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Matteo Bassetti, l'affondo: "Pseudo-esperti in preda al delirio di onnipotenza, chi deve chiedere scusa"

Alessandro Gonzato
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«I vaccinati devono poter tornare a fare una vita normale, e quindi niente tampone se vengono a contatto con un positivo, nessuna quarantena, sì al ristorante anche in dieci per tavolo, così come al pubblico negli stadi e nei teatri. Vorrei dire una cosa semplice alle varie persone che siedono al ministero della Salute».

Prego.

«Chi fa l'infettivologo, quando deve decidere come trattare un paziente o aerare un ambiente, prende a modello il Center of Disease Control and Prevention di Atlanta, e il Cdc un mese fa ha certificato che tra vaccinati ci si può incontrare tranquillamente, mangiare assieme, riunirsi per congressi».

Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova e professore ordinario all'Università del capoluogo ligure, è uno dei pochi medici che dall'inizio di questo pandemonio è rimasto coerente e le poche volte che ha cambiato idea ha spiegato il perché. Lo invitano in tivù perché parla il linguaggio della gente. Ieri, collegato dal suo studio con La7, ha detto che «il vaccino non si può scegliere», che «non è come al supermercato dove puoi chiedere il Prosciutto di Parma o di San Daniele». «Chi lo rifiuta perché non gli piace resterà senza, peggio per lui».

 

 

 

Professore: per il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri quando 30 milioni di italiani avranno ricevuto almeno la prima dose potremo togliere la mascherina all'aperto. Siamo a 24 milioni.

«È un'idea di buonsenso, d'altronde nei Paesi avanti nella vaccinazione è così già da tempo. Ma c'è anche un'altra abitudine che ormai non ha più senso».

Quale?

«Basta con questa cosa di non darsi la mano! Non vedo quale sia il problema, a patto di lavarsela regolarmente. Poteva avere un senso all'inizio dell'epidemia quando eravamo disorientati e non esistevano i vaccini. Adesso è il momento di trasmettere qualche segnale di normalità: non possiamo continuare a salutarci come i pinguini o con il pugno. Dai: fa ridere!».

Se un vaccinato tossisce o starnutisce per strada a un paio di metri da un non vaccinato che però indossa la mascherina cosa succede?

«Sarebbe meglio trattenersi, capiamoci, ma se uno respira normalmente a due metri distanza non succede assolutamente niente. Ripeto: negli Stati Uniti e in Inghilterra i vaccinati non hanno alcun obbligo di indossarla all'aperto».

Lo sport è ancora senza pubblico, i teatri all'aperto stanno facendo di tutto per poter riaprire. Un mese e mezzo fa a Barcellona c'è stato un concerto al chiuso con 5 mila persone e solo 2 nei giorni seguenti sono risultate positive al Covid.

«Penso che il "Green pass" possa diventare un ottimo strumento: se sommiamo il numero di vaccinati a quello di chi ha già superato la malattia, e aggiungiamo chi prima di una partita o di uno spettacolo si sottoporrà a un tampone di controllo, be', praticamente potremo tornare a fare tutto».

 

 

 

Gli abbracci sono ancora fortemente sconsigliati.

«Tra vaccinati non si corre alcun pericolo».

Alcune nazioni come la Spagna hanno iniziato a rimuovere il coprifuoco. L'Italia lo sposterà alle 23 o alle 24. Un anno fa di questi tempi non si diceva che stare all'aria aperta era un toccasana contro il virus?

«Hanno riaperto i ristoranti e i bar e hanno limitato la fascia oraria in cui la gente può andarci, favorendo così gli assembramenti. Hanno messo il coprifuoco alle 22 come in Germania, dove cenano alle 5 del pomeriggio».

Lei nei talk-show si confronta spesso coi politici. Ricorda qualche scemenza in particolare?

«In realtà ne ho sentite di più da parte di quelli che si definiscono esperti. Uno ha detto che due-terzi dei giovani che passano l’infezione in modo asintomatico avranno conseguenze perenni. Un altro che il 70% di chi muore ha meno di 70 anni».

Il 23 aprile il dottor Andrea Crisanti aveva dichiarato che le riaperture ci sarebbero costate fino a 600 morti al giorno e che lui, «per dare il buon esempio», al ristorante non ci sarebbe andato. L’anno scorso il comitato tecnico-scientifico preconizzava 150 mila persone in terapia intensiva.

«Chi dice queste cose deve assumersene la responsabilità. Se a fine maggio i dati smentiranno le previsioni chi le ha fatte dovrà scusarsi pubblicamente. Io l'ho fatto l'anno scorso: avevo detto che la seconda ondata non sarebbe stata così forte. Alcuni pseudo esperti invece ritengono di essere portatori di verità, emettono sentenze, sono in preda al delirio di onnipotenza. Hanno letto quattro articoli e parlano come fossero la scienza».

 

 

 

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