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Carlo Calenda, la figlia racconta il pestaggio a Parigi: "La polizia ha caricato e non ho visto più niente"

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"La tensione è sempre più alta in Francia, ho paura che qualcuno morirà". Parla la figlia di Carlo Calenda, Tay, coinvolta nei giorni scorsi in un pestaggio da parte della polizia a Parigi durante una manifestazione contro la legge sulla sicurezza. Fotoreporter di 31 anni, Tay era in mezzo alla folla per lavorare, ma ne è uscita con uno zigomo gonfio e parte della faccia tumefatta. "Come sempre quando vado a fotografare le manifestazioni avevo il casco, la maschera antigas e gli occhiali da immersione. Ma si sono appannati, a un certo punto la polizia ha caricato e non ho visto più niente, ho sentito un colpo sulla guancia destra, una manganellata. Ma niente di grave, il volto si è già sgonfiato - ha spiegato la donna in un'intervista al Corriere della Sera -. È andata peggio al mio collega Ameer al-Halbi, siriano. A lui gli agenti hanno davvero spaccato la faccia".

 

 

 

Tay Calenda, che vive a Parigi da dieci anni, ha raccontato di aver seguito, nei mesi scorsi, anche i cortei dei poliziotti: "Penso che anche loro spesso siano vittime di una gestione dissennata dell’ordine pubblico. Ciò non toglie che la manifestazione di sabato fosse giusta e che l’idea di limitare la libertà di stampa vietando di filmare gli agenti sia incomprensibile". La protesta nella quale è stata pestata era stata organizzata dopo le violenze della polizia su Michel Zecler, accusato ingiustamente da poliziotti poi smentiti dai video. "La violenza allucinante contro Michel dimostra che la teoria delle poche mele marce non regge più. In Francia gli abusi della polizia sono un problema strutturale - ha detto la Calenda -. Razzismo, omofobia e violenza sono presenti nella polizia, inutile negarlo". La fotoreporter, poi, non ha voluto dare giudizi su Macron, però ha puntato il dito contro il ministro dell'Interno francese, Gérald Darmanin: "Da militante femminista e in difesa delle persone Lgbtq+ ho manifestato contro Darmanin. Non si può nominare ministro uno che è indagato per abusi sessuali".

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