Bruno Vespa, Porta a porta più forte del coronavirus: "Così l'epidemia ha cambiato me e l'Italia
Quest' estate Bruno Vespa ha trascorso le vacanze percorrendo quella che lui ha ribattezzato «la via crucis del Covid»: tra luglio e agosto il noto giornalista Rai è andato (verrebbe da dire porta a porta) a Codogno, al cimitero di Bergamo e in svariate ex zone rosse italiane. «Volevo conoscere queste persone, ascoltare le loro storie», ha spiegato Vespa. Che ora è pronto a ripartire: da stasera torna su Rai Uno, in seconda serata ogni martedì mercoledì e giovedì, con un'edizione di Porta a porta a prova di Covid. In tutti i sensi. Dal punto di vista contenutistico, come dicevamo, Vespa è sul pezzo come non mai: «Ho arricchito tantissimo la mia conoscenza». Certo, il tema è complesso e il nostro ne è consapevole: «Provo una certa frustrazione nel non riuscire a raccontare bene, fino in fondo, l'enormità di un evento come il Covid: quello che ha vissuto la gente, cosa ha voluto dire non abbracciare i propri cari malati, vederli sparire nel nulla. Quando vedo i negazionisti mi dispiace». L'epidemia sarà proprio il tema della prima puntata e Vespa attende al varco la categoria dei ricercatori per capire se, quando e come avremo un vaccino: dopo la prima parte, dedicata alla scuola con ospite il ministro Lucia Azzolina, si parlerà di epidemia con il ministro dell'università e della ricerca Gaetano Manfredi, con l'ad di Astra Zeneca Lorenzo Wiltum, con l'ad di Ibm Piero Di Lorenzo e con il professor Massimo Galli. «Per la prima volta avremo una voce diretta, di prima mano, che ci spiegherà a che punto sta il vaccino franco-italiano e se davvero avremo le prime dosi entro l'autunno», sottolinea soddisfatto Vespa. Il nostro promette rigore («la nostra prima regola è il controllo delle fonti») e approfondimenti ficcanti: «è chiaro che staremo addosso al governo, perché sta al governo: di questi tempi, peraltro, è uno dei mestieri più difficili del mondo. Ma marcheremo anche le opposizioni perché non si limitino a dire "no" ma ci spieghino meglio, e in modo documentato, come farebbero loro».
Insomma ce ne sarà per tutti anche perché Vespa non nasconde una certa preoccupazione per questo autunno: «Si prospetta difficile per chi non ha un reddito fisso, spero che il governo sappia spendere i soldi al meglio». Dopodiché questa edizione di Porta a Porta sarà a prova di Covid anche dal punto di vista logistico. Da stasera, il talk avrà uno studio nuovo, in alta definizione, ma soprattutto «dai tre ai quattro ospiti insieme in studio: il che ci consentirà di essere più vivaci nell'interlocuzione». Il particolare non è marginale visto che a inizio pandemia, ossia i primi di marzo, Porta a Porta era stato temporaneamente sospeso a causa della positività dell'ospite Nicola Zingaretti. In realtà il segretario del Pd e presidente della Regione Lazio era stato da Vespa tre giorni prima della conferma di contagio: un lasso temporale che, a giudizio del conduttore, era garanzia di sicurezza per tutta la troupe. La Rai però la pensava diversamente e, nonostante le rimostranze di Vespa, Porta a Porta si fermò per una settimana. All'epoca Vespa commentò: «Da soldato, sono abituato da sempre a rispettare le decisioni aziendali ma questa mi sembra pretestuosa». Da quel momento si è privilegiato il collegamento audio con gli ospiti e la resa, obiettivamente, ne ha risentito. Ma non gli ascolti. La scorsa edizione Porta a Porta ha mantenuto lo stesso share e incrementato la platea di spettatori, arrivando a 1,1 milioni. «Quasi un milione di persone ci seguono anche dopo l'una di notte», ha sottolineato con orgoglio Vespa. Alla fine, insomma, il Covid non ha avuto la meglio su Vespa.