Alberto Zangrillo spara a zero su Massimo Galli: "Ho salvato cinque suoi pazienti. Sarebbero morti"
Per mesi è rimasto in silenzio, appostato sulla riva del fiume ad affilare coltelli (o bisturi) in attesa che l'epidemia facesse il suo corso e arrivasse la stagione dei bilanci. Dopo questo lungo periodo di lavoro e meditazione lontano dalle telecamere, è esploso come il reattore 4 di Chernobyl. Alberto Zangrillo era stato crocifisso mediaticamente per aver pronunciato la scorsa estate l'ormai celebra frase «il virus è clinicamente morto». Ieri mattina è tornato L'Aria che tira e di fronte a Myrta Merlino ha rivendicato tutto: «Quelle parole sono state oggetto di miserabili speculazioni da parte di tristi personaggi in quotidiana e affannosa ricerca della ribalta mediatica. Ho dato da mangiare loro per un anno, ora siamo qua e le dico che accade esattamente quello che è accaduto dodici mesi fa».
Nessun ripensamento sul Coronavirus. E nessun contrordine sulle sue pratiche preferite, per esempio bastonare il direttore dell'ospedale Sacco Massimo Galli: «Faccio un mestiere», ha spiegato il medico del Cavaliere, «in cui curo i malati, soprattutto quelli gravi e più difficili, anche quelli che vengono dal Sacco. Ne ho presi 5 che altrimenti sarebbero deceduti. Lo vada a chiedere ai miei colleghi del Sacco di cui ho grande stima».
DENUNCE E COMUNISTI - In effetti Zangrillo e Galli in questa pandemia hanno sviluppato un rapportino un po' turbolento, tipo israeliani e palestinesi. Il primo era arrivato a suggerire di risolvere i loro dissapori direttamente in tribunale («denunciami e la chiudiamo»). E dal dibattito scientifico i due erano passati alla politica («Sei un sessantottino e te ne vanti pure», disse sempre Zangrillo al collega). L'infettivologo aveva replicato provando a massacrare il nemico sul piano professionale «non sei neanche un virologo». Poi, come dicevamo, è arrivato il cessate il fuoco, terminato ieri con le uscite di Zangrillo contro i «frati indovini» che terrorizzano la popolazione con le loro premonizioni pessimiste: «Io voglio essere lasciato in pace», ha detto del collega onnipresente nei talk show, «e se dico che non vado in televisione, riesco a stare via per 6-7 mesi».
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BEOTI E PAZZI - Per lo scienziato del San Raffaele invece ora bisogna parlare alla gente e tranquillizzarla: «In questo momento ci sono decine di migliaia di anziani tramortiti e spaventati, che non escono di casa da quindici mesi», ha spiegato. E anche riguardo all'utilizzo delle protezioni contro il Covid è arrivato il tempo di ridiscutere alcune regole: «Chi indossa la mascherina da solo nei boschi è un potenziale paziente psichiatrico». Insomma, bisogna capire quando essere prudenti e quando si esagera: «È la differenza tra essere un popolo di beoti e di persone responsabili».
L'uso delle mascherine non è l'unico argomento sul quale il professore ha idee anticonformiste. Il governo, spiega, avrebbe esagerato anche sulla portata di questa pandemia, fornendo dati esagerati. Il che spiegherebbe come mai l'Italia risulti come una delle nazioni più colpite del pianeta: «Ci siamo fatti del male da soli dipingendo un numero di morti che non è assolutamente superiore a quello di altri paesi europei, come Francia e Inghilterra. Semplicemente li hanno contati in modo diverso». Una tesi interessante, che circola dai primi mesi dell'epidemia. Sarebbe normale, quindi, che se ne discutesse con i toni di un normale dibattito scientifico. Un dibattito che in Italia è arrivato ormai a somigliare più a una partita di rugby tra carcerati.