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Fabrizio Corona scarcerato, pochi secondi dopo questa terrificante fotografia: un uomo impiccato

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Fuori dal carcere. Scarcerato a sorpresa. Si parla di Fabrizio Corona, che lascia il penitenziario di Monza e torna agli arresti domiciliari. L'ultimo arresto fu quello del giorno in cui inscenò il tentativo di suicidio, con seguente rissa con gli agenti di polizia e le terrificanti immagini dell'ex re dei paparazzi completamente ricoperto di sangue. 

 

E subito dopo la scarcerazione, ecco il commento-social di Corona. Un commento inquietante, in cui l'immagine è l'ombra di un uomo impiccato. A corredo, una parte del testo della lettera scritta da Fëdor Dostoevskij a suo fratello Mikhail il 22 dicembre 1849, giorno in cui venne condannato a morte per poi essere graziato sul patibolo. Un testo nel quale, con discreta evidenza, Corona mostra di ritrovarsi.

 

Sul social si legge: "Mi hanno appena detto, fratello caro, che oggi o domani ci fanno partire. Ho chiesto di vederti. Mi hanno però detto che è impossibile; ti posso soltanto scrivere questa lettera, sbrigati anche tu a darmi un cenno di risposta. Temo che fossi in qualche modo a conoscenza della condanna (a morte). Dal finestrino della carrozza che ci portava sulla piazza d’armi Semënovskij ho visto una marea di gente può darsi che la notizia fosse giunta anche a te e che tu stessi in pena per me. Ora sarai più̀ sollevato. Fratello! Non mi sono scoraggiato né perso d’animo", recitava il testo del maestro russo.

 

E ancora: "La vita è vita ovunque, la vita è dentro di noi, non al di fuori. Intorno a me ci saranno altri uomini, ed essere un uomo tra gli uomini e rimanerlo per sempre, qualunque disgrazia capiti, senza lamentarsi, non perdersi d’animo – ecco in che cosa consiste la vita, qual è il suo scopo. Me ne sono reso conto. Quest’idea si è fatta di carne e sangue. È la verità! Quella testa che creava, si nutriva della vita superiore dell’arte, che ha compreso e si è abituata alle nobili esigenze dello spirito, quella testa ormai si è staccata dalle mie spalle. Ne è rimasto il ricordo e le immagini create, ma rimaste ancora senza forma. Lasceranno cicatrici, è vero! Però in me è rimasto il cuore, e quella carne e quel sangue che ancora possono amare, soffrire, desiderare e ricordare, e in fondo anche questa è vita!”, concludeva Dostoevskij. O Fabrizio Corona, fate voi...

 


 

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