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Annamaria Bernardini De Pace e le violenze sessuali: "Perché le donne potrebbero evitarne molte. Il MeToo? Ci tratta da dementi"

Pietro Senaldi
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Avvocato, ci difenda! Oggi nessuno vuole stare ad ascoltare neppure mezza opinione che non combaci perfettamente con le proprie idee. Se dici che per una diciottenne andare a un droga party organizzato da un pervertito cocainomane è pericoloso perché non è impossibile finire violentata, ti accusano di difendere lo stupratore e di essere un sessista. Siamo in bilico tra un permessivismo che non trova poi sbagliato che una ragazzina frequenti festini organizzati da adulti sniffatori di polvere bianca, tipo quelli che si tenevano nella casa-reggia dell'imprenditore Alberto Genovese, e un moralismo che ti processa se osi dire che la signorina in questione è stata imprudente. Sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema della violenza carnale ai danni delle donne è sacrosanto e utile, ma c'è un femminismo negazionista che, per affermare il giusto principio della difesa di quello che un tempo si chiamava sesso debole, non ammette riflessioni e arriva a trattare ragazze e signore alla stregua di esseri inconsapevoli, in balia degli eventi e inevitabilmente destinate a essere dominate dagli uomini. «Il grande equivoco è scambiare la responsabilizzazione della donna per la sua colpevolizzazione. Quando si verifica uno stupro è scontato che l'uomo sia colpevole. Prendiamo proprio il caso di Alberto Genovese, è evidente che è un criminale; infatti sta in carcere e, se dipendesse da me, andrebbe torturato esattamente come ha fatto lui con la sua giovane vittima. Però la ragazza ha delle responsabilità in quello che le è successo. Io, se qualcuno mi avesse portato in un posto del genere, sarei fuggita immediatamente, e ho insegnato a fare lo stesso alle mie figlie».

Avvocato, vuole inguaiarsi?
«Oggi il politicamente corretto non consente di parlare delle donne come di persone che si possono difendere. E per questo io lo detesto».

Il concetto che passa è che la brutalità dello stupro cancella tutto il resto
«Ed è un errore, perché in questo modo si azzera il ruolo della donna, si tradiscono anni di battaglie per la parità e, alla fine, si mettono nei guai le ragazze anziché proteggerle, perché non si insegna loro a guardarsi dai pericoli».

Ma una donna può sempre dire no, anche se ti segue in camera da letto
«Certo che è così, però questo non significa che una donna può permettersi di vivere con la testa in aria. Se ti violentano la domenica mattina mentre fai jogging al parco, non ti puoi rimproverare nulla. Ma se vai a un droga party, ti fai sequestrare il telefonino e assumi stupefacenti, ti sei messa in una situazione a rischio, che vivi o per ingenuità o perché ti interessava essere lì».

Questa opinione oggi viene ritenuta giustificatoria dello stupro
«Non esiste il diritto di investire, ma non mi vorrà mica dire che se una ragazza viene travolta sulle strisce pedonali o mentre attraversa a piedi un'autostrada di notte, la sua parte di responsabilità in quel che le è successo è la medesima? Così come gli incidenti, anche gli stupri si dividono, in base alle circostanze, tra imprevedibili e probabili»

Annamaria Bernardini De Pace è la matrimonialista più famosa d'Italia. Nonché, proprio per questo, una delle donne più temute dagli uomini; «anche da quelli che mi vorrebbero» scherza lei, sapendo di dire il vero. Nella sua carriera ha convinto centinaia di mogli a denunciare le violenze del coniuge, aiutandole a staccarsi da loro. E ha iniziato a farlo in anni nei quali non era facile, perché fino al 1975 la nostra era ancora una società patriarcale, con il marito che era legalmente il capofamiglia e aveva un potere educativo sulla consorte. Fiera e anticonformista allora, lo è rimasta oggi, tant' è che non ha paura di sfidare le femministe alla Boldrini come un tempo combatteva il maschio padrone. «Noi donne», spiega «abbiamo tanto lottato per avere la parità e, ora che l'abbiamo ottenuta per l'aspetto giuridico, non vogliamo prendercela anche per quello culturale. La riforma del diritto di famiglia è stata fatta nel 1975. A 45 anni di distanza, deresponsabilizzarci, descriverci inermi davanti al maschio violento, limitarsi a lagnarsi e chiedere protezione all'uomo è un insulto alle battaglie che abbiamo fatto in piazza, ma anche in casa, con padri, mariti e compagni di classe per non essere considerate solo oche». I movimenti in difesa delle donne però hanno fatto anche un lavoro importante «Sì, perché hanno messo in evidenza un problema che c'è sempre stato, in tutte le società. Quando una donna subisce violenza dal suo compagno e viene da me in studio io spesso impiego mesi a convincerla a denunciare l'uomo».

Perché non lo fanno?
«Perché lo vivono come una vergogna e non vogliono renderla pubblica e poi vogliono proteggere il padre dei loro figli, non capendo che così fanno il male dei ragazzi, che da grandi imiteranno il padre non punito. E poi perché gli uomini violenti sono furbi: quando realizzano quello che hanno fatto, chiedono perdono, blandiscono e alimentano l'egocentrismo delle loro vittime, che si sentono importanti ai loro occhi e vengono colte dalla sindrome della crocerossina».

Come si fa a non cadere, o meglio ricadere, in trappola?
«Partendo dalla considerazione che una donna non può redimere un uomo violento, deve solo abbandonarlo. Certo questo significa avere capacità di autocritica, capire che si è sbagliato scelta e mettere da parte il proprio narcisismo. E poi, non aver paura di restare sole».

È molto dura con le donne
«No, penso che la strada migliore per difenderle sia dire loro la verità. Questo significa che manca una cultura femminile contro la violenza, e la colpa è anche dei movimenti per le donne. Se le donne dimostrassero di essere più autonome, forse gli uomini sarebbero meno violenti. In parte è vero che la violenza è insita nel maschio, in ogni specie animale è così, ma è altrettanto vero che essa può essere un po' attenuata».

Questa me la deve spiegare, avvocato
«I movimenti per le donne chiedono agli uomini di difendere le donne, e questo già non mi piace, perché significa abbassare la testa. Poi pensano che il problema sia solo degli uomini, e vorrebbero rieducare solo loro».

Invece cosa bisognerebbe fare?
«Ai corsi contro la violenza ci devono andare sia gli uomini che le donne. Entrambi hanno da imparare molto».

Non si rischia di confondere vittima e carnefice?
«Chiariamo una cosa una volta per tutte: lo stupro è aberrante, è giusto ripeterlo all'infinito e combatterlo in ogni modo. La violenza sulle donne è comune a ogni civiltà ed è sempre esistita, direi oggi meno di un tempo. Ciascuna di noi ha davanti a sé due compiti, uno a livello di genere, l'altro di singola persona. Mi batto in pubblico contro gli stupri per ridurli il più possibile, ma nel privato non mi posso comportare come se avessi già vinto la battaglia e devo attuare degli accorgimenti, sapere che se mi metto in certe situazioni, rischio anche se ciò che mi fanno è sbagliato e orribile».

Primum vivere, deinde philosophari
«Io voglio eliminare, o almeno ridurre, la violenza nel mondo; ma per prima cosa non voglio diventare vittima di violenza».

Lei ha mai rischiato?
«Ho tirato tante ginocchiate ai genitali maschili, ma in realtà non ho mai rischiato lo stupro, perché non mi sono mai messa in contesti pericolosi. Così è tutto più chiaro: e io ne uscivo gratificata sia dal tentativo di seduzione sia dalla mia risposta violentemente paritaria».

Non è mai entrata in una camera da letto senza volerlo, per essere ruvidi
«No, anche se è giusto che una donna che ci entra, poi possa uscirci quando vuole e denunci eventuali aggressioni. Solo che quando la denuncia accade venti o trent' anni dopo, diciamo che almeno perde forza».

Ogni allusione al #metoo è puramente casuale
«La violenza non va sottovalutata mai. Il sospetto che qualcuna si sia approfittata e abbia cavalcato l'onda dell'indignazione e della denuncia, esiste. Tant' è che oggi molti uomini, per nulla violenti, sono terrorizzati».

Il politicamente corretto ha rovinato il momento della seduzione?
«Quello che è orrendo è che il #metoo, e tutte queste denunce arrivate con ampio ritardo, hanno dato l'immagine che le donne siano tutte delle dementi senza coraggio».

Avvocato, mi dia un consiglio: io da uomo come mi devo comportare?
«Provarci dovrebbe essere legittimo, ma oggi non è così: bisogna presentarsi alla concupita con un contratto in mano e l'avvocato al fianco».

Anche le donne possono essere violente?
«Fisicamente soccombono, però nella mia professione ho visto parecchie donne violente, magari con i figli: li picchiano, li insultano, o dicono loro cose irripetibili. E qui si assiste a un fenomeno speculare: i padri non sono capaci di difendere se stessi e la loro prole».

Quando poi si passa alle carte bollate e ai divorzi, le donne diventano terribili
«Questo è vero. Nel divorzio la parte debole è l'uomo, che spesso viene spolpato. Ma qui le cose, purtroppo o per fortuna, stanno cambiando più rapidamente che sul tema delle violenze. Oggi in caso di divorzio la situazione tra i generi è più equilibrata rispetto a dieci anni fa». Se difendesse la vittima di Genovese punterebbe a un grosso risarcimento in denaro? «Io non sono una penalista e non mi permetto di suggerire, tantomeno di giudicare il lavoro dei colleghi. Certo, accettare un risarcimento in parte significa voler risolvere tutto e condonare, come se i soldi cancellassero quanto avvenuto. E questo, da donna, non mi piacerebbe».

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