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Simon De Jano e il fenomeno house italiano Meduza: nel mondo domina, "qui ci capiranno tra 2 anni, forse"

Leonardo Filomeno
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Record che non finiscono e vette che si susseguono. Su Spotify, Shazam, iTunes, al Wembley stadium sabato scorso e al mitologico Fabric il prossimo 12 luglio, nella Londra che da subito li ha voluti sul podio. Poi l'America di Billboard, ed un elenco di Paesi conquistati in un lampo. Quello dei Meduza è un exploit italiano che non si vedeva da tempo. Il dj producer e musicista Simon De Jano mantiene la calma, l'umiltà con cui si racconta è rara cosa. L'amico Mattia è impegnato come dj e immagine per il tour in Europa. L'altro componente del gruppo, Luca, è "l'ingegnere del suono" e "fa sulle macchine in studio il lavoro sporco". La loro Piece Of Your Heart (con i Goodboys) prende vita dal suono dalla notte, quello scuro del club britannico, ed è una canzone che conquista col tempo. Senza rinunciare ad un ritornello furbo, specialità italiana che tanta gloria ci ha dato in passato.

Dopo anni un nuovo primo passo, con un vestito sonoro per voi diverso. 
"(Parla Simon De Jano) Siamo convinti che oggi il suono giusto per noi sia quello che spingono dj di BBC Radio 1 come Danny Howard, Annie Mac o Pete Tong. Una house dal sapore UK, alla Solardo o Camelphat. Rispetto a questi artisti, però, abbiamo fatto un passo in avanti, e grazie alla forza di quell''Uh, da, da, da, uh, uh down, down, down', siamo riusciti a raggiungere più persone, non solo un pubblico esigente. Meduza è una roba nuova, da non etichettare. Lasciamo che faccia un percorso, disegni le sue traiettorie e dia vita a qualcosa di inedito. Piece Of Your Heart è venuta fuori in mezz'ora. D'altronde, come dice Giorgio Moroder: 'Se la canzone gira bene nei primi minuti, è forte. Se ci stai dietro mesi, per quanto tu ci possa credere, non funzionerà mai'. In Inghilterra la senti ovunque. È un tipo di house che in Italia potrebbe esplodere tra 2 anni, se va bene. Ma se la gente non la capisce, non ci puoi fare niente".
Nonostante il vostro sia un successo planetario, in Italia vi supporta solo Albertino. 
"Qui appena sentono una cassa in 4/4 si spaventano, temono possa scontentare qualcuno. In Inghilterra, e in tanti altri paesi, è semplice: il pezzo è bello? Lo passano. Qui devi avere il prodotto preconfezionato, con i suoni che piacciono a certe radio. Nel mercato straniero gli artisti hanno più libertà. Cito ancora i Camelphat: dopo una hit come Cola, non hanno pubblicato cloni di essa, ma hanno seguito una loro strada, e i media li hanno supportati. Quanto a mentalità e cultura, abbiamo fatto retromarcia. Ci auguriamo che Piece Of Your Heart faccia da cavallo di Troia, ed entri nelle playlist di certe radio italiane, affinché capiscano che non esiste solo la solita musica, ma puoi passare anche altro".
Trap e latino anche quest'estate avranno il monopolio. 
"Un certo campionato 'trap' italiano ha avanzato senza sosta, dimenticandosi di chi aveva dedicato una vita all'hip hop e, da emarginato della società anni '90, aveva lottato per far apprezzare quel genere. Credo che la trap farà la fine che ha fatto il genere big room dell'EDM. Le metriche restano identiche, gli stessi snare vengono ripetuti in ogni canzone, di questo passo presto tutto sarà destinato a finire".
A proposito di EDM, il dj con le mani a cuoricino pare estinto, e quel mondo si è piuttosto ridimensionato.
"È stata un'onda distruttiva, un bluff con brani fotocopia, che di artistico non avevano nulla. La cosa che ha fatto più male è stato fare tabula rasa del passato. I ragazzi che ascoltavano la big room non sapevano chi fossero maestri della house come Erick Morillo, Roger Sanchez o Todd Terry. Infatti, scoppiata la bolla, ai vertici delle classifiche di settore sono tornati i pilastri di questo genere. E chi ha fatto in modo che venissero dimenticati, è sparito, come certi festival. Sono sopravvissuti dj e realtà consolidate. L'unico aspetto positivo è l'aver portato la qualità sonora a livelli mai visti. Hai voglia a combattere con i mostri del tuo studio casalingo, oggi il disco o suona o resti a casa".
 Il ricambio generazionale è saltato, i gusti sono diversi, forse un po' peggiorati?
"In Italia il dj è costretto cambiare un disco al minuto, per accontentare il cliente. Se non lo fa, arriva l'art director del locale, per dirti che non va bene. Ce ne stiamo accorgendo con i dj set di Meduza in Inghilterra, dove un disco puoi tenerlo anche 5 minuti, e la gente si diverte ed ascolta, non è lì a farsi il selfie per Instagram. Le discoteche italiane sono diventate come la via principale del paese, quella in cui la domenica esci per mostrare il vestito migliore, da buon provinciale, mentre a Londra vanno a ballare anche in ciabatte. Con le poche discoteche rimaste, in Italia si dovrebbe fare tabula rasa di tutto, ripartire da zero. Me non è nell'interesse comune, dunque andrà sempre peggio. Solo che, così facendo, commercializzi la club culture. Come ha detto Axwell, la fai diventare una cultura da fast food, il club come un panino di McDonald's: compro, mangio e me ne vado".
Hai detto: "Anche col disco giusto, partendo dall'Italia non arrivi più così in alto". 
"Non è una questione di indipendente o major: considero le etichette semplici amplificatori di personaggi ed energia. Il problema è che da noi questa energia è svanita da tempo. La lealtà non esiste, e se aiuti qualcuno, indietro torna solo la pugnalata. La trap è emersa perché c'è stata una sinergia tra artisti e produttori, e prima che arrivasse in radio era già un movimento consolidato. Mentre nella dance italiana si vuole solo 'arrivare', e questo divide, crea un ambiente non sano, dove vale il ragionamento: 'Io diventerò come David Guetta, con quello non ci parlo'. C'è un problema di antagonismi e primedonne che, in fondo, tali manco sono. In più, non abbiamo una identità musicale. Gli italiani degli anni '90 avevano un suono. Ci sono tanti produttori italiani valenti che si ostinano a volere andare avanti da 'solisti', ma oggi non basta essere geni da soli, esistono troppi fattori ed è impossibile che li gestisca una persona sola, per quanto brava".
Anni '90, da revival o moda a inevitabile standard? 
"Il rock ha sempre visto come il fumo negli occhi il fatto di uscire da schemi prestabiliti, usando magari suoni elettronici, e si è tagliato le gambe da solo. La dance, invece, si è comunque evoluta. Oggi si pesca un sacco dagli anni '90, è vero, ma anche dall'hip hop, vedi Jax Jones. La mescolanza resta la nostra salvezza. E dico ciò consapevole del fatto che oggi questo genere viva un momento di magra, tutto sommato prevedibile dopo la sbornia di quella EDM, che ci ha portati a vivere in una dimensione al di sopra di ciò che il movimento poteva realmente rappresentare".
Nel futuro della dance un mazziere s'intravede? 
"Il successo inglese di Meduza lo conferma: l'Inghilterra, dal 2016, e grazie ad artisti come MK o i Camelphat, sta ridettando le regole, e nel giro di pochi anni, l'affermazione sarà totale. La musica da ballare è ripartita da lì. Da qui al 2022, ci saranno novità grosse. Oggi, per assurdo, la novità vera siamo noi: nella Top 50 globale di Spotify, di dance, c'è solo Piece Of Your Heart" (superati i 100 milioni di ascolti mentre scriviamo, ndr)".
Numeri così impetuosi come è meglio gestirli?
"Quelle 400.000 copie in 2 mesi, e quindi il disco d'oro in UK, fanno riflettere parecchio. Meduza sarà d'ora in poi il focus del nostro lavoro in studio, e il seguito di Piece Of Your Heart arriverà da qui ad un anno. In più, abbiamo appena remixato i singoli di Ferreck Dawn e di MK. Grazie a Piece Of Your Heart, un certo tipo di serate che ci sembravano impossibili sono arrivate. Al Wembley stadium sabato scorso i nostri vicini di camerino erano Calvin Harris e Mark Ronson. Penso poi al Fabric, un club 'inarrivabile', per tanti italiani soprattutto. È merito nostro, ma la fortuna ci ha aiutato. Teniamo un profilo basso. Da 1 a 10, come team è sempre a 5 che ci sentiamo. Anche se un giorno dovessimo suonare sulla luna, per noi sarà sempre come essere a metà strada".

 

 


 

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