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Franco Bechis avvisa Draghi e Figliuolo: "Con il richiamo allungato rischiamo grosso". Terribili conseguenze

 Franco Bechis

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Perchè con il richiamo allungato rischiamo grosso, intitola Franco Bechis su Il Tempo. Secondo il giornalista, l'Italia di Mario Draghi si starebbe prendendo un rischio non da poco riguardo alla campagna vaccinale. Su richiesta del Comitato tecnico scientifico, si sta per raddoppiare il tempo d'attesa fra la prima e la seconda dose somministrata dei vaccini Pfizer e Moderna. Il tempo oggi previsto è di 21 giorni per Pfizer e 27 per Moderna, e sarebbe esteso in entrambi i casi a 42 giorni con un rischio, scrive Bechis, che in un qualche modo riecheggia quello che si è preso Boris Johnson in Gran Bretagna con AstraZeneca. 

"Il motivo è lo stesso di quello inglese" commenta il giornalista "nonostante i tanti sforzi fatti e qualche promessa evidentemente azzardata, il ritmo delle vaccinazioni in Italia è cresciuto meno di quel che era stato preventivato. Il raggiungimento di quota 500mila dosi è stato ottenuto solo per due giorni a fine aprile, poi siamo scesi di nuovo e non di pochissimo" evidenzia Bechis. "La sensazione -prosegue- è che fra forniture singhiozzo e difficoltà di tenere alle redini 19 Regioni e 2 province autonome, il governo punti ad alzare il numero dei vaccinati con la prima dose a scapito di quello di quelli con entrambe le dosi".

 

 

"D'altra parte" spiega il giornalista "è venuta meno anche la spinta che avrebbe potuto dare Johnson&Johnson grazie alla sua monodose e si è voluto correre in qualche modo ai ripari". L'Italia organizza i prossimi passi in base a una nota ufficiale dell'Oms, diramata lo scorso 21 gennaio, in cui emerge come non esistano "dati sull'efficacia a lungo termine per una singola dose del vaccino mRna Pfizer-BioNTech, poiché i partecipanti allo studio hanno ricevuto due dosi con un intervallo che va da 19 a 42 giorni". La raccomandazione dell'Oms è di estendere l'intervallo tra le due dosi fino a massimo 42 giorni, sulla base degli studi clinici già disponibili. "I paesi dovrebbero garantire che qualsiasi adeguamento del programma di questo tipo agli intervalli di dose non influenzi la probabilità di ricevere la seconda dose" si legge in conclusione. 

Scelta "non esattamente condivisa dagli scienziati" sostiene Bechis "perché in realtà non sono stati pubblicati studi clinici sugli effetti di una seconda dose somministrata dopo 42 giorni invece dei 21 o 27 raccomandati e nella sperimentazione delle varie fasi del vaccino sono pochissimi i casi in cui la seconda dose sia stata somministrata con tale ritardo: così ridotti (circa l'1%) da non avere pubblicato nessuna analisi approfondita". Il rischio che comporta questa decisione, riguarda i pazienti più fragili, per cui la vaccinazione potrebbe dare una copertura ancora più ridotta di quella attuale. 

 

 

"Il Cts infatti cita una immunizzazione all'80% a partire da due settimane dopo la prima dose di Pfizer e Moderna, ma questo è vero solo per i pazienti che non hanno co morbilità gravi. Per i pazienti oncologici ad esempio la copertura accertata da studi già pubblicati è intorno al 51% con la prima dose e intorno al 72% dopo la seconda. Spostarla di altre due settimane li metterebbe fortemente a rischio" avvisa il giornalista e cita poi uno studio effettuato dal King's College di London, pubblicato sul Lancet lo scorso 27 aprile, e che mostra come l'efficacia sui pazienti oncologici sia relativamente debole. "Stesso risultato sta offrendo uno studio assai più esteso nel campione che si sta svolgendo a Roma. Bisogna che la decisione del Cts escluda subito tutti i pazienti fragili" esorta Franco Bechis. 

 

 

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