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Guido Bertolaso e il coronvirus: "Gli ospedali hanno due mesi di autonomia. Ci volevano 60 milioni di tamponi, altro che Immuni"

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Guido Bertolaso vive la condizione paradossale dell'uomo di Stato che aveva ragione ma spera di non vedersela riconosciuta per intero: l'Ospedale Covid in Fiera a Milano, da lui concepito a marzo in 20 giorni grazie alle donazioni private (idem per il Covid center di Civitanova Marche), potrebbe diventare una portaerei sanitaria per tutta l'Italia e ospitare i malati delle regioni maggiormente in difficoltà. A cominciare dal Meridione, dove i posti letto scarseggiano e le nuove strutture programmate durante l'estate sono poco più che fantasmi. Quando l'ospedale in Fiera ha chiuso l'ex capo della Protezione Civile, che durante l'impresa si era anche ammalato di coronavirus, è stato attaccato fino al dileggio. E ora?

 

 

Dottor Bertolaso, si avvicina il momento della rivincita?
«Spero proprio di no, anche se numerosi colleghi mi stanno chiamando in queste ore per denunciare una condizione già complicata dal punto di vista sanitario. Gli ospedali sono sotto stress, molti medici si stanno ammalando, si va verso una situazione serissima».

L'ospedale in Fiera, tanto svalutato dal circuito mediatico di governo, è destinato ad avere un ruolo essenziale?
«Ho l'impressione che se il presidente della Regione Lombardia fosse stato l'emiliano Stefano Bonaccini quasi nessuno avrebbe aperto bocca per contestarne la funzione, anzi ci sarebbero stati grandi elogi. Quando tra maggio e giugno l'ospedale ha chiuso di fronte a una curva di contagi discendente, come altri centri Covid della Penisola, Repubblica è uscita con questo titolo: "Bertolaso e i mega-ospedali senza pazienti, l'uomo del fare ha perso il tocco magico". Altri avevano ironizzato sul fatto che, essendo stato contagiato dal Sars-Cov2, "occupavo un posto letto dei lombardi". La verità è che abbiamo costruito un ospedale gratis, senza pesare sulle tasche dei cittadini, e adesso quella realtà è a disposizione di tutti gli italiani per le necessità della seconda ondata: un Hub nazionale pronto a ricevere pazienti con elicotteri e ambulanze. Come un estintore che sta lì in caso di emergenza, una valvola di sfogo fondamentale per salvare un sacco di vite non soltanto in Lombardia».

E tuttavia manca il personale sanitario per far funzionare l'ospedale.
«La carenza di personale è un problema cronico da anni in tutta Italia. Se lei va sul sito dell'Ente Fiera Milano, può ancora ascoltare il mio appello ai medici italiani lanciato al secondo giorno di costruzione dell'ospedale. Dicevo: venite qui a Milano; ho bisogno di voi per attrezzare la struttura. Io già pensavo di predisporre una pianta organica a sé stante e che, una volta calmierata l'emergenza, potesse essere spalmata altrove. In un Paese dove certo non c'è inflazione di medici. Non serve una laurea in ingegneria o un premio Nobel per capire queste cose. Oltretutto ci sono altri due temi da considerare».

Prego.
«Numero uno. Gli ospedali italiani dovrebbero alleggerire prima possibile i loro reparti Covid e distribuire i malati per curarli meglio. Spesso ciò non avviene per ragioni economiche: il drg (Diagnosis related groups: il sistema di retribuzione degli ospedali per ogni attività di cura, ndr): riconosce 2.000 euro al giorno per ogni paziente di Covid-19. Un ospedale con 100 malati di Covid in reparto riceve dalla propria Regione, e quindi dallo Stato, 200.000 euro quotidiani. Come si può pensare che spontaneamente i vari ospedali si privino di malati di Covid per mandarli altrove?».

Numero due?
«L'intero sistema sanitario rischia di non reggere in modo omogeneo alla seconda ondata anche perché c'è un evidente squilibrio nella distribuzione dei medici provocato dalle scelte governative. A marzo, la Protezione civile ha assunto in fretta e furia medici e infermieri da dirottare verso le zone rosse del Nord; Ognuno di questi medici guadagnava 300 euro al giorno, più vitto e alloggio pagato, contro una media nazionale di 100 euro al giorno. Risultato: una fuga di personale sanitario che ha depauperato le altre Regioni, mettendo in seria difficoltà le strutture del centro-sud».

È un'accusa politica?
«Guardi, io sono un servitore dello Stato e non faccio politica. Però devo rilevare che il sistema sanitario, a voler essere ottimisti, ha un'autonomia di due mesi. Noi italiani ci siamo comportati abbastanza bene e possiamo reggere tutto, anche altre chiusure, ma se gli ospedali tornano nelle condizioni di marzo scorso, con i pochi medici e infermieri disponibili che peraltro vengono chiamati "eroi" e non percepiscono un euro in più rispetto a prima della pandemia, c'è da essere preoccupatissimi».

Di chi è la responsabilità principale?
«Premesso che sappiamo bene in quali difficoltà ci ha precipitato un virus che conosciamo ancora pochissimo, e che devono guidarci la cautela e il principio di precauzione, oggi il governo continua a incorrere nello stesso errore: sforna Dpcm sempre più restrittivi che sono un segnale di una resa di fronte all'epidemia dilagante, imponendo chiusure progressive con pesantissime conseguenze economiche sulla società».

C'erano alternative?
«Il lockdown lo facevano già i Romani e gli Ateniesi, ma perfino gli Egizi 5000 anni fa. Qui mancano le contromisure propositive! Dov' è la soluzione se mi chiudi dentro casa ma poi mi costringi a dieci ore di fila per fare un tampone? E perché ancora oggi c'è un sostanziale disallineamento tra le Asl e gli ospedali? Perché gli organici sono ancora insufficienti? Restiamo uniti ed evitiamo le polemiche sterili, sono d'accordo, ma sappiamo da tempo che i medici ospedalieri e i presìdi sul territorio erano in difficoltà; che i medici di base, quando riescono a rispondere al telefono, mandano i pazienti in ospedale ai primi sintomi. E non soltanto manca il filtro sui territori, c'è bisogno di maggiori attrezzature diagnostiche e sanitarie. Non è soltanto una questione di pianta organica».

Facciamo ancora in tempo, le terapie intensive sono quasi vuote.
«Siamo a metà ottobre, ne riparliamo il 15 dicembre. Dobbiamo fare come in Fiera e a Civitanova, creare subito dei team di pronto intervento medici e paramedici sul modello delle caserme dei Vigili del fuoco: quando il personale sarà stremato, bisognerà farlo riposare e avere dei sostituti freschi già pronti».

Alcuni virologi sostengono che il tracciamento è già quasi impossibile, la nuova piramide sommersa sembra fuori controllo.
«Invece di rincorrere il virus, bisognava subito controllare a tappeto la situazione epidemiologica con l'obiettivo di fare 60 milioni di tamponi! Ha capito bene, 60 milioni: uno per ogni italiano. Non mi si venga a dire che non si poteva fare, i tamponi e i reagenti oggi te li tirano dietro e li fabbricano almeno 50 aziende, non come in primavera quando c'era un solo modello cinese».

Abbiamo speso male i nostri soldi?
«Il governo ha largheggiato in cassa integrazione e bonus di Stato senza preoccuparsi, per fare un esempio, di comprare o requisire mezzi per il trasporto pubblico degli studenti e fare scorte di medici e infermieri di pronto intervento. A questo servono i soldi del Recovery Fund o del Mes. E a dispetto di tutti i messaggi offensivi che sto ricevendo sui social, ripeto che la app Immuni ha senso ed efficacia soltanto se diventa obbligatoria: o la utilizziamo bene, oppure tanto vale buttarla».

Dopo l'esperienza con la Regione Lombardia, si aspetta che altri presidenti di Regione la chiamino a collaborare?
«Io non mi aspetto niente. Sono un uomo libero, come sa Berlusconi che mi adorava perché ero uno dei pochi no yes man della sua cerchia. Ora sono nelle Marche a spremere le olive e fare l'olio. L'esperienza dell'Ospedale in Fiera mi ha ricordato il trattamento mediatico che ho subìto dopo il terremoto dell'Aquila nel 2009, quando guidavo la Protezione civile. Malgrado la tempestività del nostro intervento riconosciuta in un primo momento, presto siamo stati bersagliati da ogni accusa possibile, corredata con le solite foto delle carrette accanto alle macerie. Ma quella fu un'operazione di successo per tutto lo Stato italiano, siamo andati a spiegarla fino in Giappone. Poi è arrivato il terremoto nelle Marche del 2016, con un altro governo: le macerie di Amatrice sono ancora lì ma quasi nessuno le mostra in televisione. In Italia scatta sempre una sorta di accondiscendenza verso le inefficienze di alcuni e un'insopportabile reazione polemica davanti ai risultati positivi di altri».

Nel 2021 si deve eleggere il nuovo sindaco di Roma. La volta scorsa Forza Italia propose il suo nome, ma il centrodestra si divise e la candidatura sfumò. Per il dopo Raggi può ancora servire Bertolaso?
«Darei la vita per Roma, ma non ci sono le condizioni».

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