Andrea Crisanti, pessimismo cosmico sul coronavirus: "Non è finita, equilibrio precario. Tamponi, non si cerca più il virus"
Non bastano le vaccinazione e nemmeno il calo dei contagi a convincere Andrea Crisanti che stiamo vincendo la lotta al Coronavirus. Secondo il virologo, ordinario di Microbiologia a Padova, "i 2.949 contagi e i 44 morti di ieri, il dato più basso dal 14 ottobre, sono certamente una buona notizia, ma ci sono ancora incognite come la durata dell’immunità e le varianti da non sottovalutare". In una intervista a La Stampa, Crisanti, invita quindi alla cautela. Non dobbiamo essere troppo ottimisti: viviamo "un equilibrio precario, perché nessuno sa quanto duri l’immunità data dai vaccini". E ancora: "La pandemia non è finita e dobbiamo saperlo tutti. In Inghilterra dove si pensava alle riaperture, con il doppio dei vaccinati rispetto all’Italia, c’è una battuta d’arresto".
Insomma, secondo il professore andrebbero letti diversamente anche i dati che ci lasciano ben sperare: "Mi pare ci sia un'evidente sottostima dei contagi. La settimana scorsa abbiamo avuto una media di 150 morti al giorno per poco meno di 5mila casi. Anche se i decessi si riferissero a contagiati di venti giorni prima i conti non tornerebbero". Un modo per dire che non si fanno abbastanza tamponi, soprattutto molecolari, che le regioni non vanno più a caccia del virus: ""È sotto gli occhi di tutti", afferma Crisanti. "Nel momento in cui si rimuovono le misure di sicurezza bisognerebbe aumentare tamponi e tracciamento, e invece succede il contrario".
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Domenica 30 maggio si sono comunque fatti 164mila tamponi e nei giorni precedenti anche più di 250mila. "Sì, ma molecolari o antigenici?", chiede Crisanti. "I secondi non sono sicuri e molte regioni ormai li confondono. Non abbiamo certezza della situazione dei contagi, così come non monitoriamo a sufficienza le varianti". Per fortuna, questo il prof lo concede, "la vaccinazione sta facendo da scudo, ma se finisse l'immunità o arrivasse la variante sbagliata torneremmo nei guai. E metà degli italiani deve ancora ricevere la prima dose".