Gemelle diverse: Malala si laurea, Greta lascia la scuola
La ragazza pakistana sconfigge i Talebani che la volevano morta, la svedese alla riconquista della ribalta
Ce l’ha fatta. Solare, determinata come un giunco d’acciaio, lieve come un soffio di limo trasportato dal vento di Islamabad, Malala Yousafazi si è laureata ad Oxford.
A sei anni dal suo Premio Nobel per la Pace e una serie di piccole grandi conquiste civili che avrebbero stroncato la pazienza d’un monaco trappista, Malala e il suo sorriso accecante hanno vinto la battaglia contro il divieto di istruzione femminile imposto dai fondamentalisti islamici del Pakistan. Chiunque di noi vorrebbe avere una figlia come Malala. In tre anni la ragazza ha rispettato la tabella di marcia prefissa: laurea in filosofia, politica ed economia, massimo dei voti, conquista gandhiana di un diritto violato. Non è stato così facile. Prima, nel 2012, Malala era stata ferita alla testa mentre saliva sull’autobus da due Talebani zelanti che non vedevano di buon occhio che la ragazza firmasse, a 11 anni, sotto pseudonimo, un blog per la Bbc dove denunciava i soprusi che toccavano le donne della valle dello Swat. Salvata nell’ospedale inglese di Birmingham, accompagnata da diuturne minacce di morte, un anno dopo, Malala riappare all’Onu, nel saio appartenuto all’ex premier pakistana, Benazir Bhutto, assassinata da Al Qaeda nel 2007. E lì annuncia la creazione di un fondo di aiuti per l’istruzione in Pakistan. Dopodiché, appunto, il Nobel. E il Parlamento europeo le conferisce il premio Sakharov per la libertà di pensiero; e la rivista Time le dedica una copertina piazzandola tra le 100 persone più influenti del mondo. Tutto questo a 16 anni; a 20 spiazza il mondo e destabilizza i fondamentalisti, restituendo alle donne la dignità perduta; oggi, a 22, si laurea. Molti vorrebbero avere una figlia come Malala Yousafazi. Molti meno una figlia come Greta Thunberg. Perché il paragone sorge spontaneo.
Proprio mentre Malala, infatti, discuteva la sua tesi davanti alla commissione di una delle più selettive università del mondo, la quasi coetanea Greta, a latitudini non troppo lontane, si arrampicava dinoccolatamente con le parole sul tema “Coronavirus” (negli ultimi mesi l’aveva, giocoforza strappata alla ribalta delle cronache); e cercava di piegare il Moloch sanitario mondiale alle esigenze del copione ambientalista. In un’intervista alla consueta Bbc Greta invitava il mondo ad “imparare la lezione del coronavirus e ad affrontare il problema del cambiamento climatico con la stessa urgenza”. La ragazza citava la non eccezionalità del Recovery Plan verde della Van Der Leyen - una cosuccia da 1000 miliardi di euro- e i movimenti del Black Lives Matter americani; e, naturalmente, cercava di riconquistarsi la scena. E il suo sguardo illivorito, la sua prosa basica che sa d’apocalisse sono subito entrati in contrasto con i bagliori del sogno di Malala. E poi, ecco sul web scattare l’inevitabile polemica: Malala la cenerentola che rischia la vita per andare a scuola contro Greta e il suo enorme apparato di marketing che decide di smetterla con la scuola perché “troppo impegnata nell’attivismo” diventato oramai il suo mestiere. Niente scuola, dice Greta. Ci vuole troppo tempo per girare il mondo attraverso conferenze e manifestazioni, senza usare i mezzi inquinanti. Magari da privatista. Dopo. Forse. Tanto i soldi non mancano (anche se, magari, mentre attraversi l’Atlantico in un lussuoso catamarano, il tempo per sfogliare un testo scolastico magari lo trovi…).
Malala e Greta, gemelle diverse, dioscuri dai destini intangibili. Entrambe scrittrici di libri, collettrici di masse, esempio per le giovani generazioni. Fino al momento della scuola, che diventa il vero discrimine. Scrivevano su Avvenire Massimo Calvi e Andrea Lavazza, circa l’abbandono di Greta: “Cambierà qualcosa per la sua credibilità come leader del movimento dei giovani e giovanissimi che scenderanno in piazza nei prossimi Venerdì per il futuro. Come la vedranno i suoi coetanei? Qualcuno comincierà a pensare che è una privilegiata?”. Più di qualcuno…