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Tony Iwobi sugli antirazzisti italiani: "Sono feroci razzisti. Mi chiamavano negro-verde solo perché leghista"

Azzurra Barbuto
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Nato in Nigeria ma bergamasco di adozione, il senatore Tony Iwobi, 63 anni, da 42 in Italia, è l'unico uomo di colore che rappresenta il popolo italiano il quale lo ha eletto e lo ama, poiché egli è uomo sobrio, pragmatico e semplice. Contrariamente a quanto si possa immaginare, il suo nome non compariva in nessuna lista di quella sinistra che si proclama ferocemente antirazzista, bensì è stata la Lega di Matteo Salvini, tacciata di avere in odio i neri, a ritenere che questo signore di buona volontà, lavoratore indefesso, cittadino modello, potesse dare un valido contributo al Paese.

Quando gli chiedi se gli abitanti della penisola siano segregazionisti e intolleranti verso chi ha pelle bruna, Iwobi sorride. Poi esordisce: «Sono stanco di sentire parlare in modo ignobile e strumentale di razzismo». E, a proposito dell'omicidio dell'afroamericano George Floyd, afferma: «L'uccisione di una persona è un reato atroce, a prescindere dalla pigmentazione. Tale crimine deve essere condannato ma non può essere trasformato in un motivo per seminare il terrore e fare altri morti. Sotto le mentite spoglie della battaglia antirazzista si stanno compiendo delitti terribili ovunque. È ora di dire basta». Il senatore ci spiega di avere avuto modo di leggere alcuni dati da lui giudicati «fortemente significativi»: «In base alle statistiche risulta che negli Stati Uniti non sono i bianchi ad ammazzare i neri né questi ultimi ad ammazzare i primi, piuttosto sono soprattutto i neri a trucidare altri individui neri».

IL CONTAGIO
Tuttavia, il timore che le proteste brutali in corso negli Usa da settimane possano essere solo l'incipit di disordini ancora più devastanti nel prossimo futuro sussiste. Ed è facile che il contagio si estenda qui, cosa che di fatto è già avvenuta, come dimostra la febbre che pure in Europa induce alla distruzione delle statue di Winston Churchill, Giulio Cesare, Indro Montanelli, sulla base di un revisionismo storico da mentecatti e asini patentati, mirante ad amputarci della parte più profonda di noi stessi: le nostre radici, il nostro passato, ciò che determina chi siamo e chi saremo. «Quale gigantesca idiozia abbattere certi monumenti!», esclama il nigeriano orobico.

«Non ho dubbi che l'obiettivo fondamentale dei manifestanti in America come in Europa sia quello di creare confusione. Essi condannano senza conoscere, ma se non conosci come puoi giudicare?», osserva Tony. E qualora gli capitasse di imbattersi nei ragazzi del movimento Black Lives Matter Italia, il senatore sa bene cosa consiglierebbe loro: «Ragionate con il vostro cervello. Conduce al fallimento la convinzione di debellare la violenza con altra violenza». Ma insomma il razzismo esiste o non esiste nel Belpaese? Secondo Iwobi, il popolo italiano non è affetto da questa malattia che diagnosticano i progressisti. «Semmai la gente è arrabbiata e delusa. Il malcontento è crescente, il disagio sociale pure. Quando gli italiani si oppongono ad altri sbarchi illegali non lo fanno perché ce l'hanno su con gli africani, o perché li considerano inferiori, ma perché essi si sentono abbandonati da un governo che sembra battersi con maggiore passione per chi deve arrivare piuttosto che per chi si trova già qui». Sotto la spinta della crisi economica innescata dal periodo di isolamento tale disperato senso di sfiducia degli italiani potrebbe diventare esplosivo.

IN GINOCCHIO
Chiamare "razzismo" gli effetti di una gestione sconsiderata del fenomeno migratorio è disonesto. «Da lustri la sinistra tira fuori fascismo e roba simile per screditare gli avversari politici e metterli in difficoltà. I progressisti incriminano di razzismo chiunque non la pensi come loro sull'immigrazione. Incluso me», commenta Tony ridendo. «Ognuno ha il sacrosanto diritto di emigrare in modo corretto, senza essere costretto ad attraversare il tunnel della morte. Andrebbe ripristinata e favorita l'immigrazione legale e non incentivata quella clandestina chiudendo un occhio, anzi due». Cosa farebbe Tony se Laura Boldrini si inginocchiasse davanti a lui poiché nero? «La ignorerei», risponde secco. E dopo un breve silenzio: «Non sono mai stato vittima di razzismo da parte dei cittadini, però nel contesto politico ho patito insulti che mi hanno fatto male. I cosiddetti "antirazzisti", quando sono stato eletto, mi chiamavano "zio Tom", o "negro da cortile", o "negro-verde", "manichin", in quanto leghista da oltre vent'anni. E tuttora lo fanno», conclude il senatore.

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