Non è l'arena e Genovese, "non è il sesso ma la droga". Nunzia De Girolamo e Bernardini De Pace, cosa sfugge alla Andreoli
Tra gli imputati del caso Alberto Genovese ci dovrebbe essere la cocaina, la droga, e ieri sera Massimo Giletti questo l’ha fatto capire a Non è l’arena, facendo anche sentire audio di ragazze che sostenevano di prendere la droga consensualmente, che si recavano a quelle feste anche per quel motivo. Leggere e sentire testimonianze di persone che dicono che c’era tanta droga ma al tempo stesso bella gente mi sembra un qualcosa di talmente antitetico e paradossale da non risultarmi possibile. I luoghi in cui circolano sostanze stupefacenti sono ambienti da cui stare totalmente alla larga. Inizialmente una persona può non aspettarsi un determinato panorama, ma davanti al fatto compiuto, davanti alla droga offerta e accettata come si fa a non rendersi conto che ci si mette nella condizione di non essere nel pieno delle proprie facoltà mentali? Come si fa a tornare per più volte in un ambiente da cui non solo non si è scappati la prima volta ma in cui ci si reca anche successivamente? Sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico. Questa tragica vicenda dovrebbe servire come veicolo di determinati concetti e valori. Alcuni figli che non devono rendere conto ai genitori solo perché appena maggiorenni, che si ritengono indipendenti e liberi di vivere la loro vita, ma ne siamo certi? È sano? Ma soprattutto cerchiamo di capire il perché, il prima, quale è il motivo che spinge queste ragazze a scegliere certe location e frequentazioni. Ci sono determinati addetti ai lavori che nella loro professione si chiedono sempre il perché, dicono che “c’è sempre una spiegazione”, bene. Perché ora non la si cerca? Responsabilizzare non vuol dire colpevolizzare, anche perché per definizione una vittima non può essere colpevole, quindi non va distorto il discorso. La cocaina è una protagonista, non una banale controfigura. Se si continua a mettere in ombra quella polvere bianca o rosa che sia di danni in giro ne vedremo ancora tanti. Spero che si prenda in considerazione questo fondamentale aspetto, lavorando dietro le quinte di un fenomeno così importante. È “politicamente” corretto dire che la vittima va solo beatificata, ma chi fa questo senza dire nient’altro fa del male a quella o quelle ragazze. Provate a far capire loro che hanno peccato magari di superficialità facendo qualche pippata di cocaina, sottolineate che non è sano, che è nocivo per il nostro cervello. L’aiuto migliore credo sia quello di dir loro che si sono vittime ma facendole anche riflettere perché la riflessione non delegittima, ma fa crescere. Intervengono sull’argomento due protagoniste fondamentali di questo dibattito, ovvero l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace e Nunzia De Girolamo
L’avvocato si esprime dicendo: "Io sono rigorosamente contraria a quei professionisti che ridendosela degli interlocutori dicono, con saccenza insopportabile, che le persone drogate sono malate e pertanto prive di possibilità di scelta giacché hanno bisogno della droga. Come i ladri hanno bisogno del denaro? Intanto una volta hanno scelto, poi hanno continuato a scegliere e queste ragazze di cui stiamo parlando non sono certamente “rimbambite” dalla mattina alla sera, quindi capiscono e sanno, nonché sono in grado di scegliere di andare a queste feste ogni volta, di negoziare i loro compensi e di partecipare alla festa. È bruttissimo il messaggio che attraversa l’etere a causa di quei professionisti che ci invitano ad avere pena anziché orrore. Ma se fosse giusto questo, allora anche lo stupratore, ultra drogato, deve farci pena? Mandiamo tutti all’ospedale psichiatrico per accertare che sono tutti malati oppure al processo per verificare se ci sono vittime e se ci sono carnefici? Ma per esempio, se ci fosse stata una ferita grave provocata da una di quelle ragazze contro il predatore sessuale, avrebbero detto che lui se l’è cercata vista la situazione nella quale tutti si trovavano? Ma io non ho mai detto che le ragazze se la sono cercata, ho detto che sono responsabili per essere andate lì, sapendo perfettamente la situazione. In Chiesa non sarebbe successo niente ma non avrebbero trovato neanche la droga".
La De Girolamo invece: "Non amo chi crede di avere la verità in tasca perché in questo fatto così delicato la parola spetta ai magistrati che saranno in grado di elaborare il materiale, i video, le testimonianze. Ho sempre disprezzato i processi televisivi, anche quando li ho subiti, quindi non ho intenzione di processare nessuno. Ma bisogna affrontare l’argomento con serietà e anche con il dubbio, ovvero il seguente: ho sempre difeso le ragazze e continuerò a farlo perché credo che siamo ancora molto indietro su temi come femminicidio e violenza sessuale. Dall’altra parte però nel programma è emerso comunque un contesto sociale abbastanza inquietante per il mio modo di vedere le cose, ovvero feste un po’ troppo libere, perverse, ma soprattutto dove la protagonista principale è la droga. A me di quella terrazza non piace l’ambiente, per il mio percorso culturale, essendo stata io sempre contraria alle droghe, ma molto contraria. Purtroppo come ci siamo già dette in trasmissione la droga è centrale, sullo stupro di Genovese ripreso addirittura da telecamere non vi sono dubbi, potremmo dire che ciò rappresenta quasi un unicum, e lui è la persona orribile che si è rivelata. Le ragazze sono state vittime in primis di se stesse nel momento in cui hanno deciso di andare lì e di drogarsi. In questo contesto non deve passare il secondo piano il fatto che si debba fare una seria battaglia culturale contro la droga. Ciò che dobbiamo insegnare ai nostri figli è la guerra all’uso della cocaina e droghe delle quali, francamente, non conoscevo neanche il nome. A questo proposito, nonostante per la dottoressa Stefania Andreoli provi simpatia, la battuta 'sul modo in cui la De Girolamo parla a sua figlia della droga, che non è il modo corretto di fare prevenzione' non l’ho proprio capita, soprattutto perché fatta da una professionista che fa la psicoterapeuta. Io sono una madre, che prevenzione posso fare se non educare, formare ed informare mia figlia sui pericoli e su quale sia la retta via nel momento in cui entrerà nella società come adolescente o come adulta? Che posso fare io mamma? Che tipo di prevenzione posso mettere in atto? Sono due i luoghi della formazione della vita di un minore, la scuola e la famiglia. E come famiglia posso educare in modo rigido o meno, a seconda delle situazioni mia figlia. Le parole della dottoressa Andreoli hanno un peso e tanti genitori da casa si saranno chiesti che tipo di ruolo possono avere in queste situazioni: non perderò occasione alla prossima puntata per chiederglielo. Per quanto riguarda Daniele Leali (amico di Genovese, ndr) lui è un po’ pirandelliano, ha sempre un atteggiamento diverso. C’è stata una frattura quando mi ha attaccato in modo veemente in una puntata, cui è seguita una querela, non è che io gli volessi fare il processo. Ritengo però che gli argomenti trattati sono talmente delicati e talmente non chiari che un atteggiamento aggressivo non paga, soprattutto per chi da casa vuole capire. Non mi sono piaciuti alcuni atteggiamenti e frasi da donna che ha lavorato nelle istituzioni e che determinate battaglie le ha fatte. Per il resto lui ci mette la faccia, questo va detto. Però ho una domanda, perché Leali difende così tanto Genovese ? Anche a lui porgerò questa domanda".