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La Idem si è dimessa. Gaffe, furbate e spacconate, così si è auto-affondata

Josefa Idem

Epilogo inevitabile: Josefa non ha mai dato spiegazioni arrivando a dire "esigo che mi si creda". E alla fine pure Letta si è spazientito...

Giulio Bucchi
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Le dimissioni «spintanee», chieste ed ottenute dal premier Enrico Letta, alla ormai ex ministra Josefa Idem stanno come un vestito nuovo per il motivo che segue. Perché la Idem ha fatto tutto - ma proprio tutto - per renderle inevitabili, e le disavventure fiscal-sportive che sono all'origine della questione c'entrano persino fino ad un certo punto. Le vicende dei mancati pagamenti Ici, della casa che diventa anche palestra non si sa quanto privata e dell'assunzione chez il consorte onde percepire i relativi contributi dal Comune sono e restano fatti gravi, ci mancherebbe. Eppure, in un Paese come l'Italia, dove l'opinione pubblica (specie se in ballo ci sono questioni fiscali) non brilla esattamente di rigore calvinista, difficilmente avrebbero configurato peccato mortale. Senza contare che a vantaggio tattico  della Idem giocavano anche altri fattori: l'essere donna, esponente con tanto di pedigree della leggendaria società civile, volto nuovo in un governo zeppo di politici di professione, eroina dello sport. Insomma, a giocarsela in maniera minimamente assennata, l'ex olimpionica un modo per uscirne con qualche osso intero l'avrebbe potuto agevolmente trovare. E invece. Invece la Idem - sia stata l'inesperienza, l'insipienza, l'indole o vai a sapere cosa - è parsa volere fare quanto in proprio potere per rendersi indifendibile. Quasi a voler riassumere in sé i peggiori difetti propri della natia Germania e della adottiva Italia, la ex ministra si è prodotta in una impressionante dimostrazione congiunta di spocchia e furbizia. E l'italiano, che pure la forza di perdonare le magagne l'avrebbe forse anche trovata, si conferma animale a misericordia zero nei confronti di chi cerca di nascondere le magagne sotto il velo dell'ipocrisia e dell'arroganza. A fregare la Idem è stata la conferenza stampa con avvocato al seguito per dire che non bisognava romperle le scatole con l'Ici perché lei aveva tanto da fare ad allenarsi per vincere le medaglie («E voi esultavate»); a fregare la Idem sono state le arrampicate sugli specchi per sostenere che la palestra prima non c'era e poi c'era, prima era privata e poi era aperta al pubblico, prima era solo per i suoi allenamenti e poi era anche per gli altri che però la usavano per fare «vita sociale»; a fregare la Idem è stata la supponenza con cui autocertificava non tanto la propria innocenza (che pure già sarebbe stato tantino) quanto la propria non questionabilità totale, al punto da proferire quell'«esigo che mi si creda» che sarebbe stato difficile da mandare giù anche lo avesse detto la Bocca della verità in persona; a fregare la Idem è stato il vittimismo pavloviano (resistito fin nell'ultimo, lunare comunicato di ieri sera con l'annuncio delle dimissioni) in forza del quale invece che rispondere delle accuse ci si lagna dei «pesanti attacchi» e della «campagna mediatica» in atto. Ora, se a comportarsi come l'ultimo satrapetto della casta è uno che della casta medesima è membro a pieno titolo, ciò all'elettore potrà fare rabbia finché si vuole, ma resterà pur sempre nell'ordine delle cose: le pere seguitano a cadere vicino al pero e le grandi certezze della vita moderna (punto primo: i politici fanno tutti schifo senza distinzione alcuna) non subiscono scossoni. Se invece a farlo è la punta di diamante della società civile, della riscossa popolare e dei veri valori dello sport allora la cosa cambia. E cambia radicalmente in peggio, dato che il solo e unico motivo per cui là fuori è pieno di contribuenti felici di pagare lo stipendio alla Idem e a quelli come lei è che la Idem e quelli come lei incarnano la negazione esistenziale del politico. E se chi si presenta come l'antipode della casta finisce per dimostrarsi uguale in tutto e per tutto alla casta, allora anche il più acceso degli ultrà del rinnovamento inizia a farsi venire il dubbio che, tra l'originale e la brutta copia, quasi quasi valga la pena di tenersi l'originale.  Gratta gratta, la vicenda Idem questo alla fine dimostra: che la tanto decantata alterità antropologica tra società civile e casta alla fine è molto meno concreta di quanto si porti pensare. Gente e lorsignori tanto diversi tra loro non sono e, come del resto tende ad avvenire a chiunque abbia la sciagura di appartenere alla razza umana, sono portatori delle stesse miserie, appena diverse nella forma ma così uguali nella sostanza. Se si capirà questo, allora forse il sacrificio politico della signora «ma io ho vinto le medaglie» non sarà stato del tutto inutile. di Marco Gorra

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