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Papa Ratzinger, perché lo vogliono spogliare dal bianco? L'ultimo caso che scuote il Vaticano

Andrea Cionci
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In giugno, Avvenire ci diede degli "imbecilli" perché avevamo sollevato alcuni interrogativi sulla Declaratio di dimissioni di Benedetto XVI, popolata da strani errori di latino: «Come mai Benedetto continua a vestire di bianco, a firmarsi Pontifex Pontificum, a farsi chiamare Santo Padre, a vivere in Vaticano e a insegnare la dottrina, non di rado in contrapposizione con Bergoglio?». Oggi le stesse domande le pone il card. George Pell secondo il quale il ruolo di "papa emerito" deve essere decisamente riformulato per evitare ambiguità pericolose. Un papa dimissionario dovrebbe quindi «essere reinserito nel collegio cardinalizio in modo da essere conosciuto come Cardinale X, papa emerito; non dovrebbe invece vestire di bianco, né insegnare pubblicamente». Non è un po' indelicato aprire adesso tale questione, mentre Ratzinger è in fin di vita?

Secondo alcuni critici dell'attuale pontificato si vuole spogliare Benedetto XVI della veste papale prima che muoia, per evitare un imbarazzante funerale "da papa" in talare bianca, dando così spazio a chi lo ha sempre riconosciuto come unico, legittimo pontefice. Ma ecco le spiegazioni "ufficiali" fornite, all'epoca, sulla questione dell'abito bianco. Nel febbraio 2014, un anno dopo le dimissioni, giunse al vaticanista Andrea Tornielli una lettera firmata da Benedetto dai toni insolitamente secchi e assertivi per lo stile diafano e adamantino di Ratzinger: «Il mantenimento dell'abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c'erano a disposizione altri vestiti. Del resto porto l'abito bianco in modo chiaramente distinto da quello del Papa. Si tratta di speculazioni senza il minimo fondamento». Benedetto XVI aveva gettato via, dunque, le sue vecchie talari da cardinale e in tutta Roma non si è trovato un sarto ecclesiastico per acconciare una veste nera al papa dimissionario, nemmeno dopo un anno?

Per chi fosse insoddisfatto di queste spiegazioni, restano sul campo due ipotesi: Benedetto, in realtà, ha un debole per il bianco e, per questioni di stile, non se ne è voluto distaccare. Forse non conosce bene i simboli ecclesiastici, così come ha anche delle lacune in latino, visto che compie errori grammaticali nei documenti ufficiali. Da teutonico, sapientissimo guardiano della fede, dopo le dimissioni è divenuto un prelato indifferente, poco preparato sul diritto canonico e dominato da una fortissima nostalgia per gli orpelli pontificali. Gli scherzi dell'età? La seconda ipotesi - sollevata dai religiosi "contro" - è, invece, che Benedetto ha sempre continuato a comportarsi da papa perché non si è mai dimesso realmente. Si è condotto secondo quanto aveva scritto nelle sue dimissioni nelle quali "dichiarava di rinunciare" al ministerium, ovvero all'esercizio pratico, ma non al munus, all'incarico divino. Le dimissioni invalide, scritte con errori di latino per attirare l'attenzione, sarebbero dovute al fatto che, come ventilato da alcuni vescovi (Negri, Lenga, Gracida, Viganò), Ratzinger sarebbe stato costretto a dimettersi da quella Mafia di San Gallo confessata dal mai smentito card. Danneels. E allora, la lettera a Tornielli? Se Ratzinger fosse stato detronizzato a forza, qualsiasi suo atto successivo alle dimissioni potrebbe non essere farina del suo sacco. Ognuno si faccia la propria idea. Tuttavia, la recente uscita del card. Pell rischia di dare forza proprio ai sostenitori di questa ultima tesi. Un passo falso: involontario o volontario? 

 

 

 

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