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Fini sfotte i colonnelli"Senza di me sono persi"

Il presidente della Camera sui suoi ex compagni di An: "Chiamati così perchè han sempre bisogno di un generale"

Matteo Legnani
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  "Colonnelli" e "luogotenenti" che corrono da un vertice all'altro, da un ufficio di presidenza all'altro. E che poi se ne vanno con un nulla di fatto, in attesa del prossimo incontro col Cavaliere. Il Popolo delle libertà di oggi è questo e la prova si è avuta anche oggi, quando tre ore di colloqui a Palazzo Grazioli non sono bastati a sciogliere i nodi che bloccano il partito ormai da settimane: primarie, sostegno a Monti, election day, ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi. Il vertice, l'ennesimo, è stato riaggiornato a domani. Dall'altra parte (Pd e sinistri assortiti) godono: Pier Luigi Bersani, ieri, ha addirittura sparato che non vede l'ora di sfidare Berlusconi alle politiche. Lui che solo all'ultima tornata elettorale fa avrebbe potuto sperare, nel migliore dei casi, in una onorevole sconfitta. Ma lui, almeno, ha dalla sua un paio di milioni di voti raccolti alle primarie. Poi c'è chi parla anche senza averne i numeri: come il presidente della Camera Gianfranco Fini, il cui partito (il Fli, per chi non lo ricordasse) non prenderebbe, oggi, nemmeno il 3% delle preferenze. Il transfuga dal Pdl, qualche tempo fa, ha teso l'esca al segretario Alfano, sperando in una rottura col Cavaliere. Oggi che quella rottura non si è consumata (il segretario azzurro Alfano lo ha completamente ignorato), Fini spara a zero sui suoi ex compagni di partito, i cosiddetti 'colonnelli di An' (La Russa e Gasparri sopra tutti): “Non personalizzo mai - ha detto, il presidente della Camera rispondendo a una domanda dei giornalisti - ma si tratta di percorsi politici diversi. Ci sono state questioni che ci hanno diviso e ci sono questioni che attualmente ci dividono. I colonnelli sono tali perchè han sempre bisogno di un generale”. Poi Fini ha confermato di volersi ricandidare come deputato, senza sbilanciarsi sulle scelte future del suo 'nemico' Berlusconi ("E' imprevedibile"), prima di affondare il colpo sul suo ex partito (quello che lo ha messo lì dove è stato seduto negli ultimi quattro anni e mezzo): "Credo che il Pdl si dovrebbe chiedere per quale motivo ha perso metà del consenso che aveva”.  

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