Per il Capo politico Conte ore è allarme stipendio
L'avvocato non può più insegnare, né esercitare, e non è nemmeno parlamentare. Come fare ? (E intanto annuncia di "rifondare" il M5s, ma con le dovute competenze)
Sta a vedere che, tra un po’, gli toccherà il reddito di cittadinanza. Se gli va male. Se gli va bene, magari, l’istituzione di un inedito “Fondo Conte per ex presidenti per Consiglio pugliesi che versano in particolari condizioni di povertà”. Una sorta di legge Bacchelli per gli artisti della politica. Certo, la situazione è imbarazzante.
Non l’ha notato nessuno, ma da adesso, per l’affaticato Giuseppe Conte senza stipendio, la priorità sarà la pagnotta. Sì, sì, d’accordo, gli impegni sono gravosi; e per il nuovo leader dei 5 Stelle, il futuro sta sulle ginocchia di Zeus. Ci sono la fine del “partito liquido” e la nuova segreteria vecchio stile, la partita del Campidoglio e l’alleanza col Pd; e il casino del doppio mandato per molti ma non per tutti. Sì d’accordo, c’è la palingenesi del Movimento 5 Stelle a cui star dietro. Ma il problema principale, per Conte, ora, è arrivare a fine mese. Solo il 26 febbraio scorso il prof aveva declamato la lectio magistralis all’Università di Firenze, pronto a rientrare in cattedra. Ma ora, a causa della legge 382 del 1980 – che riguarda ogni “segretario o presidente di un partito che ha rappresentanti in Parlamento”- sarà costretto, inevitabilmente, ad una nuova aspettativa automatica obbligatoria “per incompatibilità”. Aspettativa senza retribuzione. E qui si pone il problema: Conte non può insegnare, ma non essendo parlamentare non è retribuito come tale. Potrebbe fare, sì, l’avvocato e andare avanti a consulenze e ricche parcelle, fottendosene di eventuali conflitti di interesse; ma così la coerenza andrebbe a farsi benedire e i suoi l’ammazzerebbero prima ancora di esser riuscito a rianimare il partito. In più -par di capire- Conte non può accedere agli indennizzi del decreto Ristori o del decreto Sostegni per partite Iva, vuoi perché appartiene a un ordine professionale, vuoi perché non può far riferimento al 30% in meno del fatturato sull’attività professionale dell’anno precedente perché, banalmente, faceva un altro lavoro.
E allora? E allora, sono cavoli. D’altronde nel Movimento 5 Stelle non ci sono precedenti in materia. I leader della prim’ora economicamente erano tutti coperti: Grillo vanta un Cud esagerato, Casaleggio fa l’imprenditore, Di Maio (che al posto di Conte sarebbe disperato) e Crimi sono parlamentari; i soldi, di raffa o di raffa, entravano e nessuno si è mai preoccupato di regolamentare economicamente l’indennità del “capo politico”. Nella sua ultima dichiarazione dei redditi l’ex premier guadagnava 80.000 euro all’anno netti, per uno stipendio mensile di 6.700 euro: paga nient’affatto malaccio pure se paradossalmente inferiore rispetto a quella dei semplici deputati o senatori che arrivano a prendere il doppio. Nel 2020 il suo reddito 205.048 euro, quindi circa un milione di euro in meno rispetto l’anno precedente, in cui aveva chiuso tutti gli incarichi pendenti con laute liquidazioni. Bisogna anche ammettere che, da Presidente del Consiglio, Conte aveva subito una decurtazione del 3,7% dello stipendio imposta per legge; e una volontaria del 20% ex legge 418/1999 (ma nel 2018, non nell’anno del Covid come, distrattamente o in un’astuzia di marketing, aveva voluto fare intendere). Ora risulta ufficialmente disoccupato.
La cosa è seccante. Ma, almeno ufficialmente passa in secondo piano rispetto al discorso della “rifondazione” pronunciato ieri sera via zoom da Conte ai suoi. Laddove la linea è abbastanza chiara: "rifondare il Movimento, ma che non sia un restyling" disfarsi il prima possibile di Rousseau e Casaleggio (nonostante Grillo non cerchi la rottura); costruire una struttura solida sul territorio -via meetup e partito liquido- con segreteria e “commissioni di lavoro” classiche; legittimare, di fatto la struttura delle “correnti” (anche se è formalmemte contrario); avvicinarsi al centrosinistra non si capisce bene come, ma con occhi attenti su ecologia e immigrazione. E, pur mantenendo la regola dell'uno-vale-uno, pretendere dagli eletti "le competenze" (una frase che ha fatto venire un colpo a gran parte degli iscritti del M5S)
E poi c’è la questione nodale che può far saltare tutti i piani: la conferma della regola dei due mandati ma con particolari eccezioni per i “meritevoli”, cioè quei big con cui Conte vorrebbe rifondare il partito liberandosi della manovalanza “miracolata” come li chiama Grillo. Però, in fondo al cuore Giuseppi sa che ripristinare la pagnotta resta la mission principale…
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