Luca Ricolfi e l'effetto Covid: "Conte sta trasformando l'Italia in una società di parassiti. Alla fine a comandare sarà la Cina"
Professor Luca Ricolfi, docente di Analisi dei dati: almeno lei ha capito come funziona l'algoritmo con cui il governo decide quale regione è gialla e quale è rossa?
«I dati su cui si basa l'algoritmo sono pubblici, anche se probabilmente manipolati da alcune Regioni. Ma non mi risulta che l'algoritmo, ossia l'insieme di formule logiche e matematiche con cui i dati vengono trasformati in giallo-arancio-rosso, sia stato reso pubblico. È un equivoco voluto: si desidera far credere che tutto sia trasparente, mentre non lo è affatto. È come se uno dicesse: ora vi rivelo come si fa la "torta al melograno impapocchiato", e si limitasse a elencare i 21 ingredienti necessari, senza rivelare le dosi e le modalità di cottura».
Resta il fatto che, sebbene con notevoli differenze tra un Paese e l'altro, in Occidente nessuno ha trovato la ricetta giusta per tenere a freno il virus senza fermare l'economia.
«Queste parole mi fanno sobbalzare e capire perché il consenso di Conte sia tutt' ora elevato e il ministro Speranza sia il politico più popolare. Dicendo che "nessuno ha trovato la ricetta giusta per frenare il virus", si ammette implicitamente che la seconda ondata era inevitabile. Eppure i dati sui decessi, gli unici internazionalmente comparabili, dimostrano il contrario».
Cosa si ricava dai dati?
«Innanzitutto ci sono sei Paesi, nell'estremo oriente e nell'emisfero australe, che hanno rapidamente sconfitto il virus e non devono affrontare alcuna seconda ondata: sono Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Australia, Nuova Zelanda. Degli altri Paesi occidentali, che sono 22, quelli in cui è chiaramente in corso una seconda ondata sono solo dieci, fra cui l'Italia, la Francia, la Spagna e il Regno Unito (ma non la Germania). Insomma, sono più numerosi i Paesi che sono riusciti a evitare la seconda ondata di quelli che - come l'Italia - non ne sono stati capaci».
L'incapacità di contrastare l'epidemia può avere avuto un ruolo nella sconfitta di Donald Trump?
«Non conosco a sufficienza la situazione americana. Posso dirle però che le previsioni del Fondo monetario internazionale per il 2020 indicano che in oltre metà delle economie avanzate, compresi gli Stati Uniti, la riduzione del Pil non sarà drammatica (al massimo del 6%), e che - tendenzialmente - se la caveranno meglio i Paesi che sono riusciti a limitare i contagi. E gli Stati Uniti sono uno dei Paesi che più dovrebbero contenere la riduzione del Pil».
In quella sinistra di cui parla nei suoi libri gira una lettura piuttosto facilona, secondo la quale Trump è stato una parentesi. E da gennaio torneranno le vecchie parole d'ordine: il multilateralismo imperniato sui rituali delle Nazioni Unite, l'imperativo etico (e fiscale) della lotta al riscaldamento globale, la retorica dei "ponti" che soppianta quella dei "muri". Andrà davvero così? Tutto come prima?
«Difficile dirlo. Tendo a pensare che la nuova amministrazione cercherà di riportare indietro le lancette dell'orologio, ma dovrà fare i conti con il fatto che il mondo non sarà mai più quello di prima. L'effetto economico più macroscopico del Covid sarà di accelerare la corsa della Cina alla supremazia sull'occidente».
Trump è stato l'unico che ha alzato la voce contro la Cina per le responsabilità che essa ha avuto nella tragedia sanitaria globale. I nostri governanti, invece, non hanno perso occasione per ringraziare il regime di Pechino. Tutto normale o si aspettava qualcosa di diverso?
«I rapporti con la Cina sono sempre stati improntati all'ipocrisia, con Prodi come con Di Maio. In passato, in nome dell'economia, si chiudeva un occhio sui diritti umani, oggi si chiudono entrambi gli occhi sui crimini contro l'umanità».
Si riferisce a ciò che è accaduto durante la pandemia?
«Sì, io ritengo che in questa pandemia siano stati commessi diversi crimini contro l'umanità, o "crimini di pace", se preferisce. Nessuno vorrà mai punirli con una nuova Norimberga, ma ci sono stati lo stesso. Penso alla scelta cinese di non avvertire tempestivamente del pericolo il resto del mondo, ma anche al ritardo con cui i maggiori leader europei, con l'importante eccezione di Angela Merkel, hanno varato misure la cui necessità era evidente a loro stessi. È difficile fare calcoli rigorosi, ma mi sento di dire che, in Europa, le esitazioni e gli opportunismi dei leader (esempio: Emmanuel Macron che non sospende le consultazioni amministrative) hanno avuto un costo umano di molte decine di migliaia di vite».
Il tema della rappresentanza del ceto medio impoverito dalla globalizzazione, della "campagna" e della "provincia" (repubblicane, anzi trumpiane) contro le "città" (democratiche, anzi liberal), che è stato il filo conduttore delle elezioni statunitensi, si avverte anche in Europa e in Italia. Pure qui da noi ha scardinato la distinzione tra sinistra e destra? In altre parole: c'è vita, dopo Trump, per il sovranismo e i sovranisti come Salvini?
«Non vedo all'orizzonte una scomparsa del sovranismo, solo un tramonto di Salvini».
Sono passate quasi due settimane da quando lei, insieme ad altri scienziati e docenti universitari, tramite la Fondazione Hume ha lanciato un appello al governo, un decalogo per evitare la terza ondata: tamponi di massa, un sistema efficace di tracciamento, zero tolleranza sugli assembramenti... Sulla rete, un successo: oltre trentacinquemila firme. Effetti sul governo ne ha visti?
«No, la scelta del governo è stata di non rispondere. Ma è naturale: quando, come in questo periodo, i principali media hanno un occhio di riguardo per i detentori del potere, il costo politico di ignorare le richieste dei cittadini tende a zero».
Però ci chiedono di fare il cenone di Natale solo con i parenti di primo grado: fratelli e tutti gli altri esclusi. È una norma sensata? Lei si adeguerà?
«Io penso che non lo farò nemmeno con i parenti stretti, perché a Natale l'onda sarà ancora altissima. Ma lei non dovrebbe chiedermi se la norma è sensata: insensato è stato permettere l'arrivo della seconda ondata quando era possibilissimo evitarla, una volta arrivata non può che scattare il "si salvi chi può"».
Diamo pure per inevitabile la inamovibilità di Conte e della sua maggioranza. Ma cambiando alcuni personaggi non all'altezza - gli Speranza, gli Arcuri, le Azzoline, le De Micheli - avremmo avuto una storia diversa? Non le pare, insomma, che equilibri e fedeltà politici siano stati anteposti all'obbligo di difendere al meglio la pelle degli italiani?
«Oggi chiunque venga messo nei posti di comando di norma si preoccupa solo di coltivare il consenso e obbedire agli ordini di scuderia. L'unico caso in cui le cose, forse, avrebbero potuto andare meglio è quello del commissario Arcuri. Il suo, infatti, era un incarico prevalentemente tecnico, e mi è difficile pensare che un altro commissario (Bertolaso?) non avrebbe fatto qualcosa di più e di meglio, specie in materia di approvvigionamento (tamponi) e di gare (partite troppo tardi)».
Che idea si è fatto del disastro campano? La tesi della sovrapposizione di competenze la convince o qualcuno è più colpevole dell'altro?
«Lei mi chiede di scegliere fra una squadra di vanitosi incapaci (il governo) e una maschera del teatro napoletano (De Luca). Voglio solo ricordare una cosa: Calabria e Campania sono in zona rossa non a causa della iper-diffusione del virus, ma perché il loro sistema sanitario è a pezzi. Ma in entrambe le regioni la sanità è o è stata fino a pochi mesi fa commissariata dal governo centrale...».
Ormai è chiaro che il governo punta a tirare avanti limitando i danni sino all'arrivo del vaccino, la cui distribuzione dovrebbe iniziare a fine gennaio. Vede rischi in questa strategia?
«Sì, vedo rischi per noi, ovvero per la nostra salute e per la nostra economia. Perché il vaccino è la carota con cui i politici cercheranno di rassicurarci, e proprio la credenza che il vaccino sia dietro l'angolo (cosa di cui molti scienziati dubitano) rischia di farli distrarre ancora una volta, come la scorsa estate, dalle cose che dovrebbero fare, ossia i dieci punti della nostra petizione».
Nel decalogo sulla distribuzione del vaccino anti-Covid, quali "comandamenti" scriverebbe?
«Almeno uno: non vaccinateci se non sapete ancora che il vaccino è sicuro».
Alle soglie dell'estate, quando tutto questo (forse) sarà finito, che ne sarà della società signorile di massa da lei descritta nel suo ultimo libro, scritto subito prima della pandemia?
«La società signorile di massa già oggi non c'è più, o meglio sopravvive solo nell'ingenua credenza che, dopo il Covid, si possa tornare alla vita di prima. Se e quando "Coviddi" se ne sarà andato, l'Italia sarà come il governo giallo-rosso l'ha tenacemente e coerentemente plasmata: una società parassita di massa, in cui una minoranza sempre più esigua lavora e il resto della popolazione vive di trasferimenti e sussidi».