De Magistris riceve la cittadinanza palestinese
Le battaglie del sindaco di Napoli, che lancia messaggi anti-Israele: "Il popolo della Palestina subisce discriminazioni"
La cittadinanza, seppur onoraria, può esistere se lo Stato che la riconosce esiste. Sembra ovvio. Trattandosi di De Magistris, l'ovvio si restringe spalancando la porta ad una rappresentazione della realtà ai limiti della patafisica: un po' come ai tempi delle inchieste di Catanzaro, fonte primigenia e spiegazione ultima della fenomenologia che circonda il primo cittadino della terza città italiana. Nel bene e nel male. Giggino ha infatti annunciato urbi et orbi d'esser diventato «cittadino onorario di Betlemme» la sera del 24 dicembre, cioè mentre tutti noi affamatori e sfruttatori di popoli nobili e indifesi eravamo ad impiastricciarci con struffoli e panettoni. Ha il debole, De Magistris, per queste cose: il terzomondismo, la «questione» palestinese, l'occupante israeliano cattivo e magari col naso adunco, i camerieri della lobby ebraica, gli schiavi degli Usa, l'ambiguità dell'Ue e via elencando i cardini dell'armamentario «culturale» tipico della sinistra, italiana ed europea, cresciuta sull'onda di una propaganda lunga almeno 40 anni. E De Magistris, si sa, a scenari del genere non riesce a resistere. Il viaggio che si dovrebbe concludere oggi (è iniziato il 22 dicembre) è avvenuto in rappresentanza dell'Anci, l'associazione dei comuni italiani. In realtà che ci andasse lui era scontato, trattandosi del sindaco che il 27 aprile scorso ha conferito la cittadinanza onoraria al presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Fu cerimonia, quella nel Maschio Angioino, che fece sfigurare - nell'immaginazione sindacale - perfino la Repubblica del 1799 dell'odiato (dai napoletani e campani in generale) Murat, dal momento che si disse che Napoli «riconosceva lo stato palestinese» quasi si trattasse di relazioni bilaterali tra soggetti-nazione definiti. Ora il gemellaggio è completo: «Sono orgoglioso di essere cittadino tra cittadini di un popolo che esiste fiero nella sua identità. Recandomi da Betlemme a Gerusalemme, ho toccato con mano la segregazione alla quale migliaia di palestinesi sono sottoposti nell'attraversare il muro e i check-point. Mi sono mescolato ai palestinesi per vedere, prima volta nella mia vita, la discriminazione che qui viene reiterata da troppi anni. Il muro, insieme agli insediamenti di coloni che interrompono ogni possibile continuità territoriale tra le città palestinesi, sono il fallimento di tutta la comunità internazionale» ha scritto su Facebook il sindaco, ricalcando anni di articoli della stampa mainstream, soprattutto di quella italiana. Ma è ciò che ha dichiarato in un'intervista all'agenzia Nena che colpisce: «Il Mediterraneo non dev'essere intriso più di sangue come è avvenuto con Lampedusa» ha detto, tra mille altre cose. Come si combinino due storie diametralmente opposte lo capiranno, forse, soltanto gli amici di De Magistris di Freedom Flotilla, la nave che voleva aggirare l'embargo di Gaza, finanziata anche con una pubblica colletta in consiglio comunale. Ovviamente, nei discorsi non c'è traccia della gente squartata dalle bombe nei bus e nei bar dai kamikaze, dei razzi che piovono ogni ora sulle cittadine israeliane colpendo a casaccio, che i territori sono ancora occupati e che il muro esiste soprattutto per queste ragioni. Ma non c'è problema: Camp David, Oslo, Dayton ed altri sbiadiranno al confronto: «Noi a Napoli crediamo ad una diplomazia autonoma (sic!, ndr)- ha detto ancora a Nena - che parta dal basso ed aggiri le trattative degli stati. La pace deve venire dalla gente e non dai governi». Ecco, qualcuno ricordi all'ex pm che se davvero andasse a finire così, cioè lasciando al «popolo» il compito di pacificare l'area, ci troveremmo dinanzi ad un oceano di sangue. Nel battimani generale, per giunta. di Peppe Rinaldi