Susanna Ceccardi, vittoria possibile in Toscana: "Qui mancano gli ospedali e la sinistra parla solo di fascismo"
Una promessa è una promessa. Quando contro ogni umano pronostico, nel giugno 2016, lei, «leonessa» (o la «mosca verde», contrapposta dagli avversari, padanamente, alle «mosche bianche» del partito) Susanna Ceccardi, tuonò trionfante, affinché il paese di Cascina «potesse tornare a sorridere»; be', era una studentessa men che trentenne con l'eloquio alla Clint Eastwood. E pochi, in onestà, ci fecero affidamento.
Eppure, dopo essere stata eletta primo sindaco leghista di una roccaforte rossa immersa nel cuore antico della Toscana, Ceccardi, anno dopo anno, ha pensato bene di realizzare ogni punto del programma. I vari sgomberi di nomadi abusivi ai tempi cavallo di battaglia salviniano, certo. Ma pure pinzellacchere come il taglio delle tasse - «di tutte le tasse dall'Imu in su»-; e l'esaurimento della graduatoria degli asili; e la raccolta differenziata dei rifiuti arrivata all'80% tra le più alte in Toscana. Susanna Ceccardi, oggi, è la candidata del centrodestra per la presidenza della Toscana. Ad osservarla, pare una fragile madamina rinascimentale. Ovale botticelliano, gesti garbati, solo l'accenno di un idealismo un tantino sovranista che vagola nell'aere. In realtà, la «ragazzetta» - come la chiamavano gli avversari prima di finire asfaltati- è una ruspa imbullonata direttamente negli storici pratoni di Pontida. A girellare per Cascina non trovi nessuno, da destra a sinistra, che ne possa contestare l'operato da sindaco invincibile.
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«Diciamo che non sono sotto l'ala di Salvini (che crede in me e lo ringrazio) ma sono i cittadini di Cascina sotto la mia ala. Per me ogni parlamentare dovrebbe aver fatto nella vita il consigliere comunale o il sindaco, è un'esperienza formidabile ed essenziale», ci racconta lei, mentre passa da comizio in comizio penetrando negli anfratti, nelle viscere della sua Regione. Mentre scrivo, Ceccardi è imbucata nella sua auto guidata dal compagno (la figlia di un anno, Kinzica dal nome di un'eroina medievale, l'ha fortunatamente deposta al di fuori dal delirio elettorale); e si sta spostando, dopo Firenze, Scandicci, Pontassieve e Mugello, da Siena a Massa Carrara. Tre ore di assetto stradale sgraziato e anacronistico. «Fossero solo le strade. Il grosso problema della Toscana sono le infrastrutture. Il 37% della ferrovia non è elettrificata, il 40% ha un binario unico, per arrivare da Siena a Firenze ci voglion due ore». Le infrastrutture, per Ceccardi, sono un'ossessione. E quando soltanto citi Alviano Magra, il ponte crollato e mai ricostruito e lasciato nel limbo dei buoni propositi dal commissario Enrico Rossi, guarda caso il presidente uscente della Regione e sostenitore di Eugenio Giani, suo avversario diretto; be' ecco che alla Susanna parte l'embolo.
«Rossi è stato un governatore immobile. Ha pensato, in questi anni, a far crescere il suo movimento Articolo 21, ma gli è andata male ed è tornato all'ovile del Pd. Giani è il seguito ideale di Rossi, solo che si è inventato questa storia dei fascisti - noi - alle porte. Ma siccome qui da noi la gente sa che non ci son fascisti, a questa narrazione non ci crede più nessuno". Altro argomento che le fa rizzare i capelli striati di rosso tiziano, è la sanità. «Parlo con la gente. È un disastro. La creazione delle tre maxi Usl ha depotenziato i piccoli ospedali, li stanno facendo chiudere. Li chiamano "strutture periferiche" ma per chi vive in periferia sono essenziali. Sono stufi. Ecco perché sono contenta dei nostri sondaggi".
Pare che i sondaggi siano davvero in calo per il centrosinistra. Non possiamo, per legge, render note le volute delle forchette elettorali; ma se Ceccardi davvero vincesse, la potenza dell'evento potrebbe essere equiparata solo all'exploit di Guazzaloca che espugnò Bologna nel 1999. Ma torniamo alla fragile gentildonna. Susanna Ceccardi è una che legge Houellebecq, suona il repertorio di De Andrè al pianoforte, guarda i film con i montaggi alternati e la creatività esplosiva di Quentin Tarantino. Ha una particolare propensione per i maverick - come li chiamano in America -, per le voci fuori dal coro. Sicché, ben sapendo che con la sola platea leghista in Toscana, non andrebbe da nessuna parte, la sindaca ha imparato a spiazzare amministrando e comiziando per il popolo tutto.
Sicché Susanna pesca elettoralmente da un pubblico trasversale che va dagli imprenditori scontenti ai quartieri popolari, dalle piccole imprese ai disoccupati delle multinazionali (in Toscana perso 150mila posti di lavoro), dai cattolici decimati ai laici storici. Non so con quanta astuzia o sincerità, ma ogni tema etico viene lasciato alla porta o alla personale coscienza degli elettori. Ma se le chiedi quale sia il suo punto di forza e perché diavolo la gente dovrebbe votarla, Ceccardi è secca: «Il programma. Il mio punto di forza è il programma, noi ce l'abbiamo e gli altri no, banalmente. Alla presentazione delle liste ci hanno detto che il Pd non l'aveva consegnato perché non è previsto dalla legge elettorale. Legge che ha fatto lo stesso Pd al governo. La verità è che la sinistra non si mette d'accordo su nulla». Sicché. Chiusa la pratica del paesello, vediamo di conquistare la Regione. Una promessa è una promessa