Nicola Porro, "la medicina per spaventarci". Covid, italiani e assembramenti, quello che nessuno osa dire
Italiani furbetti? Tutt’altro, sono sempre più ossessionati dal rispetto delle leggi per paura del coronavirus. È quanto sostenuto da Nicola Porro, che nell’editoriale pubblicato nell’edizione odierna de Il Giornale ha ovviamente sottolineato che il Covid è una brutta bestia, ma allo stesso tempo è forse lecito avere qualche dubbio su come l’abbiamo gestita. In particolare il conduttore di Quarta Repubblica ha parlato di un “fatale errore” legato alla pandemia: “Quello delle mascherine, dei colori che cambiano, dei decreti incomprensibili, dei comportamenti minuziosamente stabiliti dai burocrati, è un modello al quale ci siamo uniformati. La cintura di sicurezza conficcata nella nostra libertà di circolazione è un fatto”.
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Porro ha contestato due elementi a chi pensa che la sua tesi sia sballata: “Abbiamo costruito una storia sull’italiano allergico alle regole Covid, grazie a pochi e cinematografici scatti, prima del corridore, poi dei cagnolini, poi dei giovani in piazza e infine delle vie dello shopping, senza alcuna evidenza numerica”. Anzi, secondo i dati ufficiali del ministero dell’Interno su centomila controlli effettuati in un solo giorno sono state fatte 1.400 multe, appena l’1,5%. “Altro che italiani furbacchioni”, è stato il commento di Porro. Il quale ha spiegato perché gli italiani rispettano la legge emergenziale in stragrande maggioranza: “Non ne sono davvero convinti. La loro principale motivazione non è la sanzione, ma la paura. Può anche darsi, ma ciò non toglie che i toni allarmistici sui nostri comportamenti del giornale unico del virus siano fuori luogo. O meglio sono la medicina ritenuta necessaria per spaventarci”.
Infine Porro ha espresso alcune considerazioni sui decessi legati al Covid: “La prima, che nessuno pubblica, è che la seconda ondata ha fatto circa diecimila morti più della prima: eppure a differenza di inizio 2020, ciò che è avvenuto ad ottobre era più facile da gestire. Ma il secondo dato è più importante: solo l’1 per cento di coloro che hanno meno di cinquanta anni sono morti con il Covid, e una parte cospicua di loro aveva altre gravi malattie. Insomma il Covid è una brutta bestia, ovviamente, ma forse alimentare qualche dubbio sul come l’abbiamo gestita, non solo ci riporterebbe ad un approccio più liberale all’intera vicenda, ma - ha concluso - renderebbe la nostra vita meno costretta e povera”.