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Myrta Merlino, un pesantissimo consiglio a Mario Draghi: "Guardi quella gente negli occhi"

Francesco Specchia
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La tazzona del caffè fumante da ingollare con le news già ce l'aveva, la battuta in carica pure. Le mancava una scrivania alla David Letterman, una fichissima sedia ergonomica (data la paralisi della spalla in diretta tv per spettacolare ernia cervicale espulsa, l'ortopedico ha proibito lo sgabellino) e uno studio stroboscopico assai americano per celebrare il rientro de L'aria che tira. Il restyling della corazzata del day time di La7 annuncia che Myrta is back. Myrta Merlino è tornata.

Cara Myrta. A parte il gesto da eroe rinascimentale del braccio legato al foulard in diretta, negli occhi gli spettatori hanno la tua conduzione da casa, in quarantena. Sembra quasi una moda: tu, la Berlinguer, Tiziana Panella. Lo fate per spirito di servizio o paura di perdere il controllo del programma?

«Be', Cairo (l'editore de La7, ndr) quando mi ha visto in tv mi ha chiamato: "Cosa posso fare, ti compro una sedia ortopedica?". Per il resto io ho ormai un rapporto sentimentale col pubblico, è il mio primo nucleo familiare. Succede che Francesco Magnani (autore e conduttore supplente del programma, ndr) prende il Covid e mi mettono in isolamento. Ma arrivavano lettere di spettatori: "Abbiamo bisogno delle tua voce". Così provo a condurre da casa, e il pubblico - non me l'aspettavo - rimane entusiasta: era curioso di vedere il mio divano, i miei cuscini, il mio cane. Questo rapporto personale ti ingaggia: abbiamo fatto, da lì, moltissime battaglie, come quella per far vaccinare 4000 malati di fibrosi polmonare...».

 

 

 

L'aria che tira va in onda dal 2011. All'inizio molti scettici (me compreso) , in mezzo a tutti questi talk, non ne vedevano l'utilità. Eppure ora fai 200 puntate l'anno col 7%. E hai provato a declinarla perfino alla domenica

«...e mancano ancora tre mesi di trasmissioni, senza contare gli Speciali di aprile. Questi mesi senza pubblico in clima di guerra, con soli collegamenti, gli autori al minimo, sono stati un inferno, mi sono fatta un mazzo così. Era un'idea giusta, colonizzare lo spazio domenicale, ci ho messo tutta me stessa, siamo arrivati a un buon 2,9% di share. Ma, ad un certo punto, dovevo scegliere tra i format: e non mi sento di mollare il mattino. E dire che quando iniziammo Lillo Tombolini (indimenticato direttore de La7, ndr) mi disse: "Provaci, è un esperimento, quella fascia oraria, è la fossa delle Marianne". Oggi facciamo i migliori ascolti del day time».

...bene. Ma io volevo farti un'altra domanda, più personale. Questo tuo rapporto viscerale col tuo pubblico non ti preclude la cura della famiglia? Voglio dire, hai tre figli...

«Sì, ma sono ormai grandi: una lavora a Londra, gli altri due fanno il master. Riesco a gestirla, anche perché ho un compagno, Marco Tardelli, che, a sua volta, ha una sua vita già strutturata. Non è come quando era giovane e Giovanni Minoli o Alan Friedman mi massacravano di lavoro e non sapevo dove girarmi...».

Tu, sulle madri, sulle donne che «salveranno il Paese» ci avevi scritto perfino un libro. Lo salveranno ancora, col Covid?

«Il Covid per le donne è stato una cosa enorme; ci ha fatto riscoprire la cura che era un'attività ancillare ma ha fatto venire al pettine tutte le fragilità lavorative. Nel mio canale "Dillo a Myrta" ci sono racconti strazianti di figlie che hanno perso le madri nelle Rsa, o di bambini incastrati nella Dad come farfalle impazzite. Addirittura, c'era una ragazza che faceva il turno al reparto pacchi di Amazon alle 5 del mattino e si portava con sé il figlio nella culla. Ma voglio pensare che, come tutti i cambiamenti sistemici, dopo il terremoto la società possa cambiare certi equilibri. Se le donne sono trattate meglio avremo più natalità, meno femminicidi, più Pil. Mentre ero a casa ho pensato a un progetto di racconto della portata del Covid sulle donne».

 

 

 

Tu sei stata una delle prime giornaliste in tv a filtrare la cronaca con l'economia con format come Maastricht, Italia o Il segno del comando, Effetto Domino. Come ti trovi oggi a raccontare un'economia azzannata dal virus? Per esempio, le vaccinazioni ancora sono insufficienti come lo erano con Arcuri, il tuo ex marito

«Non voglio parlare di Arcuri, scusa. Ci sono due figli di mezzo; è già stato complicato anche per me stessa mentre, da giornalista, dovevo dare le notizie. Ma l'economia non si riprende soprattutto perché le procedure in Italia sono surreali. Chi fa le leggi deve mettersi una mano sulla coscienza. Prendi i codici Ateco, una stronzata sesquipedale (infatti non ci saranno più nei decreti Sostegno, ndr): siccome non erano previsti per professioni redditizie come i wedding planners, queste hanno dovuto chiudere. L'ho detto al ministro del lavoro Orlando: se volete vi forniamo un elenco di gente e casi fuori dai vostri radar».

Per esempio?

«Ne ho a iosa, di esempi. In un Paese che continua a soffrire così, ogni diseguaglianza diventa sfregio. C'è il caso della signora di 97 anni che non riceve il vaccino, a differenza di un prof che fa 4 ore all'anno di lezione all'università. C'è quello della cassiera di supermarket senza vaccino, e i magistrati che se non lo ricevono minacciano di non lavorare. Poi ci sono quelli di Federalberghi incavolati perché lo Stato autorizza le vacanze negli alberghi spagnoli. Troppe contraddizioni rischiano di diventare polvere da sparo. Consiglierei a Draghi di girare l'Italia e guardare negli occhi le persone».

Vogliono fare di te una Oprah Winfrey, qualcuno battuteggia la «d'Urso dell'informazione». Un cambiamento c'è. Ma non capisco se sono cambiati i tuoi programmi o tu, rispetto agli esordi un po' fighetti...

«Sono cambiata io. In meglio. Io ero la classica allieva di Giovanni Minoli, figlia di intellettuali, ottimi studi, master a Bruxelles, impostata di testa, preparavo le mie interviste con cura in programmi tv d'elite. Quel background mi è servito, ma ora ho messo le mani e le braccia dentro l'umanità. Mi sono abbandonata al principio di realtà, entro nei casi le prendo a cuore. Il paragone con la d'Urso non mi offende. Anzi, sono felice...».

 

 

 

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