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Mughini: la Melandri si piazza al Maxxi e apre il museo dei riciclati

L'ex ministro non rinuncia alla poltrona: è l'ennesimo prodotto dell'industria della Casta che fuori dal Parlamento si ricolloca a spese nostre

Giulio Bucchi
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  di Giampiero Mughini  Nella vita di tutti noi c'è un momento in cui una storia professionale finisce. Quando un segmento del proprio destino si interrompe e da domani devi trovarti una nuova identità e un nuovo perché al fare di tutti i giorni. Per dire della mia esperienza personale, mi ricordo di un amico di famiglia (di mia madre e mio) che di mestiere faceva il funzionario di banca e che era arrivato alla soglia pensionistica e che per alcune settimane non andò in banca dove lo aspettava la lettera che lo congedava per sempre dal lavoro che aveva fatto per quarant'anni. Più o meno succede a tutti noi. Com'è che nel caso dei politici, voglio dire di chi ha fatto la politica a tempo pieno e ne ha avuto un reddito e un ruolo e un riconoscimento pubblico, e quel ruolo e quel tempo finisce, la faccenda si aggravi e si drammatizzi a tal punto? Perché diventa talmente straziante che i miei amici Walter Veltroni e Fabrizio Cicchitto, ma anche Massimo D'Alema e Giovanna Melandri siano arrivati alla possibile stazione di arrivo di un loro lungo viaggio? E non perché io ritenga che qualcuno di loro vada «rottamato», tutto al contrario: io penso forte e chiaro che Cicchitto e Veltroni e D'Alema siano il meglio di una classe politica italiana odierna che dire di serie B è farle un gran complimento. Leggi l'articolo integrale di Giampiero Mughini su Libero in edicola oggi, mercoledì 24 ottobre  

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