Aldo Cazzullo, l'intervista: "Coronavirus? Cara Italia, rispetta la Lombardia. Conviene"
"È la solita Italia, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, il virus ha cambiato le nostre vite ma non la nostra natura. Ho visto slanci individuali straordinari. I medici e gli infermieri certo, ma anche le cassiere dei supermercati, i carabinieri, i volontari delle ambulanze, i sacerdoti. Per una volta ci metto anche i cronisti: basta parlare male di noi stessi".
Presi singolarmente non deludiamo mai?
"Siamo un popolo di individualisti ma attaccati alla famiglia. La tenuta sociale complessiva è dovuta anche a questo. Ognuno ha capito che aveva la propria personale parte di responsabilità, per se stesso e i propri cari".
Neppure un cedimento, dopo sei settimane?
"Un po’. Gli anziani sono esasperati. C’è da capirli. La prospettiva di passare chissà quanto tempo chiusi in casa è angosciante, specie se saranno gli ultimi a essere liberati. Quanto ai più giovani, comincia a montare la preoccupazione di perdere il lavoro. C’è la consapevolezza che ci aspetta la peggiore recessione della storia".
E quanto ai difetti italici?
"C’è stata una risposta inadeguata della classe dirigente, a tutti i livelli, Stato e Regioni. Salvo solo Zaia, anche se si è mosso in condizioni meno complicate di altri. Siamo mancati come organizzazione collettiva e logistica".
Quali sono stati gli errori più grandi?
"Non ci siamo preparati all’arrivo del virus. Non abbiamo fatto scorta di mascherine e materiale sanitario, almeno per mettere in sicurezza medici e agenti. Non abbiamo predisposto un vero protocollo nazionale. Non ci sono state regole chiare e non sono stati preparati percorsi riservati per i malati di Covid: per questo molti ospedali e molte case di riposo sono diventate focolai. E poi, andava fatta la zona rossa in Val Seriana".
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Aldo Cazzullo ha un osservatorio privilegiato per raccontare la nostra Quarantena, la rubrica delle lettere del Corriere della Sera. Giornalista e narratore dell’Italia in diversi libri nei quali ha riletto tutto l’ultimo secolo, con puntate nel Risorgimento, è una delle voci più informate per parlare della guerra del nostro popolo al virus. "Per carità, le metafore belliche sono eccessive e poi la storia, come sempre, andrà scritta alla fine, e nessuno si rifugi dietro la privacy".
Ti ho sentito parlare di una nuova Caporetto però…
"Ma dopo Caporetto ci fu Vittorio Veneto; stavolta il riscatto è ancora lontano. La storia non si ripete mai, però c’è una continuità italica tra la pandemia e la disfatta del 1917. Abnegazione e spirito di sacrificio dei singoli, ma disorganizzazione dei vertici e accuse ingiuste alle truppe. Circolò pure una falsa versione dell’ordine del giorno di Cadorna, già severo di suo, con l’elenco dei reparti che si sarebbero arresi senza combattere. Le fake news c’erano ed erano usate dal potere anche allora".
La classica tecnica dello scaraicabarile?
"Sì, praticata da tutti. E’ un 8 settembre che si perpetua all’infinito, per continuare con i paralleli storici".
Dopo Caporetto Cadorna fu mandato via…
"Difficile che ci siano crisi di governo. La legislatura continuerà. Tranne la Lega e Fdi, nessuno vuol andare a votare".
Si potrebbe non votare. Si è parlato di Draghi, ora di Colao…
"Bravo, ma non credo sia interessato e abbia retropensieri di questo tipo. A me basterebbe che lo lasciassero lavorare. Spesso in Italia la politica chiama gente in gamba, da Passera ad Andrea Guerra, e poi la macina senza lasciarle fare nulla".
Cosa servirebbe in questo momento?
"L’ideale sarebbe avere una maggioranza più ampia e rappresentativa del Paese, ma dubito sia possibile perché non credo che Salvini sia in grado di restare sei mesi senza polemizzare contro il governo, né che M5S e Pd siano così generosi da fare un passo indietro per una gestione più allargata. Se saranno costretti a farlo, sarà per necessità, non per virtù. Lo spirito di fazione supera ogni cosa. Lo si vede anche nel contrasto Stato-Regioni".
La solidarietà nazionale è durata poco…
"Non c’è mai stata. Ma non c’era neppure ai tempi del mitizzato Dopoguerra, che non va confuso con il boom dei primi anni Sessanta. Basta vedere i capolavori del neorealismo, come Ladri di biciclette. Era un’Italia povera, spietata, anche faziosa: lo scontro tra Dc e Pci nella campagna elettorale del ’48 fu drammatico. Però l’egoismo era sano e c’era fiducia nel futuro".
Anche nelle istituzioni?
"Quello no, abbiamo sempre vissuto lo Stato come un nemico, e talvolta a ragione. Certo, un tempo avevamo De Gasperi ed Einaudi, oggi abbiamo una squadra di ministri dove la maggioranza non è all’altezza".
Ma davvero?
"Cosa ci fa la Azzolina all’Istruzione? La sensazione che trasmette è che per il Paese la scuola sia l’ultimo problema".
Secondo te il virus ci renderà migliori, come si sente dire in giro?
"Parlare di palingenesi è meramente consolatorio. Sono convinto che anche chi lo fa non ci crede. Resteremo gli stessi di prima. Non cattivi; egoisti. Un’attitudine che può giovare anche alla comunità, quando siamo convinti che lo studio e il lavoro possano migliorare la nostra condizione. Una fiducia che oggi manca".
Diciamo qualcosa di positivo: cosa dobbiamo fare per ripartire alla grande?
"Mi scrivono molti giovani. Sono angosciati dal futuro ma nessuno vuole sussidi o redditi di cittadinanza. Chiedono solo di lavorare".
Un altro segnale che il governo è fuori strada?
"Riaprire se non ci sono le condizioni per farlo sarebbe sbagliato. Però la gente è preoccupata perché non vede un piano di riapertura, che è poi la prospettiva di cui tutti hanno bisogno. La sfortuna ha voluto che siamo stati i primi a entrare nell’emergenza. Essere gli ultimi a uscirne però non sarebbe malasorte".
Consigli per i governanti?
"Mi piacerebbe che l’Europa e l’Italia facessero quello che fecero gli Usa dopo la grande depressione. Un grande new deal: tanti progetti, dal turismo alla cultura all’edilizia al digitale, per far tornare i ragazzi italiani dall’estero. Abbiamo formato a nostre spese intelligenze brillantissime, ora dobbiamo dare a questi talenti la possibilità di affermarsi in patria. E poi abbiamo periferie e infrastrutture da reinventare e rammendare...".
Se un giovane decidesse oggi di tornare in Italia, io dal minuto dopo inizierei a dubitare della sua intelligenza…
"Capisco. Sta a chi ci guida rendere il Paese attrattivo".
Vedi dei segnali in questa direzione? Io ho la sensazione che saremo l’unico Paese al mondo che per uscire dalla crisi alzerà le tasse anziché tagliarle…
"La proposta del Pd di penalizzare i redditi sopra gli 80mila euro lordi è delirante. Quelli non sono i ricchi; sono gli onesti. Se vuoi tassare i ricchi basta vietare agli italiani di prendere la residenza a Montecarlo".
Tu la chiami delirante, io la chiamo ideologica, mi verrebbe da dire comunista...
"Corrisponde a un’ideologia punitiva della classe media. Se vogliamo, anche questa è una forma di populismo".
Appartiene al medesimo ceppo ideologico chi, sotto sotto, si compiace perché il Covid-19 ha punito la Lombardia, che non ha voluto fermarsi e già vuole ripartire?
"Così come esiste un sentimento anti-meridionale, esiste da sempre anche un sentimento anti-settentrionale. Sono entrambi sciocchi. Tuttavia, se c’è una Regione che proprio non se lo merita, è la Lombardia, che paga il 20% delle tasse del Paese, quasi dieci volte la Sicilia. La Campania non arriva al 3%. Questo imporrebbe, se non riconoscenza, almeno rispetto. Ma non può impedirci di riconoscere che la Lombardia è stata l’epicentro della Caporetto del Covid-19 anche per gli errori dei suoi amministratori".
Sulla pandemia si sta scatenando, in Lombardia e non solo, una campagna elettorale: chi la vincerà?
"Anche se il Covid-19 gli ha tolto centralità, credo che il centrodestra vincerà le prossime elezioni. Non per la pandemia, ma perché il centrodestra non governa dal 2011, pur essendo maggioranza nel Paese. Vincerà l’alternanza".
Sarà una destra anti-europea?
"L’Europa si è comportata malissimo. I sovranisti non si sono mossi bene nel nuovo scenario, la pandemia ha sorpreso anche loro. Però ogni mossa della Ue pare dettata dalla logica di far vincere Salvini e la Meloni. La Germania sta sbagliando. Grazie alla Ue, Berlino ha realizzato in pace l’obiettivo fallito con due guerre: l’egemonia sul Vecchio Continente. Ma ora si comportano in modo poco lungimirante. Non capiscono che un’Italia a pezzi danneggia anche loro".
Il Mes è una fregatura o un’opportunità?
"Usiamo i soldi del Mes per assumere medici, comprare respiratori e rendere efficiente la sanità in tutto il Paese, anche al Sud. E anche per i test: così ripartiremo in sicurezza".
Una delle prerogative di cui questo governo si vantava quando è stato fatto era avere un buon rapporto con l’Europa. Qualcuno non l’ha detta giusta?
"Noi non siamo considerati affidabili né come popolo né come leader. Forse Draghi sarebbe l’unico a poter chiedere all’Europa di fidarsi dell’Italia e a venire creduto. Ma se la Ue non si fida di noi è anche colpa nostra: gli italiani non credono nella rappresentanza, sono incapaci di pensare che una persona possa far qualcosa nell’interesse di tutti e non di se stesso. Però, se noi per primi non crediamo ai nostri politici, come possiamo pretendere che ci credano gli altri?".
Hai schivato la domanda?
"Il Pd ha deluso. Ha fatto il governo con M5S per non mandare al potere Salvini, però non ci ha creduto mai. Tant’è che a fare il ministro ha mandato le terze linee. I veri leader non si sono voluti bruciare. Ma neppure questa destra mi convince".
Come vorresti la destra?
"Liberale, che taglia le tasse e la burocrazia e manda i delinquenti in galera. Einaudiana".
Una destra che piacerebbe alla sinistra?
"Una destra che piacerebbe a Montanelli".