Il baffo è fuori moda ma minaccia di tornare
Il gatto si lecca i baffi da sempre, l' uomo con la peluria sotto il naso ha giocato spesso negli anni elevandola a segno di virilità. I folti baffoni da tricheco o i sottilissimi a penna, all' insù o collegati alle basette, in Russia sono stati più volte una questione politica: da Pietro il Grande («sono una forma di civiltà, la barba invece è da barbari», tanto che la proibì con una tassa) a Stalin che dopo un look giovanile alla James Dean, passò al baffo totale, già inaugurato dal filosofo Nietzsche, che suggeriva la ribellione. Il rivoluzionario sovietico lo trasformò nel simbolo dell' autoritarismo più spietato. Si dice che fosse estremamente orgoglioso del suo baffo, lo vedeva come un mezzo per distinguersi dalle altre figure chiave del comunismo, come i barbuti Lenin, Marx ed Engels. Non solo. Pare che Stalin fece fucilare alcuni pittori che, nel dipingere il suo ritratto sulla tela, non avevano tratteggiato bene gli amati baffi. Diventati la rappresentazione del male anche sulla bocca di Hitler e Saddam; tratto distintivo di molti uomini (Ghandi e Einstein), cifra estetica di personalità della politica di una certa sinistra come Achille Occhetto e Massimo D' Alema. DA CHAPLIN A DALì Di baffetti che hanno contribuito a rendere iconiche alcune celebrità è piena la storia: da quelli a spazzola di Charlie Chaplin a quelli all' insù verso l' infinito di Salvador Dalì, dagli chevron (a V rovesciata) di Tom Selleck in Magnum P.I agli eleganti e "scatena ormoni" di Clarke Gable. Senza dimenticare i baffetti di Peter Sellers, l' ispettore Clouseau della Pantera rosa, o i pieni e folti di Giovannino Guareschi, l' autore di don Camillo, che li definiva «la miglior scelta possibile». Fino al modello a ferro di cavallo di Ciccio Ingrassia esibiti negli anni '70. Il periodo segnato da Woodstock, dal festival di musica e danza degli hippy che si svolse nell' agosto del 1969 a Bethel, piccola città rurale nello stato di New York, con uomini e donne nudi abbracciati, i capelli lunghi al vento, baffi e peli in vista, che ha rivoluzionato gli usi e i costumi del mondo. Ognuno prese ciò che più gli piaceva. In Occidente molti ripresero a sfoggiare il tappetino sopralabiale, progressivamente decaduto dopo le prime decadi del '900 con lo sviluppo dell' industria della rasatura che vantava il baffo come martire illustre. Era il momento dei figli dei fiori con i pantaloni a zampa, le camicie a fiori, i baffi e basettoni alla Ringo Star. Uno psichedelico eccesso tricotico che dimostra come all' epoca il look "a pieno pelo" fosse assai diffuso. Un fenomeno che diventò trasversale: dal cantante di successo al panettiere, dal brigatista al brigadiere. Tutti convinti di essere degli infaticabili amatori, passionali stalloni, maschi alpha perché dotati di poderosi mustacchi. Del resto la stessa scienza insegna che irsutismo e testosterone vanno a braccetto. Ne sapeva qualcosa Mark Shannon alias Manlio Cerosimo, la prima vera star del porno made in Italy. L' attore romano debuttò nel suo primo film a luci rosse nel 1978 (Sesso nero di Joe D' Amato) con un florido baffone per omaggiare (o sfidare) lo statunitense Harry Reems, altro mostro sacro del cinema hard che aveva cominciato a girare pellicole senza veli nel '72. CORSI E RICORSI Negli anni '90 i baffetti entrano in crisi. La barbetta sexy appena accennata di Mickey Rourke in 9 settimane e ½ (film uscito nel 1986) diventa moda, senza se e senza ma. Nel frattempo il movimento LGBT rivendicava maggiori diritti e così fece uscire allo scoperto personaggi del jet set internazionale per dichiarare il loro orientamento sessuale. Tra i più celebri coming out dell' epoca si ricordano quelli di Prince e George Michael. E anche se Freddie Mercury non volle mai esporsi pubblicamente, divenne suo malgrado icona della riscossa gender (i baffi stavano al carismatico leader dei Queen come Instagram sta a Chiara Ferragni). La comunità gay si impossessò dei baffi, diventarono una sorta di totem omosessuale. Mentre "l' uomo che non deve chiedere mai" riprese il rasoio. Era il momento dell' etero dal look glabro. Una tendenza che il "sesso forte" potrebbe inconsciamente aver preso al volo come una riscossa di genere. Da allora i baffi sono rimasti sotto il naso di pochi affezionati, come Maurizio Costanzo: «Mi fanno compagnia, me li tocco spesso, senza, mi sentirei nudo». Chi quando li toglie scatena la rabbia dei fan. Francesco Gabbani infatti qualche tempo fa ha dovuto spiegare ai suoi ammiratori di essere stato costretto a rasarli dopo averne tagliato per sbaglio una parte: «Ma non vi preoccupate ricresceranno, è solo questione di tempo». ROVAZZI e I FAN E chi come Fabio Rovazzi reputa i baffetti un segno distintivo e un portafortuna: «Senza, sembrerei un quindicenne. I fan mi imitano, inviano foto e mi scrivono "guarda come ti somiglio"; hanno creato persino il profilo "robaffi" su Instagram. Il mio successo lo devo in parte ai miei baffetti, non si sa come ma senza fare nulla mi hanno dato una grande mano». Il baffo dunque non è più una scelta politica. È dettato dal momento. Brad Pitt se l' è fatto crescere stile "domatore di circo" subito dopo essersi separato da Angelina Jolie, Daniel Craig alla "siciliana" nel 2016 durante una pausa dalle riprese di James Bond. Anche George Clooney ogni tanto lo sfoggia. Per gli esperti, è l' ora della barba. Non lunga e disordinata alla Fidel Castro, per carità, ma corta e ben curata. Oppure appena accennata come quella di Leonardo Di Caprio in C' era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino. Mix perfetto di sex appeal ed eleganza. Ma le mode si sa seguono corsi e ricorsi storici, quindi statene certi i baffi ricresceranno più folti che mai. di Daniela Mastromattei