fede comunque è ancora fiducioso nella giustizia: "Ci sono tanti professionisti che meritano rispetto", ma a volte è stata fatta "una mortificazione terrificante dell’essere umano". Il giornalista infatti chiede il massimo rispetto per i condannati: "Penso alla vita di chi in cella vede trascorrere gli anni della propria vita con grande sofferenza fisica. Ho sempre cercato di capire che la giustizia si deve affermare, ma non sacrificando la vita delle persone". 

 

 

Il giornalista lo ha provato sulla sua pelle, quando si è recato a Napoli per partecipare al funerale della moglie. In quell'occasione, il giorno dopo la funzione religiosa, due agenti della questura hanno bussato alla camera di albergo dell'ex direttore per verificare che fosse in regola con le autorizzazioni del tribunale di Sorveglianza di Milano sul trasferimento nella città partenopea. "Ma in che Paese siamo?", era stato l'amaro sfogo.

 

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