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Nella Milano psichedelica di Valesco, dove non ci sono uomini ma cani

di Nicoletta Orlandi Posti martedì 15 aprile 2025

3' di lettura

Benvenuti nel mondo distopico di Valentina Scotti dove ad andarsene in giro per la città, a bordo dei vecchi tram milanesi che sembrano “usciti dai binari”, è un bulldog francese. “Milano è mia!”, fa capire il frenchie guardando negli occhi chi lo ha sorpreso mentre guida una vettura, mentre si gode il sole dagli scalini o respira la notte illuminata dalle vetrine e dalle insegne accese seppur deserta. Già, nella città di Valentina Scotti, in arte Valesco, non c’è anima viva in giro. Non c’è la frenesia della città, né la sua nevrosi, ma una calma onirica che dona benessere, ristoro. La distopia di Valesco non è infatti una negazione dell’utopia, ma la sua essenza.

Le prospettive ardite dei grattacieli, le forme “molli” dei tram sono visioni distorte come nei sogni, fantastiche come nel paese delle meraviglie di Alice; sono viaggi in mondi altri rispetto alla frenesia della metropoli, alla rigidità delle norme e delle regole sociali. Mondi psichedelici sospesi nel tempo dove a fare da guida è lui, il bulldog che non è più solo un cane, ma una presenza totemica che rende la solitudine della scena piena e mai alienante.

Tutto questo è frutto di una visione che affonda le radici in una disciplina antica, meditativa e rigorosa: il Tai Chi Chuan. Valesco, non è soltanto un’artista digitale dal tratto raffinato, ma anche una praticante Shaolin, - arte marziale che, pur essendo nota per le sue tecniche dinamiche, integra nella sua tradizione anche forme di Tai Chi, più lente e interiori, capaci di coltivare equilibrio, ascolto e presenza - abituata a percepire il vuoto come forma, il gesto lento come risposta al caos. E così, Milano sei mia - la mostra pop up di Valesco allestita nella meravigliosa palestra di pugilato all’Heracles Gymnasium di Via Padova 21 tra pesi, ring, sacchi e i campioni di boxe - diventa una serie di “forme visive” eseguite con la stessa attenzione di una pratica marziale: ogni scena è un movimento che si dispiega nel silenzio, un equilibrio tra pieno e vuoto, tra immaginazione e realtà. In mostra una serie di dieci tavole digitali stampate su pannelli in forex, realizzate interamente a mano libera su tavoletta grafica, in cui la città di Milano si rivela sotto una luce nuova: più intima, più metafisica, quasi ipnotica.

Valesco lavora tutto in digitale, ma con la cura e l’attenzione di un artista rinascimentale nella sua bottega. Dallo schizzo iniziale su tavoletta grafica, alle colorazioni che mischiano acquerelli e matite, ogni tratto racconta di una mano che sa attendere. L’artista, che ha studiato alla Scuola del Fumetto di Milano e ha esposto tra Tokyo e New York, Roma e Atene, modella paesaggi urbani onirici con layer di graffi, rumore ambientale, sovrapposizioni e sfocature. Sono opere che si avvicinano al linguaggio del cinema più che a quello dell’illustrazione: evocano atmosfere alla Wong Kar-wai, con la lentezza sospesa del tempo e una malinconia sofisticata.

Nata a Milano, Valesco è cresciuta tra marker e Moleskine, acquerelli e inchiostro, ma la cifra che oggi la distingue è questa sua capacità di fondere rigore tecnico e visione. Milano sei mia non è solo una dichiarazione d’amore alla città, ma anche un gesto di appropriazione, un grido sommesso – e proprio per questo potente – di resistenza poetica. Perché anche in una metropoli svuotata, senza passanti né clacson, esiste ancora un’anima. E forse, in quel silenzio irreale, possiamo ascoltarla meglio.

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