Roberto Speranza, l'uomo che toglie la speranza
Lo ascolti e pensi che sul Covid abbia ragione, ma poi pensi ai medici che mancano, alle app che non funzionano, ai vaccini che difettano...
Lo Speranza è sempre l’ultimo a morire. Non s’illudano i detrattori del livido Ministro della Salute: se c’è uno che non si scollerà mai dallo scranno, quello è Roberto Speranza. Bastava osservarlo l'altro giorno, in audizione alla Camera. Il volto torvo, i fogli stretti nella mano come contenessero la formula della penicillina, l’aria di chi doveva andare alla toilette e ha sbagliato porta: Speranza era lì, accidentalmente, a difendere il governo dalle critiche nella gestione pittoresca del contagio.
Speranza affermava con vis asmatica: “Le Regioni attaccano, ma i numeri sono più forti delle opinioni (ma i numeri sono ballerini come i parametri, passano di mano in mano, un po’ sfocano, nd) il contagio si sta allargando. Le misure che abbiamo preso sono dure, ne sono consapevole. Sappiamo di imporre sacrifici alla gente, ma non c'è altro modo”; “il virus non ci dà tempo, se non lo contrastiamo adeguatamente dilaga. In sole tre settimane ad ottobre siamo passati a 20mila contagiati, non possiamo avere incertezze ma muoverci con determinazione. Nessuno avendo responsabilità di governo può sottrarsi a questa necessità”; “non perdiamo tempo in polemiche. Dobbiamo solo lavorare insieme, lavorare insieme, lavorare insieme”. Cose così. E uno, di prim’achito pensa: però, quest’Amaro Lucano (è di Potenza, e non sorride dai tempi della scissione col Pd) non ha torto, inutile incazzarsi, meglio raggiungere i risultati oltre polemiche e ideologie. Poi, di secondo acchito c’è sempre qualcuno che ti ricorda che l’app Immuni si è rivelata un flop; che mancano all’appello migliaia di medici, infermieri (al punto da dover anticipare le lauree, richiamare i dottori dalla pensione e chiedere aiuto ai veterinari); che le ambulanze affollano i Pronto soccorso e si richiedono i posti letto di terapia intensiva; che stiamo ricominciando ad avere problemi col reperimento di guanti e mascherini; che alcuni ospedali mandano le ambulanze in Svizzera per reperire i vaccini antinfluenzali qui introvabili. Che l’unica idea geniale (a parte, quella sì, buona dell’abolizione del superticket) è stato l’uso della delazione per inviare la polizia nelle case delle feste private. Tu pensi a Speranza come uno serio. Ma c’è sempre chi ti rammenta che tutto questo casino, insomma, era ampiamente preventivato da marzo ma che il contenimento del virus è stato organizzato -confessiamolo- un po’ alla cazzo di cane. E che, nonostante l’ingombrate presenza del Premier faccio-tutto-io, be’, insomma anche il ministro della Salute, nonostante l’arte del sussurro, be’, diciamo che non è esente da colpe.
Ma le colpe di Speranza sono spesso sfuggenti come i suoi pensieri, opere e omissioni: di solito si disperdono nell’ambiente. D’altronde la carriera del nostro è sempre cresciuta nella penombra dei partiti. “Speranza ha l’aspetto rassicurante del tipico buon padre di famiglia ed è amato dagli italiani perché la gente pensa che sia lui a curarli. Che lo amino molto o poco, non importa” diceva di lui Nicola Piepoli al Giornale.it. Ed è vero. Speranza è un grigio che rassicura e sta bene su tutto. Ex discepolo di D’Alema, ex sodale di Bersani (lo chiamavano “il Bersanino”), il ministro delle Salute è un uomo d’apparato che sa sempre trovarsi -per strategia o botta di culo- al posto giusto. Poteva finire anche ai trasporti, all’Istruzione, alle Pari Opportunità e non ce ne saremmo accorti, né noi né lui. Ancora oggi c’è gente che pensa che il ministro della Salute sia Sileri che è un ottimo medico e che ci capisce ,o Arcuri che non è ne ottimo né medico e ci capisce meno. Speranza, classe 79, inizia la carriera entrando nel 2005 nell’esecutivo nazionale della Sinistra giovanile, movimento giovanile dei Democratici di cui diventerà presidente due anni dopo; diventa capogruppo del Pd alla Camera nel 2013; e, nell’unico atto di ribellione della sua vita, nel 2015, divenuto minoranza con Renzi maggioritario, lascia il Pd e con Arturo Scotto fonda Articolo 1-Mdp. E, a capo di un partitello di entità rionale per un imperscrutabile gioco di equilibri politici nel 2019 s’infila nel dicastero più trendy del momento. Speranza. Almeno il nome prometteva…