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Open Arms, "Matteo Salvini a processo". Toghe all'assalto, lui si difende in aula: "Ho solo difeso i confini"

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La Procura della Repubblica di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per Matteo Salvini per il caso Open Arms. Il leader della Lega, all'epoca dei fatti ministro dell'Interno, è accusato di sequestro di persona e rifiuto d’atto d’ufficio. Il caso risale all'agosto del 2019 quando Salvini vietò lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti soccorsi in mare dalla nave della ong spagnola. Per questo il capo della Procura di Palermo, Francesco Lo Voi tira dritto e chiede un rinvio a giudizio. Da parte sua il numero uno del Carroccio si è sempre difeso ribadendo di aver agito in linea con le volontà dell'allora governo Conte.

 

"Il comandante della Open Arms - ha spiegato nel corso delle dichiarazioni spontanee rese durante l’udienza preliminare sulla vicenda - rifiutò di trasbordare 39 migranti, in area sar maltese, su un assetto navale de La Valletta. Giorni dopo, il 18 agosto 2019, le autorità spagnole assegnarono a Open Arms un porto di sbarco ad Algeciras. Il comandante rifiutò questa soluzione. La Spagna diede allora disponibilità presso il porto spagnolo più vicino (Palma di Maiorca) e l’Italia si offrì di scortare la Open Arms con una propria nave, dove trasbordare i migranti ancora a bordo. Anche la Spagna comunicò l’invio di una propria nave a supporto. Il comandante rifiutò anche questa soluzione". 

Così il leghista ha utilizzato le stesse motivazioni per il caso Gregoretti, ovvero la sottolineatura che la la linea dei "porti chiusi" era condivisa: "Si inserisce - ha spiegato - tra i passi di attuazione della linea politica, anche l’adozione dei decreti sicurezza, e in particolare del decreto di sicurezza bis, che approvammo al consiglio dei ministro dell’11 giugno 2019 e che prevedeva il potere di disporre il divieto di ingresso, transito e sosta nel mare territoriale nazionale. Si trattava di provvedimenti adottati dal Ministro dell’Interno, quale autorità nazionale di pubblica sicurezza, di concerto con il ministro della difesa e con il ministro delle infrastrutture e trasporti, secondo le rispettive competenze, informandone il presidente del consiglio dei ministri". Ossia Giuseppe Conte.

La Procura - in aula oltre a Lo Voi ci sono l’aggiunto Marzia Sabella e il sostituto Calogero Ferrara - si è opposta all’acquisizione agli atti di tutti i documenti depositati il 16 marzo dalla difesa tranne le deposizioni rese a Catania dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, dall’ex premier Giuseppe Conte e dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. I pm hanno sostenuto che, malgrado nel corso delle deposizioni si sia introdotto l’argomento del procedimento in corso a Palermo, queste abbiano rilevanza a favore della tesi accusatoria. 

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