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Ilaria Capua, il coronavirus l'ha trasformata in diva da copertina. Ispirata da Greta: "Wuhan ora è bellissima"

Gianluca Veneziani
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Presto li vedremo a L'isola dei famosi, come concorrenti del Grande Fratello Vip oppure ospiti dei programmi di Barbara d'Urso (ah no, quest' ultima cosa è già successa). È vero: non ci hanno per nulla aiutato a ridurre la diffusione del contagio, ma in compenso i virologi hanno via via accresciuto la propria presenza in tv. E, se non hanno la più pallida idea di quando il virus sparirà, conoscono alla perfezione come e quanto apparire sul piccolo schermo. Lo hanno imparato talmente bene che Vip è ormai diventato acronimo di Virologi in Pandemia. Esperti nel diventare famosi durante un disastro globale. A tutta questa visibilità, peraltro immeritata considerate le loro previsioni sballate e le loro ipotesi fasulle, mancava soltanto una bella copertina su una rivista patinata. Ed eccola qua. Ieri Ilaria Capua, uno dei volti più celebri di questa emergenza, virologa e direttrice di un centro di eccellenza in Florida, figurava col suo visino sulla prima pagina di "7", inserto del Corriere della Sera, come una star di Hollywood o una diva della moda.

 

 

 

Lo sguardo sorridente e assorto, il cappello e la veste in stile coloniale, e poi all'interno la posa ultra-chic su un divanetto di vimini circondato da piante e fiori, immortalata nello scatto di un fotografo, Christopher Morris, che ha lavorato per un decennio alla Casa Bianca Tutto contribuiva alla creazione di un personaggio, un'icona, ben al di là del suo ruolo e delle sue competenze, un simbolo pop da far entrare per sempre nell'immaginario degli italiani.

DOMANDE OZIOSE
Intuivi questo progetto anche da alcune domande oziose della giornalista grazie alle quali scoprivi il privato di Ilaria Capua, e venivi a sapere che per lei «è stato fantastico poter seguire in questa convivenza mia figlia Mia che ha 15 anni, sta per compierne 16» (mmm, interessante), o ancora che la super-virologa ha una passione recondita per le presine da cucina. E in questo periodo di blocco, tra un'apparizione e l'altra in tv, ha avuto il tempo di dedicarsi all'arte del cucito, sfornando delle presine «non brutte, anche se dovevano essere tonde e invece mi sono venute quadrate, rosse da una parte, viola dall'altra, gialle, blu» (e qui l'alto contenuto giornalistico e scientifico dell'intervista sfiorava i massimi). Nonostante questo mettersi a nudo negli aspetti più frivoli di vita quotidiana, la Capua si schermiva dicendo che un po' le fa paura questa esposizione mediatica, e teme che «tutta questa grande visibilità mi si rivolga contro».

Eh già, forse per questo ha scelto di diventare la donna di copertina di una importante rivista Ma, lo ripetiamo, tutto concorreva all'edificazione di un modello di donna, alla consacrazione di un volto noto, al di là dei meriti personali e dei successi professionali. E anche a prescindere dalle sue dichiarazioni incoerenti, spesso contraddittorie, sul virus che hanno fatto dire all'infettivologo Massimo Galli: «Ilaria Capua, di sciocchezze, ne ha dette tantissime».

«IL CALDO AIUTERÀ»
La Capua, lo ricordiamo, è colei che l'11 marzo in un'intervista si diceva «convinta che il caldo ci aiuterà perché i virus di solito lo soffrono», ma già il 4 aprile tornava sui suoi passi dichiarando che ci sono «zero possibilità» che il virus scompaia con l'estate perché anche altri virus, come quello della Sars, sono scomparsi «non per il caldo, ma per il contenimento». Allo stesso modo, nell'intervista su 7, la Capua poteva permettersi affermazioni strampalate degne di nuova Greta, o di una gretina, dando la colpa della pandemia agli eccessivi traffici e alla vita nelle città, all'uomo che non rispetta l'ambiente e al nostro modello di produzione e consumo non più sostenibili. Dovremo «costruire», avverte lei, «una mappa mentale guidata da quello che Covid-19 ci ha forzato a fare. Un futuro meno di corsa, con meno macchine e meno aerei». E ancora: «Questa è una "malattia delle città", legata ai trasporti e all'ambiente: a Milano e in Lombardia non sarà mica stata colpa solo del servizio sanitario. C'è tutta una Rete intorno alle città lombarde molto attiva, con una popolazione che si muove in continuazione».

Quindi la responsabilità, secondo la Capua, è dell'accresciuta urbanizzazione e della mobilità esasperata, dei raggruppamenti di massa tipici di metropoli e aree industrializzate. E non invece, come sarebbe logico pensare, della promiscuità uomo-animale in Cina, di abitudini tribali e premoderne tipo vendere bestie selvatiche vive in mercati umidi ai limiti dell'igiene. Pensavamo che la pandemia fosse figlia di una fiera dove si vendono pipistrelli come se fossero cocomeri. E invece veniamo a sapere che tutto dipende dai trasporti esagerati in Corso Buenos Aires e dai troppi voli intercontinentali Ma la soluzione qual è, di fronte a questo scenario? Anche in tal caso la virologa ha un'intuizione molto gretina: punta cioè su un ritorno alla Natura, sognando città meravigliose in quanto private, per qualche tempo, della molesta e inquinante presenza umana. La Capua rimane quasi estasiata nel contemplare la situazione odierna di Wuhan, dove le persone escono a malapena, ma almeno l'aria e l'acqua sono tornate pulite. «Vedo quei grafici che mostrano l'area di Wuhan e li trovo bellissimi: Madre Natura si sta risvegliando, è come se si stesse stiracchiando». Ah, che bellezza. Massì, ha ragione lei: abbandoniamo palazzi e strade, lasciamo che la Natura si riprenda il suo posto, che rispunti l'erba dove c'era una città. E noi umani torniamo allo stato brado, rifugiamoci nelle grotte, magari imparando a convivere con pipistrelli e pangolini 

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