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Alberto Zangrillo a Pietro Senaldi: "Quanti scienziati dell'ultim'ora sul coronavirus. Basta terrorizzare la gente"

Pietro Senaldi
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Il professor Alberto Zangrillo, primario dell'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale e Cardio-Toraco-Vascolare dell'Istituto San Raffaele di Milano, nonché referente direzionale delle Aree Cliniche del medesimo ospedale, si trova nella scomoda posizione di dover combattere su due fronti. Su quello medico, è in prima fila in sala rianimazione, dove al momento la battaglia sta andando meglio di quanto non si creda, visto che la pressione sui reparti si è allentata negli ultimi giorni e l'ospedale sta ricoverando più malati di altre patologie che pazienti Covid. Su quello mediatico, si trova a non poter descrivere la realtà per come la vede, altrimenti saltano in piedi contro di lui politici e giornalisti che non saprebbero fare neppure una puntura a dargli lezioni di medicina. Zangrillo è diventato uno dei bersagli di coloro che vogliono chiudere tutto, perché altrimenti sarà l'Apocalisse. D'altronde, se non si riesce a convivere con il virus senza farlo esplodere, è più facile fare passare il cosiddetto «lockdown» per un destino ineluttabile piuttosto che per un fallimento organizzativo, e per nascondere le proprie colpe riuscendo comunque a restare al proprio posto e a far fare alla gente quello che si vuole, trovarsi qualcuno da attaccare per confondere le acque è sempre consigliabile. Zangrillo non è amato da molti camici bianchi e non gode di ottima stampa, ma chi ha visto il suo curriculum sa che non è solo un medico di corsia. Nell'ultimo biennio è tra i primi dieci camici bianchi al mondo quanto a pubblicazioni in tema di terapia intensiva e anestesia, ed è Pro Rettore alle Attività Cliniche presso l'Università Vita e Salute del San Raffaele.

 

 


Qual è la situazione ospedaliera attualmente?
«Pressione controllata dall'esterno, straordinaria risposta professionale all'interno».
Rischiamo una situazione simile alla primavera scorsa?
«Non credo. Stiamo affrontando il problema con metodo e l'approccio terapeutico corretto sta diffondendosi negli ospedali e sul territorio».
Come si spiegano le scene dei malati parcheggiati in ambulanza e delle code di ore per i tamponi?
«La paura è comprensibile e ha alimentato un afflusso disordinato in ogni ospedale. Quanto ai tamponi, quelli eseguiti non per tracciare ma per tranquillizzare se stessi sono inutili e pericolosi».
Il problema di questi giorni nasce dalla carenza ospedaliera o dalle insufficienti misure per evitare un nuovo dilagare del contagio?
«Il malato va seguito a domicilio dall'esordio della prima sintomatologia. Tutti devono sentirsi fondamentali nel perseguire l'obiettivo della guarigione. Chi si chiama fuori produce un grave danno al sistema sanitario».
Lei ha detto che Berlusconi a marzo sarebbe morto: perché si è salvato, cosa è cambiato?
«Nessuna pozione magica, solo tempestività in diagnosi e cura».
C'è qualcosa che non ha funzionato nei mesi estivi?
«Sars-Cov2 ha ripreso a correre in tutta Europa, non credo sia giusto continuare a parlarne come fosse un problema nazionale, poi ognuno di noi avrebbe potuto fare meglio».
L'ordine dei medici chiede una chiusura totale. Cosa ne pensa?
«Non ho elementi utili a esprimere un parere che sembrerebbe uno slogan funzionale a suggerire il titolo del suo pezzo. Il legislatore centrale è sovrano». Se avremo una nuova chiusura, quanto dovrebbe durare prima di avere dei benefici? «Non lo so, ma spero non sia necessaria».
I lockdown parziali sono stati decisi dal governo che ha detto che c'è pressione sugli ospedali: ora che i contagi calano dovremmo andare verso una lenta retromarcia? 
«Queste sono decisioni che spettano alla politica. Io posso solo dire che nei momenti di minore pressione si deve lavorare per realizzare quella risposta organizzata che aspettiamo da tempo».
Se poi si riapre senza aver fatto nulla, in un mese siamo daccapo?
«Gli italiani sono un popolo responsabile. Un'informazione puntuale e realistica sarà seguita da comportamenti virtuosi».
Tra i virologi è in corso uno scontro ideologico che ricorda la lotta politica: come mai?
«Esistono anche in medicina, come in tutti i settori, quelli che non sbagliano mai: sono coloro che stanno sul divano di casa, dietro a una telecamera e davanti a una scrivania».
La sensazione è che ci siano medici da tavolo, per lo più favorevoli alla chiusura totale e filogovernativi, e medici da corsia, meno allarmisti: sbaglio?
«Dal 22 febbraio ho tre punti di riferimento: la proprietà del mio gruppo, che mi ha dato mandato pieno nel fronteggiare la crisi, il professor Sileri, membro del governo e medico straordinario, il mio gruppo di lavoro composto di infermieri e medici unici».
La lotta politica si è impadronita del Covid?
«Io sono un clinico di terapia intensiva che lotta per guarire la gente, ma soprattutto un professore universitario. Le evidenze che ricavo dalla clinica e dalla ricerca non hanno colore politico».
Che effetto le fa salvare vite ed essere tacciato di negazionismo?
«Mi ricorda ogni giorno che la mia missione è curare al meglio anche le persone invidiose e cattive».
Che effetto le fa ricevere minacce di morte?
«Secondo lei?».
È oggetto di una campagna d'odio?
«Certa stampa, politicamente trasversale, ha gravi responsabilità: se terrorizziamo le persone, non le renderemo mai responsabili. Mio padre mi ha insegnato l'importanza della carità».
Pensa di essere attaccato anche perché è lombardo e medico di Berlusconi?
«Io e Berlusconi ci vogliamo bene e ci rispettiamo. Il nostro legame è più forte di ogni tentativo di speculazione».
Lei è oggetto di numerose critiche ma poi tutti vogliono venire a curarsi al San Raffaele: come mai?
«Il San Raffaele è un'eccellenza internazionale, un patrimonio a disposizione di tutti. Chi ci lavora deve solo preoccuparsi di dimostrare ogni giorno di meritarselo».
Le polemiche tra virologi sono inevitabili, visto che ogni medico ha le sue opinioni, o hanno travalicato i limiti?
«Guardi che Remuzzi, Gattinoni, Richeldi, Bassetti, Lorini, Ippolito e il sottoscritto non sono virologi».
C'è chi ne approfitta per farsi pubblicità?
«Sars-Cov2 ha messo in linea di produzione una serie di scienziati privi dei necessari parametri per essere definiti e riconosciuti come tali».
Ritiene di aver fatto un errore di comunicazione dicendo che il virus era clinicamente morto?
«Come mi ha insegnato Crozza, ho sbagliato nel modus ma ho detto "clinicamente non esiste più". Era il 31 maggio e ho descritto quello che accadeva allora».
È stato sorpreso dalla seconda ondata?
«Ho sperato che non arrivasse ma resto ottimista. Con l'isteria e la minaccia di non poter celebrare il Natale con i propri cari non risultiamo credibili e non otteniamo nulla».
Bassetti parla di terrorismo mediatico sul virus, che ha scatenato l'assalto agli ospedali, che così non lavorano bene: condivide?
«È indubbio che la diga sul territorio ha ceduto e che le persone sono spaventate e disorientate. Io ho fatto di tutto per raccontare la verità ma è molto più figo far credere che moriremo tutti».
Cosa dovremmo fare per evitare la terza ondata, di cui già si parla?
«Gestire bene la seconda e correggere gli errori di tutti noi».
La Lombardia non voleva la zona rossa e ora l'indice dei contagi qui sta rallentando: aveva ragione la Regione?
«Non lo so e mi interessa poco».
Siamo vicini al picco?
«Il 18 aprile dissi: "Dobbiamo imparare a convivere col virus". Dobbiamo continuare a seguire le regole per riprendere a vivere forti del sacrificio che abbiamo patito».
C'è un eccesso normativo che confonde gli italiani e i medici?
«Siamo travolti da numeri, curve e proiezioni. Poi c'è chi cura il malato. E questi vincono sempre, a prescindere».
Come mai oggi si muore di meno: ma è poi vero che si muore di meno?
«È presto per un'analisi di questo dato. Una cosa è certa: le altre malattie non aspettano che Sars-Cov2 tolga il disturbo».
È vero che siamo già al momento delle dolorose scelte tra chi curare bene e chi curare meno bene?
«Anche in emergenza, occuparsi di tutti con la cura più opportuna è un nostro dovere. Non esistono deroghe di nessun tipo a questo principio».
La seconda ondata, che coinvolge tutta Italia, dimostra che gli attacchi al sistema sanitario lombardo a primavera erano pretestuosi?
«Il sistema sanitario lombardo punta sull'azione sinergica del pubblico col privato. È ampiamente dimostrato che il privato non sottrae risorse al pubblico. Qui mi fermo perché tutto il resto è politica».
Lei ha assunto il sottosegretario Sileri: perché?
«Il professor Sileri, ha vinto un regolare concorso per professore di chirurgia presso la nostra prestigiosa Università. Sarà un bellissimo valore aggiunto per la Facoltà di Medicina, gli studenti e i nostri malati».
La critica che spesso viene fatta al Comitato Tecnico Scientifico è di essere romano-centrico e composto da medici che non hanno maturato esperienza sul fronte Covid: lei che ne pensa?
«Mantengo un rapporto di stima e amicizia con molti membri del CTS. Conosco il valore del lavoro silenzioso a supporto del legislatore. Certe inopportune grida di allarmismo estremo non provengono da lì».
Professore, come e quando usciremo dal tunnel?
«Il virus circolando interagisce con il nostro sistema immunitario che progressivamente si strutturerà per una adeguata risposta, poi c'è l'allenamento alla convivenza e arriverà il vaccino. Nel secondo semestre 2021 saremo molto più tranquilli».

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