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Concita sfottele finte bionde di destraMa lei di che tinta è?

Su Repubblica l'ex direttrice de L'Unità si produce in una lunga offesa delle sostenitrici del Cavaliere. Ma farebbe meglio a pensare ai suoi, di capelli

Matteo Legnani
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di Maria Giovanna Maglie Di quello che scriviamo importa poco,  un articolo è solo un articolo, anche se lo chiamano nientemeno che “il racconto”; dovrebbe farsene una ragione pure Concita De Gregorio, ma fa fatica. Un po' perché col rientro forzato  alla casa madre, dopo la defenestrazione dal posto di direttore creativo e veltroniano de L'Unità, c'è  meno da svolazzare, un po' perché lei è fatta così, «un po' stronza», come si è definita da sé in una trasmissione di un'altra simpaticona, Victoria Cabello.  Sono ragazze di sinistra e se la tirano giustamente. Sono cresciute alla grande scuola del “io faccio quel che mi pare e intanto vi castigo”, del Verbo della Repubblica di piazza Indipendenza, e pazienza se adesso si è finiti a largo Fochetti. Però a spiegare il livore del “racconto” pubblicato ieri sulla presentazione a Roma del libro di Bruno Vespa, protagonista e ospite Silvio Berlusconi, serve forse considerare che per Concita il Cav dovrebbe essere proprio sparito, scomparso, eliminato, travolto dal nuovo che avanza. Riascoltare per credere sul provvidenziale youtube l'intervista che l'indispensabile Fabio Fazio le fece sulla obiettiva tv di stato poco più di un anno fa, casualmente in concomitanza dell'uscita di un suo libro con l'insediamento del governo Monti. Concita era in grigio perla, tacco sostenuto anche se non lo stivale sado maso o il tacco dodici che in altre pubbliche occasioni ostenta, il capello vaporoso e leggermente meno arricchito delle meches chiarissime che di solito porta con piglio disinvolto. Amazzone style, potrebbe commentare l'ingenuo o l'imprudente. Eh no, c'è tacco dodici e tacco dodici, c'è chioma ossigenata e chioma ossigenata. A Largo Fochetti si può senza intaccare minimamente l'altissimo livello intellettuale delle signore rigorosamente di sinistra e radical chic. Consentito con qualche sopracciò anche alle fanciulle del Pd, vedi la pasionaria di Bersani, Chiara Geloni, che però amazzone non è, Dio ne scampi.  Si autorizza da quelle parti anche qualche punturina e perfino le labbra a canotto o lo zigomo in esplosione, perché volti tumefatti come quelli orribili del fu governo del Cav, cito ancora dall'intervista a Fazio, non sono imitabili. Avanti così verso un futuro senza rughe perché splende il sol dell'avvenire  anche la sera a Otto e mezzo.  Loro, quelli di Largo Fochetti, vivono in quartieri di etnie mescolate armoniosamente, (cito ancora da una serata tv su la 7, conduttore Luca Telese, presente immeritatamente anche la sottoscritta), frequentano scuole e organizzano feste nelle quali si studiano menu deliziosi perché politically correct, niente maiale naturalmente, e le mamme che portano il velo lo fanno perché lo hanno sempre e solo liberamente scelto. Dev'essere per questa incrollabile ragione che quando, cioè spesso, qualcuna di queste donne felici di andare a volto coperto viene massacrata dal marito o dal padre o dal fratello da quelle parti non se ne occupano, deturpa il quadretto. Non si interrompe un'emozione. Naturalmente Concita è libera di scrivere quel che vuole e di essere apprezzata per quello che scrive.  Se il Cav le fa l'effetto che fa l'aglio e la croce al vampiro non è certo una novità per chi conosca la storia del giornalismo comunista patrio per il quale il Cav ha preso il posto di Bettino nell'odio fazioso. Tuttavia un po' di pudore a volte viene richiesto anche a chi di solito gode di licenza di uccidere. È successo questa volta, non infinite altre e magari peggiori  volte. Scrive Concita di  «Una distesa di chiome bionde ad ogni gradazione di ossigeno, dal platino al miele, impegnate nella lunga attesa della Sua apparizione a carezzarsi vicendevolmente i capelli freschi di piastra». Sono Micaela Biancofiore e Laura Ravetto, Alessandra Mussolini e Stefania Prestigiacomo, Annagrazia Calabria. C'è anche Rosi Mauro, che è una moracciona, ma a Conchita serve citarla  lo stesso come simbolo della subalternità erotica e pilifera delle donne di destra. Scrive ancora: «Tra il pubblico anziani calvi con un residuo di caschetto bianco sulle spalle, vecchie fulve, giovani in pantacollant di similpelle».  Non era il suo Scalfari l'anziano col caschetto bianco sulle spalle, se n'è assicurata prima.  Nemeno la chioma fulva era quella della sua nota collega.  «Oggi ho letto un pezzo di raro maschilismo scritto da una donna» ha twittato l'editorialista del Corriere della Sera, Antonio Polito. Troppo giusto, Antonio, lui sa di che parla, ci ha soggiornato a lungo a piazza Indipendenza e le sue ragazze le conosce bene. Solo che non è una notizia, è la norma: di là raffinate intellettuali, di qua irredimibili puttane. Tutte.

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