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L'eterno ritorno di Giancarlo Magalli, il mediano del video

Giancarlo Magalli

Quando qualcosa va male lo chiamano e lui risolve i problemi dei palinsesti. "Quando del Noce mi fece fuori"

Francesco Specchia
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Giancarlo Magalli di mestiere fa il revenant. Ritorna sempre.  

Magalli rimane una delle migliori risorse del servizio pubblico. Assicuratore mancato, compagno di classe di Mario Draghi, sposato, due figlie, geniale ideatore del quiz dei fagioli nel barattolo di vetro e di un'altra mezza dozzina di format scippatigli e devastatigli dai grandi produttori esterni, Magalli io l’ho sempre visto un martire col sorriso. Strangolato dall'esclusiva Rai, da una quarantina d’anni viene chiamato per risolvere problemi d’ascolti di programmi che star superpagate sono sul punto di far defungere. E lui, voilà, vecchia volpe («volpe», dato i voli di stracci e querele con l’Adriana omonima sua ex collega, non è un termine appropriato..) della tv li risolve e torna nello sgabuzzino. Per poi riuscirne. Prendete ora.

Caro Giancarlo, torni come voce narrante del Collegio su Raidue. Hai attraversato tutte le fasce e programmi Rai. Sei l’idraulico che mette a posto le perdite dei palinsesti. Mi sembri Gerry Scotti a Mediaset.

“Ma Gerry guadagna molto più. Comunque è vero: ho sostituito Montesano a Fantastico, la Bonnacorti a Pronto chi gioca?, la Setta a Bye Bye Baby. Ora lo farò con Costantino Della Gherardesca. La verità è ho bisogno di sfida. I fatti vostri è il mio programma, ma lo faccio da trent’anni”

Hai iniziato con Bandiera gialla. Quando la Rai rivoluzionò la radio. Che ricordo hai?

 “Anno ’64, format rubato agli inglesi. E lì io introdussi come conduttore un mio amico geniale, Gianni Boncompagni: veniva dalla Svezia dove aveva già moglie e figlia. Poi s’aggiunse l’obbligatorio “maestro programmatore”, un consulente musicale. Era Renzo Arbore. Se conti che nel pubblico giovane preso dalla strada c’erano Clemente Mimun, Roberto D’Agostino, la Bertè, Mita Medici, Renato Zero, be’ capisci la portata di quel programma. Quanto ridevamo”.

E’ vero che eri funzionario Rai con compito di talent scout? E che lanciavi talenti con budget di due lire (la Rai di oggi impari)?

“Prima facevo Giochi senza frontiere. Poi mi assegnarono alla ricerca di talenti comici per Non Stop; arruolai i giovani squattrinati che usavo nei villaggi (sì sono stato il primo animatore italiano nei villaggi, ho insegnato perfino a Fiorello). Li portai in Rai: i Gatti di Vicolo Miracoli, Beruschi, e un trio talentuoso che visionai a San Giorno a Cremano, I saraceni, nome troppo del sud. Lo cambiarono ne La Smorfia.”

Le tue battute dividono gli astati. Tra quelli che le apprezzano, e i bersagli, che non le apprezzano. Vedi Adriana Volpe…

“Lì non ero ironico, l’ho solo mandata a quel paese dopo anni di agonia in co-conduzione, ma ho pagato una multa di 10mila euro e lei mi ha querelato due volte. Le vere battute sono quelle che m’ispiravano Mario Riva, un modello per garbo, humour e pinguedine, e Raimondo Vianello”

Vianello era un tuo modello artistico?

“Assoluto. Sandra Mondaini mi chiamava ogni sera a mezzanotte per spettegolare un po’ mentre vedeva i varietà in tv. Raimondo era nell’altra stanza e vedeva solo il calcio, anche i campionati esteri. Per parlargli dovevi provare tra il primo e il secondo tempo. Poi vedevano il mio programma. Mi confessò che rideva alle mie battute. Lui, Vianello. Uno che, quando gli dicevano ‘Lei, a sua moglie, deve fare un monumento’ rispondeva: ‘Gliel’avevo fatto, ma poi lei è guarita’…”

La tua migliore soddisfazione?

“La mia commedia con Pippo Franco, Il naso fuori casa, tre mesi di repliche al Brancaccio, 1800 posti. Ma sai cosa vorrei fare ora? Un quiz. Uno. I pacchi. L’eredità. Ma niente…”

Sinceramente: credi che la Rai sia stata irriconoscente nei tuoi riguardi?

“La Rai è un ente astratto, non è Mediaset che si identifica in una persona, Silvio o Piersilvio che decidono il tuo futuro. No. In Rai ogni volta che entri c’è gente diversa. C’era un momento in cui io, la Carrà e Baudo, avevamo tutti i programmi di Raiuno. E’ bastato un nuovo direttore, Del Noce, a togliermi tutto perché gli stavo antipatico. Fa parte del gioco…”

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