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Fernando De Filippi, da Brera alla Cina

Fernando De Filippi, ex direttore dell'Accademia di Brera

L'artista italiano, per anni direttore della prestigiosa Accademia, arriva con una personale al Contemporary Art Museum di Zhengzhou Henan

Giulio Bucchi
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Si è aperta  al Contemporary  Art Museum – Zhengzhou Henan, in Cina, una mostra dedicata all'artista Fernando De Filippi, dal titolo Arbor Solis. Mostra degna e colta che porta così il nome di questo illustre artista italiano nel mondo, visto che Fernando De Filippi è stato per decenni direttore della nobile Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, la più importante Scuola artistica del mondo. E' nato a Lecce nel 1940. A 11 anni è stato ammesso ai corsi di pittura della Scuola Media annessa al locale Istituto d'Arte, dove vive sin da giovanissimo l'esperienza della bottega. Dopo aver conseguito il diploma di Maestro d'Arte,nel settembre del 1959 si trasferisce in un primo tempo a Parigi stabilendosi poi definitivamente a Milano, dove si iscrive all'Accademia di Belle Arti diplomandosi nel 1964. Prima docente di Scenografia, poi dal 1991 al 2009 è Direttore dell'Accademia di Brera. Dall'ottobre 2009 è Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Verona. Ha esposto con mostre personali dal 1958 in Italia e all'estero in prestigiosissime gallerie e Musei e ha partecipato a ben sette Biennali D'Arte. Del suo lavoro hanno scritto illustri critici. Nel 2010 ha vinto il Premio delle Arti Premio della Cultura, XXIII edizione, al Circolo della Stampa di Milano. Adesso nella prestigiosa mostra  in Cina l'artista presenta 56 disegni di grande formato realizzati con inchiostri di china su carta di riso nei quali affronta il tema dell'albero del mondo, l'albero nei suoi significati reconditi, nei suoi richiami al senso e alle responsabilità dell'arte. L'albero come “immagine del mondo”, che con le sue radici, il suo tronco e i suoi rami, occupa dall'alto in basso l'intero spazio cosmico, del quale attraversa e mette in relazione i tre piani: Cielo, Terra e Inferi; e l'Albero della Croce, con le sue infinite coniugazioni e derivazioni. E ancora: gli alberi alchemici (l'"albero metallico" e l'"albero cavo", simbolo dell'atanor), gli alberi della mistica (ebraica, indiana, islamica), l'Albero di Jesse, l'"albero araldico  etc. Nell'unità dell'elemento biologico, nella complessità articolata delle sue parti, nella sapiente organicità di questa complessità, nell'armonia dei suoi ritmi interni, l'albero rappresenta il cosmo che si evolve e si perpetua, la manifestazione archetipica di una “potenza ” che si amplia in senso regolare, dove la verticalità suggerita dal tronco crea un collegamento fra i regni del cielo e della terra dell'alto e del basso, del maschile e del femminile  e  immagine di unione degli opposti e di equilibrio vitale. L'albero occupa da sempre un posto centrale nella simbologia tradizionale, nel pensiero religioso e nell'immaginario dei poeti, ed è un motivo essenziale dell'iconografia universale, dall'Albero della Vita" - simbolo sia della potenza vegetativa del cosmo sia della morte e della resurrezione, all'Albero del Bene e del Male", legato al serpente e generatore del "frutto proibito". Le radici che affondano nel terreno ed i rami che si innalzano verso il cielo creano una relazione fra il mondo sotterraneo e quello superiore, il tronco nella sua solidità è rappresentazione di potere e di centratura, la caduta delle foglie e la rinascita delle gemme di differenziazione e susseguente ritorno all'unità, della ciclicità dei ritmi naturali di una continua evoluzione, di morte e di rinascita. La memoria è anche sguardo che suggerisce ai luoghi e agli oggetti del reale, contorni speciali e suggestivi,vanamente rinvenibili nello stato di assoluta normalità. Fernando De Filippi reinserisce il mitologico nel quotidiano, un recupero del dionisiaco come lettore del Verhaeren e del Kahn. Il mare,le onde, il vento, le stelle,il cielo e le sue architetture celesti,le costellazioni,il sole con i suoi tramonti,i palmizi e la mediterraneità, ne sono gli eroi ,donde nacquero i miti di tutte le religioni. Rappresenta,quindi,la sua pittura, una forma mitologica dell'evo postmoderno. Essa si giuoca entro una fitta rete di opposizioni simboliche, debitamente articolate secondo una presenza alternata di innumerevoli coppie di contrari: alto/ basso; orizzontale/ verticale; maschile/femminile, e via discorrendo. La scelta dell'albero,una volta chiomato come le querce e gli olivi, oggi frondoso come i palmizi,è già del tutto chiarificatrice, negli storici trattati delle religioni sale al cielo, e questo gli conferisce una doppia sacralità;da un lato partecipa al simbolismo spaziale della trascendenza(alto,verticale,supremo) e dall'altra  il cielo che lo avvolge è per eccellenza il dominio delle ierofonie atmosferiche Colta, coltissima questa pittura, si accende di reliquiari storici, perchè rimane perpetuamente  viva questa passione pop e neopop, da De Filippi  vissuta fin  dagli anni Settanta con “Lenin” e la sacralità delle parole, quest'ultime che ancora oggi permangono in una scrittura-traccia   capace di far lievitare significati ideali e ventosità d' atmosfere, palmizi e paesaggi mediterranei. di Carlo Franza

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