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L'avvocato che trasforma in poesia il grigiore delle leggi e del palazzo

l'avvocato Jacopo Pensa in tribunale

In un libro di rime baciate il famoso penalista sconvolge la politica

Francesco Specchia
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“Ho abbreviato una rapina, con il Gip che c’è a Latina;/poi, con quello di Agrigento ho abbreviato un rapimento/Patteggiai col Gip di Prato un grandioso peculato/e una bella concussione con il Gip di Frosinone”. Se alle lezioni di diritto penale fossi incappato nel rito abbreviato che si sgroviglia tra ottonari e endecasillabi sciolti, be’, forse avrei fatto l’avvocato. Forse.

E oggi sarei uno dei ventimila avvocati del Foro di Milano che ogni Natale riceve, da parte di Jacopo Pensa, puntuale come un messaggio alla nazione, una deliziosa rima baciata come quella di cui sopra, incastonata nel bigliettino d’auguri. Pensa, nato nel giorno mese e anno di Torquato Tasso -11 marzo ’44- è uno dei migliori penalisti italiani, ma vive l’ossessione per i casi giudiziari e i processi con un impeto a metà tra l’Aretino e Gianni Rodari. Da qui la sua immensa produzione poetico/goliarda che fotografa la noia giudiziaria e la mestizia politica dell’anno appena lasciato alle spalle. Oggi Pensa pubblica un libro Nel paese del diritto c’è talvolta buio fitto (Le Lucerne, pp 115, euro 16), titolo che è una silloge dei suoi quarant’anni di poesiole esplosive. E che diventa un ritratto ora giudiziario, ora politico ora sociale degli ultimi quarant’anni della nostra tormentata nazione. Pensa ha vissuto con allegria -come scrive Pippo Baudo nella prefazione del libello- questo suo curioso bipolarismo. Di giorno si occupava di terrorismo, di sequestri di persona, di crac finanziari, di mani sporche e Mani Pulite; di notte convertiva il tutto in una metrica esilarante. Qualche esempio. Nel 1982 le tasse raggiungono -come oggi- livelli di guardia, i clienti faticano a pagare le parcelle e i magistrati stanno diventando sempre più scostanti, e Pensa scrive: “Ilor, socof, inps, irpéf/sembra tutta una gran beff; tre per cento, saub ed iva:/l’avvocato non ci arriva./Contributi, ritenute/una-tantum, trattenute, marche, bolli, ciceroni/ed a ruolo le iscrizioni./ Tasse tasse, spese varie, nefandezze tributarie/e cartelle esattoriali con batoste madornali”. Nell’89 entra in vigore il nuovo codice di procedura penale di impianto accusatorio; la gente non intuisce la iattura, Pensa, dantescamente, sì: “Nel mezzo del cammin della mia vita/mi ritrovai la nuova procedura/ché quella vecchia ormai era sparita/Ahi quanto a digerirla è cosa dura”. Nel ’97 si dibatte sul tema delle dichiarazioni dei pentiti e Pensa fotografa: “Una norma ha stabilito/che le accuse del pentito devon esser, bene o male /ripetute in Tribunale per lasciar che l’avvocato scopra tutto l’apparato/e, facendo controesame, vada in fondo nelle trame”.  Nel 2005 è la volta della Legge Cirielli che ti allunga la prescrizione per reati bagatellari: “Per le allodole e i fringuelli/è arrivata la Cirielli che ti toglie qualche annetto/se sei vergine o vecchietto ma ti manda dritto in cella/se a vent’anni, in camporella, allentando un poco i freni ti beccasti gli atti osceni/e a sessanta, al mercatino, hai rubato un mandarino” . E così via.

Ma la poetica di Pensa non tocca solo il diritto. Talora sfora nell’attualità politica. Per esempio, nel 2009 il principe del foro nutre humana pietas per tutte le sfighe di Berlusconi: “Per il nostro Cavaliere son giornate proprio nere/escort, gossip, lodo Alfano, la procura di Milano, dal processo nel processo, il pentito proprio adesso, i calzini colorati, i giornali assai schierati/ Anno Zero, Ballarò, la Dandini e, perché no, Fabio Fazio, Littizzetto, le spiate dentro al letto /la Noemi, la D’Addario, un assegno milionario che Veronica pretende (chi più spende meno spende)”. Eppoi ecco l’avvocato rimeggiare sui Cinque Stelle, sulla magistratura (“I Signori Magistrati sono proprio preoccupati;/han finito per sapere  quanto logora il potere”), sui casi di cronaca, su Roma Capitale (“Ecco Roma caput mundi: sembra invasa da Burgundi”), fino ad arrivare ai giorni nostri tra pandemia, economia pericolante e governo zoppo. Ma la rima che più intriga noi genitori disperati che ogni giorno temiamo di leggere la chiusura delle scuole nello sguardo della preside, sta nel ritratto della ministra dell’Istruzione: “Voglio prendere di petto la ministra col rossetto/ma com’è che l’Azzolina ha deciso una mattina che alla scuola elementare l’autoscontro devon fare? /Come fanno a stare attenti con i banchi semoventi e dotati di rotelle? /Ne vedremo delle belle! Penso ai casi di incidenti con le liti conseguenti: ‘Io venivo dalla destra e lo dico alla maestra!’”. Da oggi, dopo Piero Calamandrei, diventa l’unico avvocato ad avere cittadinanza letteraria, per amore di pandette per le rime mai interdette/per il riso che dispensa/viva Pensa viva Pensa.

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