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Coronavirus, Giorgio Palù: "Non solo vaccino. La cura negli anticorpi monoclonali, perché se ne producono così pochi?"

Alessandro Gonzato
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«Non ci libereremo del virus, ma non soccomberemo. Il virus, potendosi replicare solo all'interno delle nostre cellule, se uccide l'ospite muore anche lui. Il Covid è mutato, in Italia gira un ceppo simile a quello spagnolo, ma la mutazione della proteina "s" lo differenzia dal prototipo uscito da Wuhan. L'ha reso più contagioso ma non più virulento, sembra l'evoluzione di un virus destinato a permanere nella specie umana e che conviverà con l'ospite come successo per molti altri. L'orologio biologico del genoma dice che il Covid-19 gira da settembre. Si è adattato all'uomo. Questo virus non è Sars, non è Mers, non è vaiolo, che hanno avuto un tasso di mortalità superiore anche al 30%. Il Covid ha una letalità media dello 0,4%». Giorgio Palù è un'autorità nel campo dei virus. Professore emerito dell'Università di Padova, ex presidente della Società italiana ed europea di Virologia, ha insegnato nei dipartimenti di Neuroscienze e Tecnologia della Temple University di Philadelphia. A curriculum più di 700 pubblicazioni scientifiche e 15mila citazioni. È tra i consulenti di punta del governatore del Veneto Luca Zaia.

Professore, sta dicendo che il Covid-19 farà parte delle nostre vite?

«Ci adatteremo a lui o viceversa. Lo insegna la storia delle pandemie. Tutti i Coronavirus sono zoonotici: virus del raffreddore comparsi cento, mille anni fa o dal pipistrello o dal topolino. Si sono trasferiti dall'ospite intermedio all'uomo e ritornano ogni anno. L'H1N1, circola ancora: è ritornata nel '77. L'H3N2 pure: nel '68 ha causato un milione di morti. Sono virus stagionali, non sono più pandemici ma si presentano ancora. L'influenza, in Italia, ogni anno colpisce circa 10 milioni di persone e fa 10mila morti: ce lo siamo dimenticati?».

Qualcuno la accuserà di negazionismo.

«Se è per questo qualcuno lo ha già fatto, ma cosa vuole che le dica? Io non nego nulla: mi baso sui dati, sulla scienza, sulla storia. Il virus non va sottovalutato, è evidente, ma sono negazionista se affermo che gli studi di sieroprevalenza hanno dimostrato che nella Bergamasca si è sviluppata una certa immunità? Che lì il 45% della popolazione ha sviluppato gli anticorpi? Che nel Centro-Sud oggi l'epidemia è più diffusa perché a marzo circolava molto meno rispetto al Nord?».

È fiducioso sull'arrivo di questo benedetto vaccino?

«Certo, ma guardi: si parla tanto del vaccino, ma c'è già la cura a base di anticorpi monoclonali. Il Regeneron è una combinazione di tre monoclonali che ha curato Trump in 48 ore. Berlusconi è guarito col Remdesivir, l'eparina e il cortisone. Il problema dei monoclonali, al momento, è che non vengono prodotti in grande quantità, ma hanno dimostrato che questo virus dà l'immunità. Non è l'Hiv, sottolineiamo anche questo. Dobbiamo riprenderci il mondo: il Covid-19 è più virulento di una normale influenza, certo. Ha una letalità maggiore, ma non è minimamente paragonabile a quella provocata da altri virus. Poi voglio aggiungere un altro elemento, che spiace citare, addolora, ma è oggettivo, e io mi limito a questo».

Prego.

«L'età media dei decessi è di 81 anni, esattamente la vita media di un maschio adulto italiano. E chi muore, purtroppo, ha 2-3 comorbosità. Ripeto: non ce ne libereremo perché il virus diventerà molto probabilmente endogeno alla specie umana, avrà origine interna».

Potrà esserci una terza ondata?

«Chi lo afferma lo fa senza alcuna base. Questa è la prima pandemia generata da un Coronavirus. La Sars e la Mers sono arrivate dal pipistrello passando per il dromedario e dalla civetta delle palme e si sono affievolite rapidamente perché avevano una mortalità elevatissima, dal 10 al 36%. Nel nostro caso invece dovremmo limitarci a dire che sappiamo di non sapere, come affermava Socrate. Tutte le pandemie da virus respiratori che davano forme acute sono passate in un paio d'anni: il vaiolo, la Spagnola nel 18, l'Asiatica nel 57, nel '68 l'influenza Hong Kong, nel 2009 l'H1N1 variante suina. Comunque, dal punto di vista semantico, anche parlare di seconda ondata è scorretto, perché gli unici ad azzerare la prima sono stati i cinesi. Nel resto del mondo si può parlare di seconda fase. Per sintomi, modalità di trasmissione, morbosità e letalità questo virus assomiglia molto di più all'influenza, che ha una mitigazione estiva e una riacutizzazione autunno-invernale. Ha caratteristiche stagionali».

Dunque l'impennata dei contagi non la preoccupa?

«Non dico assolutamente questo, anche perché ultimamente la curva è cresciuta esponenzialmente. Da qualche giorno però sembra che stia leggermente deflettendo, c'è una stabilizzazione sia nei nuovi contagi che nelle terapie intensive. Non dei ricoveri però, e mi permetta di dire che la gente finisce in ospedale anche per il terrorismo che viene diffuso da certi media e pseudo esperti».

E da cosa può dipendere questa stabilizzazione?

«Dall'uso della mascherina, che è fondamentale. In troppi non la mettevano: diciamocelo. Quando mi trovavo in certe vie stracolme di gente senza il minimo di protezione mi nascondevo. Scappavo»

 

 

 

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