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L'Espresso, la prima pagina dedicata a Papa Francesco: una pezza sullo scandalo-Becciu?

Renato Farina
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Il falsario torna tra noi, portato in gloria dall'Espresso che gli rimette in mano l'alabarda di guardia svizzera un tantino abusiva. Massimiliano Coccia, stavolta portato sulle spalle dal suo direttore Marco Damilano, ci riprova a fare il boia, perché la prima volta non gli è riuscito tanto bene. Era convinto, lui insieme ai suoi burattinai, di aver decapitato e seppellito senza processo, ovvio, il cardinale Angelo Becciu. Era il 24 settembre. Vittorio Feltri su Libero ha risposto punto per punto con una controinchiesta, restituendo piena dignità all'uomo prima che al porporato, accusato di depredare i soldi della Chiesa per i poveri. Fallita l'imboscata, ci riprovano, poveretti, certo con strumenti più potenti dei nostri. Ma la vedremo.

 

 

È uscita ieri l'anticipazione a uso di propaganda del numero del settimanale in edicola da domenica. Viene riprodotta la copertina, dedicata al volto antico e vibrante furore di papa Francesco, col titolo «Dies Irae». È proprio sicuro L'Espresso che le saette dell'Onnipotente e del suo Vicario in terra non siano in realtà destinate a fulminare proprio chi ha creduto e crede di maneggiarle a proprio piacimento? Mah, non ne saremmo tanto sicuri. La presunzione di avere Bergoglio a disposizione delle proprie mire politico-teologiche parte dal presupposto di un Pontefice prigioniero del sacro imbroglio (definizione di Vittorio Feltri) ordito di qua e di là dalle Mura leonine. Ci ostiniamo a ritenerlo impossibile, e ne abbiamo dei segnali.

 

 

LA «RIVOLUZIONE»
La trappola annunciata dall'Espresso è di più vasta pretesa e perciò persino più scoperta nei suoi fini estranei alla verità. Si tratta stavolta di impagliare la personalità del vescovo argentino di Roma in un progetto ideologico. Questo lascia intendere Angiola Codacci Pisanelli, con movenze di penna da Isadora Duncan, a proposito dell'articolo-manifesto a firma del direttore Marco Damilano. «La rivoluzione non si ferma», questo il titolo trozkista che darà modo all'evangelista Marco (Damilano) di predicare il Nuovo Verbo domenica sui vostri schermi, altro che l'Angelus del Papa destinato al popolo bue dei poveri fedeli basato sul Vangelo old style. Spiega la Codacci che ce n'è un altro: «Quello che segna l'inizio di un'epoca di rinnovamento della Chiesa. Una rivoluzione che porterà prima di tutto pulizia e trasparenza in Vaticano. Ma anche l'alleanza con il nuovo presidente americano, il cattolico Biden. L'impegno per un'economia giusta. E nuovi cardinali per il conclave che, un giorno, sceglierà il successore di Bergoglio» . La redattrice dell'Espresso non si tiene nella pelle per l'entusiasmo verso il proprio direttore-profeta: «Un ritratto del Papa a tutto tondo, dalle lotte interne ai grandi nomi della società civile coinvolti nelle accademie, ai propositi raccolti nel nuovo libro che esce a pochi giorni dal suo ottantaquattresimo compleanno». Fantastico. Chiara l'ideologia di questa sinistra onnicomprensiva. E si capisce benissimo perché occorreva far fuori un cardinale non assimilabile a questo disegno, e - per il ruolo avuto di sostituto della Segreteria di Stato e prefetto delle Cause dei santi - in grado di rompere le uova nel paniere al progetto in cui dentro e fuori il Vaticano, si vuole incapsulare Francesco. In questa visione per Bergoglio è prefigurato il ruolo di condottiero pan-religioso rispetto a quello di maresciallo politico-finanziario rappresentato (per ora) da Biden.

 

 

Una riedizione della dottrina eretica medievale dei "due Soli". Il Papa bolivariano e terzomondista, oltre che capo dell'Onu delle religioni, condurrà la lunga marcia rivoluzionaria a braccetto con la sinistra liberal-americana, sancendo l'alleanza globale cino-american-vaticana. Damilano arriva a spiegare come essendo anziano, Bergoglio stia anticipando le intenzioni dello Spirito Santo come Chàvez con Maduro, con una scelta scientifica dei prossimi cardinali (e l'esclusione di chi potrebbe rompere le scatole al Conclave) Visionario, il nostro Damilano. Ma è così impegnato ad affrescare il neo-mondo e la neo-Chiesa onde collocare il Papa nel presepe politicamente corretto, che si dimentica di rispondere alle nostre 12 banali domande. Come diavolo faceva L'Espresso il 24 settembre a scrivere, 7 ore e 48 minuti prima dei fatti, che il Papa avrebbe imposto le dimissioni al suo stretto collaboratore? Questo è solo uno dei quesiti. Perché tace? Sapeva delle attitudini da falsario praticate dal suo segugio Coccia, che per questo reato è stato destinato dal Tribunale di Roma a «lavori di pubblica utilità»? Ma ecco che, appena l'abbiamo nominato, Coccia ritorna. Scrive Codacci Pisanelli (anche lei il 24 settembre ha pubblicato sul web la notizia delle dimissioni di Becciu 2 ore e 18 minuti prima del fatto): «Non si ferma neanche, malgrado una richiesta di 10 milioni di euro di risarcimento, l'inchiesta dell'Espresso sull'ex numero tre del Vaticano, Monsignor Becciu: Massimiliano Coccia ricostruisce la scatola cinese di mediazioni che ha permesso all'ex cardinale di investire fondi vaticani in speculazioni spericolate, responsabili di voragini nei conti della Chiesa».

 

 

SILENZI OLTRETEVERE
Scatole cinesi? Aspettiamo di aprirle anche noi per osservare le impronte digitali. Le sue precedenti puntate sono state così farlocche (vedi articolo di Brunella Bolloli in questa pagina) che - dice l'avvocato Natale Callipari, legale di Becciu - «in 41 anni di professione non mi era mai capitato di trovarmi davanti una serie di accuse così incredibilmente false che per smontarle mi è bastato una prima verifica alle fonti attingibili da chiunque negli atti depositati. Lo si è fatto con una tranquillità assoluta, perché chi ha agito era convinto che il cardinale sarebbe stato impossibilitato a difendersi». Possibile che nessuno abbia ancora informato il Santo Padre che l'autore del fake-scoop contro Becciu sia quello stesso sedicente don Andrea Andreani, spacciatosi per suo segretario personale e denunciato per questo, nel febbraio del 2019, al Tribunale vaticano dal giornalista Enrico Rufi, vittima dei suoi inganni infami? Il quale aspetta di sapere perché, nonostante il cardinal Dominique Mamberti ne abbia informato il Pontefice (vedi Libero del 21 novembre), il provvedimento riposi ancora sulla scrivania dei promotori di giustizia.

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