Scajola si difende: "Sono stato due volte in Brasile per lanciare le nostre aziende"
di Roberta Catania Claudio Scajola ancora una volta nel mirino della magistratura. Da Perugia a Napoli. Da quando, due anni fa, i pm umbri gli contestarono (senza indagarlo) il modo in cui divenne proprietario della casa al Colosseo, a oggi, che i magistrati partenopei lo legano a una missione di sistema in Brasile che secondo loro sarebbe andata oltre l'impegno dell'ex ministro di far avere commesse ad aziende italiane. Onorevole Scajola, lei è indagato per corruzione internazionale in riferimento ad un suo presunto tentativo di mediazione in un affare sulle forniture Finmeccanica in Brasile. «Non ho capito che cosa vogliano da me». Nel dettaglio, quale episodio le contestano? Ha letto l'avviso di conclusione indagini? «Me l'hanno appena notificato, ma non l'ho capito. Nel mio avviso di garanzia ci sono solo lettere e non si entra nel merito delle contestazioni. Ecco perché chiedo ai pubblici ministeri di interrogarmi il prima possibile. Vorrei mi fosse spiegato che cosa li induce a sospettare di un mio illecito. Le mie missioni all'estero sono state tutte trasferte alla luce del sole. Si tratta di incontri politici, meeting pubblici, con tanto di delegazioni al seguito. Durante queste missioni mi sono dato da fare affinché le aziende italiane avessero importanti commesse e riuscissero a fronteggiare la concorrenza dei tedeschi e degli Stati Uniti». Pare che le sia contestato proprio un viaggio in Brasile e una fornitura di navi. Che cosa si ricorda di quelle missioni? «Mi pare di essere stato in Brasile due volte. La prima nel 2006, quando ero ministro delle Attività Produttive. Allora si chiamava così. Con me credo ci fosse anche Luca Cordero di Montezemolo. Un secondo viaggio ci fu nel 2008 o 2009, quando tornammo al governo dopo due anni all'opposizione. Come ministro dello Sviluppo Economico andai di nuovo in Sudamerica per sponsorizzare le nostre aziende e un'altra volta venne il presidente Lula in Italia». E Nicolucci? Colui che i pm indicano come suo addetto stampa, ma che probabilmente è Massimo Nicolucci, parlamentare campano del PdL, l'ha mai accompagnata in Brasile? «In uno di questi viaggi c'era anche lui. Non saprei dire se nel 2006 o nel 2009, ma basta fare una ricerca in agenda per scoprirlo. Forse perfino su Internet. Furono tutti incontri pubblici, quindi se ne trova traccia ovunque». Secondo lei, quale episodio specifico potrebbe essere oggetto di contestazione da parte dei pm di Napoli? «Non ne ho idea. Io ho sempre cercato di aiutare le aziende italiane. Ho creato dei presupposti, se così si può dire. Poi, come le aziende abbiano concluso i contratti, non lo so. A quella fase non ho mai partecipato né mi sono mai informato dei particolari che andassero oltre gli esiti». Pensa che ci sia accanimento da parte delle procure nei suoi confronti? «Non lo voglio credere. Però voglio chiarire qualunque aspetto mi sia addebitato, questo sì, perciò mi sono messo a disposizione della magistratura». Anche i vertici di Finmeccanica stanno tremando. Giuseppe Orsi, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, è indagato. Difficilmente sarà riconfermato. Secondo lei c'è il rischio che Finmeccanica si indebolisca e finisca in mani straniere? «Io sono rispettoso di tutte le istituzioni e della magistratura. Mi sono dimesso da ministro (nel 2010, per lo scandalo della casa al Colosseo, ndr) ed è stato visto come un'ammissione di colpevolezza anzichè un atto di rispetto. Io credo che un avviso di garanzia meriti un approfondimento. Per questo chiedo di essere ascoltato». Non ha risposto alla domanda. Crede che Finmeccanica, di questo passo, rischi di finire in mani straniere? «Finmeccanica fa gola a molti. Già due mesi fa ho dichiarato di essere contrario all'opportunità che Ansaldo Energia finisca nelle mani della Germania. Finmeccanica è già crollata in borsa. E non fa piacere».